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Full text of "Dell'ingresso e dimora di Vittorio Amedeo Ii de Savoia in palermo e della sua acclamazione a re di Sicilia avvenuta in polizzi e Castronovo (1713-1714) con documenti inediti"

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DELL'INGRESSO  E  DIMORA 


VITTORIO  AMEDEO  II  DI  SAVOIA 

IN  PALERMO 

E  DELLA  SUA  ACCLAMAZIONE  A  RE  DI  SICILIA 
Avvenuta  in  Polizzi  e  Castronovo 

(lr713-1714) 

(CON  DOCUMENTI  INEDITI) 

PER 

ANTONINO  MANGO  DI  CASALGERARDO 


PALERMO 
ALBERTO  REBER 

1899 


I 


Edizione  di  soli  150  esemplari  numerati 


N.  71 


Pei  Tipi  di  D.  PUCCIO.  Palermo— Via  Vitt.  Em.  N.  330 


Roma  li  22  gennaio  1899 


MINISTERO  DELLA  R.  CASA 

 — 

SEGRETERIA 

DI 

SUA  MAESTÀ  IL  RE 


*2sL.  360 

Mi  riferisco  a  precedenti  mie  comunicazioni 
per  partecipare  alla  S.  V.  che,  in  seguito  a  pa- 
rere .  favorevole  di  S.  E.  il  Ministro  di  Pubblica 
Istruzione ,  S.  M.  il  Re  ha  consentito  alla  do- 
manda già  da  lei  latta  di  intitolare  all'  Augusto 
nome  il  saggio  storico  di  V.  S.  intitolato  :  Del- 
l' ingresso  e  dimora  di  Vittorio  Amedeo  II  in  Pa- 
lermo. 

Nel  comunicarle  la  Reale  autorizzazione,  mi 
felicito  con  Lei  della  distinzione  che  le  viene  ac- 
cordata e  le  porgo  con  l' opportunità,  Ill.mo  si- 
gnore, la  conferma  della  distinta  mia  considera- 
zione. 

LI  Reggente  il  Ministero  della  R.  Casa 
Tenente  Generale 
E.  Ponzio  "Vaglia 


JÌ\Y  Ill.mo  Signor 
Antonino  Mango  M.se  di  Casalgerardo 

Talerino 


Queste  pagine,  pegno  di  devoto 


e  profondo  attaccamento,  reveren te- 
mente intitolo  e  consacro  al  nome 


dell'Augusto  Sovrano,  che,  alle  virtù 


tutte  dei  Suoi  Avi  Augusti  in  Lui  riu- 


nite, aggiunge  un  immenso  amore  per 


il  popolo,  al  quale  ogni  cosa  pospone, 


e  con  il  quale  è  sempre  unito  così  nelle 


feste  del  lavoro  e  dell'  industria  che 


nei  momenti  della  sventura,  cemen- 


tando sempre  più  l'unione  dell'  Italia 


con  la  Sua  Casa.  % 


Digitized  by  the  Internet  Archive 
in  2014 


https://archive.org/details/dellingressoedimOOmang 


A  Voi,  rappresentante  della  nobile  e  cavalleresca  Casa  di  Savoia,  a  Voi,  che 
d'Amedeo  IX  avete  la  pietà,  d'Emmanuele  Filiberto  e  d'Eugenio  il  valore,  di  Carlo 
Alberto  il  cuore,  del  l'ostro  Angusto  Genitore  tutte  le  virtù,  a  Voi  toccava  la  de- 
dica di  queste  poche  pagine,  che  contengono  la  memoria  di  imo  dei  Vostri  più  il- 
lustri progenitori,  la  memoria  di  Colui,  che  la  grande^a  avita  di  maggior  gloria 
fece  rifulgere  :  di  Vittorio  Amedeo  II. 

/;/  esse  non  dirò  di  questo  grande  Vostro  ^4vo,  molti  ne  han  detto  e  con  mag- 
gior competenza  della  mia  così  che  farei  cosa  del  tutto  inutile;  ne  della  Vostra  Ec- 
celsa ed  Antichissima  Casa  decanterò  le  immense  virtù  ,  che  desse  al  mondo  intero 
son  note.  %idirò  invece  in  esse  dei  festeggiamenti  fatti  in  Palermo  per  la  venuta 
di  Vittorio  Amedeo,  pubblicherò  in  esse  quei  documenti  che  al  Suo  arrivo  ed  alla 
Sua  dimora  in  Palermo  si  riferiscono,  disseppellendoli  dall'oblìo  nel  quale  sono  stati, 
per  sì  lungo  tempo,  abbandonati;  darò  ancora  in  esse  due  documenti,  pur  essi  ine- 
diti, che  descrivono  l'acclamazione  di  Lui  a  Re  di  Sicilia  avvenuta  in  Polipi  ed  in 
Caslronovo. 

Ed  in  tanto  decadimento  di  nobili  ideali  credo,  0  Sire,  che  il  ricordo  di  tempi 
nei  quali  il  sentimento  dei  popoli  era  sì  alto  da  anteporre  all'idea  di  essere  stati  quasi 
materia  di  contratto  quella  sublime  di  avere  un  Re  proprio,  un  Re  incarnazione  dei 
Siciliani  ideali,  credo,  o  Sire,  che  questo  ricordo  possa  essere  di  stimolo  al  senti- 
mento decaduto  della  novella  generazione. 

Ed  è  a  Voi,  o  Sire,  che  il  mio  cuore  ardentemente  Imi  bramato  dedicare  queste 
pagine,  a  Voi  che  di  Lui  siete  degno  discendente,  che  di  Lui  avete  l'intelletto,  l'ardire. 

Sire,  vogliale  aggradite  questo  devoto  omaggio,  nel  mentre  che,  lieto  d'aver 
avuto  esaudito  il  desiderio  più  ardente ,  prostrato  ai  piedi  del  Vostro  Real  Trono 
con  reverenza  mi  professo. 

Palermo  25  gennaio  1899. 

Il  vostro  pili  devoto  c  fedele  suddito 


intonino    Q/éanyc   <//'  &rta/yezazc/o 


Pria  di  morire  Carlo  II  aveva  istituito  erede  del  trono  Filippo  V  di  Bor- 
bone, duca  di  Angió,  secondogenito  del  Delfino  di  Francia.  —  In  Ispagna,  in 
Milano,  in  Sardegna,  in  Napoli  veniva,  senza  contrasti,  alla  morte  di  Carlo 
riconosciuto;  in  Sicilia  non  si  discusse  se  Carlo  II  tosse  stato  nel  suo  diritto 
quando  con  un  atto  d'ultima  volontà  avea  disposto  del  regno,  non  si  discusse 
se  il  nipote  di  Carlo  II  :  Filippo  V  (nipote  di  Maria  Teresa  figlia  di  Filippo  IV 
e  quindi  sorella  di  Carlo  II)  avesse  potuto  escludere  il  cugino  di  Carlo  II  : 
l'imperator  Leopoldo  (figlio  di  Marianna  sorella  di  Filippo  III  e  quindi  zia  di 
Carlo  II);  non  si  discusse  il  diritto  di  alcuno,  si  riconobbe  quanto  Carlo  II 
avea  stabilito.  —  Ed  era  ben  logica  cosa.  —  Un  Borbone  di  Francia  o  un  Ar- 
ciduca imperiale  per  i  Siciliani  valeva  lo  stesso  non  potendo  darsi  un  re  pro- 
prio; e  come  alla  morte  di  Ferdinando  "il  Cattolico  non  s'eran  niente  turbati 
per  la  successione  nel  regno  degli  Austriaci,  cosi  oggi  si  stavan  contenti  della 
disposizione  testamentaria  di  Carlo  II. 

Né  si  tolsero  mai  dalla  fede  giurata  a  Filippo  V,  non  durante  la  guerra 
da  lui  sostenuta  con  gli  imperiali,  non  durante  i  tumulti  avvenuti  in  Palermo 
nel  1708  per  l'arrivo  di  insolenti  soldatesche  e  perchè  sospettavasi  che  alle 
maestranze,  alle  quali  per  antica  consuetudine  toccava  la  difesa  dei  baluardi, 
volessero  sostituirsi  le  truppe;  ché  i  tumultuanti,  sebben  combattessero  contro 
i  soldati  di  Filippo  V,  gridavano  :  Viva  Filippo  V  re  nostro  ! 

Non  è  nostra  intenzione  tesser  qui  la  storia  del  regno  di  Filippo  V  e 
dell'Europa  per  gli  anni  che  precedettero  il  congresso  di  Utrecht,  ma  saltiamo 
a  pie  pari  alla  conclusione  del  trattato,  seguita  a  11  aprile  del  1713,  nel  quale, 
all'articolo  quinto,  trovasi  la  clausola  della  cessione  della  Sicilia  fatta  da  Fi- 
lippo V  a  Vittorio  Amedeo  II  duca  di  Savoia;  quale  cessione  fu  fatta  da  Fi- 
lippo V  ad  una  condizione,  dettatagli  dal  pensiero  d'esser  la  Sicilia  non  una 


> 


terra  di  conquista  ma  datasi  volontariamente  da  oltre  tre  secoli  alla  corte  di 
Spagna,  che  cioè  :  fossero  riconosciute  e  confermate  le  leggi,  libertà  ed  im- 
munità siciliane  e  venissero  dal  Duca  osservate. 

Così  i  due  punti  estremi  d' Italia  venivano  ad  essere  uniti  sotto  unico 
scettro. 

Pervenuta  tale  notizia  in  Palermo  non  mancò  quel  senso  di  stupore  na- 
turale che  dov'ea  sorgere  per  l'inaspettato  caso,  né  mancò  chi  in  cuor  suo  si 
lagnasse  del  modo  come  le  potenze  avessero  trattato  in  Utrecht  la  Sicilia; 
ma  tosto  ricorse  alla  mente  dei  nostri  padri  il  pensiero  di  aver  a  questo  modo 
un  proprio  re,  un  re  che  potesse  essere  sollennemente  in  Palermo  incoro- 
nato e  che  quivi  fissasse  la  sua  residenza,  sedendo  su  quel  trono,  per  più  di 
tre  secoli,  vedovo.  —  Ed  a  questo  pensiero  sparì,  come  per  incanto,  il  cruccio 
d'esser  trattati  come  cosa  disponibile,  ed  esempio  all'età  moderna  in  cui  l'ire 
di  parte  e  le  mire  personali  vengono  anteposte  al  pubblico  bene,  potè  vedersi 
tutto  un  popolo  lieto  festeggiar  l'annunzio  d'esser  sottoposto  ad  un  nuovo  re. 


«  Ecco  un  Re ,  che  vien  portato  al  soglio  della  Sicilia 
dal  merito  della  sua  eroica  virtù;  da  l' altezza  del  sangue 
imperiale  reale;  dai  vincoli  che  lo  stringono  al  diadema  della 
Spagna,  della  Francia,  dell'Inghilterra:  dal  consenso  e  con- 
corso delle  primarie  corone  d'Europa;  dalla  publiea  cessione 
di  Filippo  Quinto;  dal  più  allegro  contento,  e  dalla  più  vo- 
lentierosa  sommessione  di  tutti  li  Siciliani.  »  (La  feliciti!  in 
trono  sull'arrivo,  acclainatione  e  corona tione  delle  Reali  Maestà 
di  Vittorio  Amedeo  duca  di  Savoia  e  di  Anna  d'  Orleans,  etc. 
per  D.  Pietro  Vitale  —  T'alenilo,  Agostino  Epiro  IJ14  —  Cap.  I 
§  Vili,  fog.  40- 

Vittorio  Amedeo  duca  di  Savoia ,  Monferrato,  Aosta ,  Ciablese,  Geno- 
vese, principe  di  Piemonte  e  di  Oneglia,  marchese  in  Italia  di  Saluzzo,  Susa, 
Ivrea,  etc.  conte  di  Moriana,  Genova,  Nizza,  Tenda,  Fomont,  Asti  e  Alessandria, 
barone  di  Vaud  e  Faucigni,  signore  di  Vercelli,  Tarantasia,  Lomellina  e  Val 
di  Sesia,  Vicario  perpetuo  del  Sacro  Romano  Impero  in  Italia  etc.  etc.  era 
nato  il  14  maggio  1666  dal  duca  Carlo  Emanuele  II  e  dalla  duchessa  Giovanna 
di  Savoia-Nemours.  —  Dopo  Emanuele  Filiberto  egli  fu  sicuramente  il  prin- 
cipe più  grande  e  più  benemerito  della  sua  casa  e  della  patria.  —  Di  mente 
vasta  ed  acuta,  d'indole  quasi  violenta,  d'animo  imperioso  ed  assoluto  fu  spesso 
cagione  di  dolore  alla  di  lui  augusta  consorte  Anna  d'  Orléans  ,  principessa 
di  costumi  illibati,  di  qualità  e  doti  rarissime,  da  lui  sposata  a  10  aprile  1684. 
Politico  di  vaglia,  gran  capitano ,  scosse  il  giogo  di  Francia  ed  emancipò  la 
monarchia  da  ogni  influenza  straniera,  rendendola  indipendente  e  preponde- 
rante in  Italia. 

Non  gravando  i  popoli  con  esose  imposte  duplicò  le  entrate  dello  erario; 
insegnò  ai  popoli  a  lui  soggetti  la  parsimonia  ed  il  lavoro  con  l'esempio,  ed, 
allorquando  i  gravi  uffizii  dello  stato  noi  distoglievano  dal  farlo,  favorì  i  cul- 
tori e  professori  delle  arti  belle. 


Intatti  non  pochi  furono  gli  artisti  che  goderono  i  di  lui  favori ,  non 
ultimi  il  musico  Giovannino  Ozeglia  ed  il  viennese  Daniele  Seyter,  il  quale 
fece  venire  in  Torino  con  lo  stipendio  di  cento  scudi  romani  al  mese,  oltre 
l'alloggio  e  le  spese  del  viaggio,  ed  a  cui  affidò  i  lavori  della  galleria  del 
palazzo  ducale  di  Torino,  concedendogli  le  insegne  di  cavaliere  del  rea!  or- 
dine dei  SS.  Maurizio  e  Lazzaro,  insegne  del  valore  di  scudi  tre  mila,  e  l'o- 
nore d'aiutante  di  camera.  —  Principe  di  vasti  concetti  e  di  mente  attivissima 
quanti  altri  mai,  in  pace  ed  in  guerra  mulinava  sempre  nuovi  divisamenti  per 
l'ingrandimento  dei  suoi  stati  e  quantunque  a  tutt'altro  aspirasse  che  ad  un 
ingrandimento  in  Sicilia  purnondimeno,  appena  veniva  ratificato  il  trattato, 
pose  ogni  cura  perchè  ne  seguisse  immediato  l'effetto  ed  il  22  di  settembre 
del  1713,  giorno  della  festività  di  S.  Maurizio,  Vittorio  Amedeo  assumeva 
in  Torino  il  titolo  di  Re,  con  grandissima  pompa,  fra  la  contentezza  di  tutto 
un  popolo,  che  all'annunzio  dell'ascensione  del  Duca  al  trono  di  Sicilia  non 
mostrassi  sì  crucciato  come  quando  si  trattò  della  partenza  di  Vittorio  per  il 
Portogallo  per  il  matrimonio  ideato  con  l'unica  figlia  del  Re  di  questo  regno. 

I  Siciliani  pur  non  avendo  ancora  ufficialmente  avuto  la  notizia  del  pas- 
saggio del  regno  di  Sicilia  da  Filippo  V  a  Vittorio  Amedeo  II  di  Savoia  si 
erano  affrettati  a  porgere  i  loro  ossequii  al  nuovo  sovrano  ,  che  veniva  ad 
incarnare  il  loro  ideale,  e  molti  nobili,  primo  il  cavaliere  D.  Carlo  Requesens, 
si  erano  recati  a  Torino. — Insieme  con  lui  erano  partiti  il  duca  Gaetani,  D.  Nic- 
colò Galletti,  D.  Carlo  Furnari  ,  indi  il  principe  di  Villafranca,  D.  Antonio 
Federico  conte  di  S.  Giorgio,  il  marchese  di  Bifara,  D.  Giuseppe  Opezzinga, 
il  padre  D.  Francesco  Alliata  nobile  teatino. 

A  10  settembre  17Ì3  il  conte  marchese  di  Geraci  grande  di  Spagna 
s'imbarcò  per  Torino  insieme  con  il  marchese  di  S.  Leonardo,  con  D.  Gio- 
vanni Maurigi,  D.  Simone  Sitaiolo,  D.  Francesco  Rossel  ed  il  cavaliere  D.  Ro- 
drigo la  Farina.  —  Già  però  la  notizia  era  stata  data  ufficialmente  ed  allora 
la  Deputazione  del  Regno  inviava  le  sue  congratulazioni  al  nuovo  sovrano, 
congratulazioni  che  dallo  Stelkrdi  vengono  nella  sua  raccolta  publicate  come 
lettere  credenziali  del  deputato  siciliano  (t)  —  Indi  nominava  ambasciatore 
presso  Vittorio  ed  Anna  :  D.  Francesco  Bonanno  principe  di  Roccafiorita  che 
partiva  per  Torino  insieme  con  il  duca  di  Castellana,  il  duca  di  Floridia,  il 
barone  di  Ficarazzi,  il  cavaliere  D.  Francesco  Filingeri  dei  marchesi  di  Lucca, 
D.  Giuseppe  Sollima  ed  il  padre  D.  Filippo  Bonanno  nobile  teatino;  ai  quali 
tennero  dietro  il  cavaliere  fra  D.  Saverio  Gravina  dei  duchi  di  S.  Michele, 
D.  Niccolò  del  Bosco  e  l'abate  D.  Giuseppe  Gioeni  dei  duchi  di  Angió. 

Ma  quando  il  deputato  siciliano  arrivava  in  Torino  ,    Vittorio  Amedeo 


(1)  Lo  Stellardi  nel  volume  primo' della  sua  raccolta  a  foglio  46  e  47  publica  come 
lettere  credenziali  quelle  che  nel  volume  delle  consulte  della  Deputazione  del  regno  se- 
gnato di  numero  8  a  foglio  7  sono  dette  lettere  di  congratulazioni  —  Quelle  che  invece 
nello  stesso  volume  di  consulte  sono  dette  lettere  credenziali  vengono  da  noi  publicate  nei 
documenti. 


—    IO  — 


stava  per  partire  e  perciò  il  principe  di  Roccafiorita  veniva  ricevuto  sollen- 
nemente  dal  re  e  dalla  regina  in  Nizza  a  i  ottobre  171 3.  —  Di  là  i  Reali 
si  recarono  a  Villafranca,  dove  a  3  ottobre  dell'anno  istesso  s'imbarcarono 
per  recarsi  in  Palermo. 


A  10  ottobre  171 3  le  torri  di  guardia  scoprivano  i  legni  della  squadra 
reale  e  subito  ne  davano  notizia  al  marchese  de  Los  Balbases  ed  al  pretore 
di  Palermo  ;  principe  di  Scordia.  —  I  cannoni  del  castello  e  dei  baluardi  della 
città  tuonavano,  la  popolazione  accorsa  alla  marina  era  esultante.  —  Il  viceré 
Balbases  con  il  pretore,  la  nobiltà,  l'arcivescovo  di  Palermo  monsignor  fra 
D.  Giuseppe  Gasch  col  suo  vicario  generale  monsignor  Sidoti ,  si  recarono 
tutti  sulla  nave  reale  per  complimentare  il  nuovo  re  e  per  chiedergli  quando 
ordinasse  lo  sbarco. —  Verso  le  ore  23,  secondo  l'orologio  italiano,  essi  ri- 
tornarono portando  la  notizia  che  Sua  Maestà  avea  deliberato  di  sbarcar  l'in- 
domani. —  Il  giorno  1 1  il  Senato  di  Palermo  inviò  al  Re  i  senatori  :  D.  Gi- 
rolamo Pilo  e  D.  Francesco  Eredia  ed  Aiutamicristo  perchè  s'inchinassero  a 
lui  in  nome  del  Senato  e  gli  domandassero  in  quale  ora  avrebbe  voluto  sbar- 
care, ed  il  Re  loro  disse  che  sarebbe  sbarcato  alle  ore  22. 

Intatti  alle  dette  ore  il  Re,  la  Regina  ed  il  principe  Tommaso  di  Savoia  en- 
trarono in  una  gondola  sfarzosamente  arredata  e  sbarcarono  nel  ponte  costruito 
a  spese  del  Senato  dinanzi  la  Porta  Felice,  ed  in  questo  momento  il  castello 
ed  i  baluardi  della  città  tacevano  con  triplicate  salve  tuonare  i  loro  cannoni. 

Salirono  in  una  carrozza  del  viceré  tirata  da  sei  superbi  cavalli  frigioni, 
circondata  da  trenta  guardie  del  corpo  dalle  assise  scarlatte  coi  moschetti  in 
ispalla  e  bande  azzurre  ad  armacollo;  il  re  vestiva  una  giubba  di  color  mar- 
rone a  ricami  d'oro,  e  la  regina  era  in  nero  con  splendidi  diamanti. 

La  carrozza  reale  era  preceduta  dalle  milizie  e  seguita  da  altri  cocchi, 
nei  quali  stavano  le  dame  e  figlie  d'onore  della  regina,  i  ministri,  i  generali, 
il  cerimoniere  di  corte  ed  i  principali  cavalieri  della  Corte  Sabauda.  —  La 
strada  per  la  quale  si  avviò  fu  il  Cassare  — Con  bando  del  6  ottobre  171 3 
il  Senato  aveva  ordinato  che  fossero  dai  cittadini  tappezzati  le  facciate  delle 
case  e  venissero  fatte  per  tre  sere  luminarie,  ed  il  Viceré  con  suo  bando  del 
10  del  detto  mese  avea  dato  ordine  di  non  passeggiare  carrozze  per  il  Cas* 
sero  durante  l'ingresso  privato  delle  Loro  Maestà. 

Ed  infatti  non  una  carrozza  per  la  splendida  strada  che  oggi  porta  il 
nome  del  Re  Galantuomo,  ma  se  le  carrozze  mancavano  la  superba  via  nulla 
avea  perduto  del  suo  splendore  ché  anzi  questo  maggiore  venia  reso  dagli 
addobbi  dei  palazzi. 

Splendido  era  il  palazzo  senatorio  con  tutto  il  prospetto  tappezzato  di 
broccati  d'oro  e  di  velluto  trinato  alternati,  e  nel  quale  era  situato  il  ritratto 
intero  del  Re  sotto  ricco  baldacchino. 

Superbo  il  seminario  dei  chierici,  il  triplice  ordine  della  di  cui  facciata 
stava  diversamente  addobbato  :  nel  primo  ordine  i  damaschi  chermisini  trinati 
d'oro  eran  framezzati  da  scudi  contornati  di  palme,  nei  quali  eran  otto  im- 
prese allusive  con  motti;  nel  secondo  le  finestre  eran  fiancheggiate  da  gruppi 
di  trofei  e  terminate  con  la  candida  croce  di  Savoia  e  l'aquila  di  Palermo;  • 


—  II  — 


nel  terzo  fra  gli  addobbi  d'ogni  genere  spiccavano  otto  emblemi  con  altret- 
tanti elogii.  —  Anche  il  palazzo  arcivescovile  era  bene  addobbato  —  La  casa 
del  presidente  avvocato  fiscale  della  Gran  Corte  Niccolò  Pensabene  era  a- 
dornata  pure  con  finissimi  damaschi  e  velluti  trinati  d'oro ,  il  duca  delle 
Grotte,  il  maestro  razionale  Tommaso  Bonifacio,  il  duca  della  Fabrica  ad- 
dobbarono pure  i  loro  palazzi  con  gusto  ed  amore. 

Il  principe  di  Carini  trasformò  il  suo  palazzo  in  amena  collina  poiché 
gli  arazzi  finissimi  portavan  tessuti  prati,  boschetti,  cacce  con  tale  un'arte  da 
ingannar  l'occhio  il  più  fine.  —  Il  palazzo  del  duca  di  S.  Filippo  e  quelli  di 
molti  altri  facevan  pure  bella  mostra,  ma  la  facciata  del  colleggio  della  com- 
pagnia di  Gesù  era  addirittura  superba  (i).  Il  portone  era  abbellito  da  una 
macchina  in  rilievo  su  fondo  d'oro  arabescata  e  scolpita  in  argento  che  la- 
sciava libero  l'ingresso;  quattro  colonne  ed  altrettante  statue  l'adornavano  da 
l'uno  e  l'altro  fianco;  un'artistica  cornice  la  chiudeva  e  sotto  di  questa  pen- 
deva un'ampia  ghirlanda  che  circondava  un  cartellone  ovale  dove  stava  scritta 
una  dedica  di  tutto  quello  che  la  compagnia  faceva  in  onore  di  Vittorio  A- 
medeo.  Nel  frontispicio  della  porta  in  alto  stavan  le  armi  di  Sua  Maestà,  e  nel 
punto  più  alto  nel  centro  un  ricco  baldacchino  sotto  cui  stava  il  ritratto  di 
lui,  dinanzi  a  cui  ardevano  quattro  doppieri.  In  tutto  il  prospetto  ardevan  più 
di  trecento  candele,  ed  eranvi  moltissime  iscrizioni  d'elogio. 

Anche  la  casa  del  presidente  del  R.  Patrimonio  Don  Casimiro  Drago  era 
splendidamente  addobbata.  —  Il  palazzo  del  conte  marchese  di  Geraci  era  or- 
nato con  damaschi  lavorati  a  bei  fioroni  e  trinati  d' oro,  e  con  delicatissimi 
arazzi  portanti  i  trionfi  di  varii  membri  di  casa  Venti  miglia.  —  Nel  balcone 
di  centro  sotto  un  altissimo  baldacchino  di  damasco  a  strette  trine  d'oro  sta- 
vano i  ritratti  dei  Sovrani.  —  Nel  palazzo  del  principe  di  Villafranca,  in  Piazza 
Bologni,  fra  le  coltri  di  broccato  d'argento  che  pendevano  dai  balconi  stava 
un  baldacchino  con  i  ritratti  del  Re  e  della  Regina  e  due  scudi  d'argento  con 
iscrizioni  in  loro  onore.  Le  porte  del  palazzo  erano  tappezzate  all'intorno  con 
velluto  con  frange  d'oro  e  d'innanzi  ad  esse  e  per  tutto  il  fronte  del  palazzo 
ardevano  infiniti  doppieri. 

Tutte  le  facciate  delle  case,  in  una  parola,  erano  variamente  addobbate  e 
perfino  le  carceri  (2),  dimentiche  del  dolore  che  internamente  chiudevano  nei 
prigionieri  ,  erano  interamente  adornate  di  frondi  allegre  e  di  lumi  brillanti. 
Su  la  porta  poi  vi  si  collocò  l' imagine  del  Re  che  stendeva  la  mano  quasi 
ad  aprire  i  cancelli  ed  a  spezzar  le  catene,  come  intatti,  con  magnanimo  pen- 
siero, fece  nel  giorno  della  sua  incoronazione.  —  Né  il  solo  Cassaro,  ma  tutte 
le  strade  della  città  eran  addobbate,  che  non  vi  fu  casa  o  palazzo  in  cui  non 
fossero  stati  esposti  arazzi  ed  accesi  abbondanti  ceri. 

Arrivate  le  Loro  Maestà  al  Duomo  furono  ricevute  da  Monsignor  Ar- 
civescovo vestito  a  pontificale,  accompagnato  da  sei  canonici  con  piviale  e  mitra. 
Monsignore  diede  l'acqua  benedetta  ai  Sovrani  ed  offerse  loro  due  mazzo- 
lini  di  fiori,  indi  fu  intonato  il  Te  Dcum.  —  Si  andò  all'altare  maggiore  ,  il 


(1)  Stava  questo  dove  ora  stanno  il  liceo  Vittorio  Emmanuele,  la  biblioteca  Nazionale, 
il  Ginnasio  Giovanni  Meli. 

(2)  Queste  stavano  dove  ora  c'è  il  Palazzo  delle  Finanze. 


—   12  — 


Re  e  la  Regina  s'inginocchiarono  sopra  cuscini  appositamente  preparati  e  non 
trovandosene  uno  per  il  principe  Tommaso,  il  maestro  di  cerimonie  di  mon- 
signor arcivescovo  volea  prendere  quello  del  detto  monsignore;  ma  ciò  non 
permise  Vittorio  Amedeo,  dando  un  primo  esempio  della  sua  devozione  ed 
esemplare  giustizia,  e  volle  che  si  desse  al  principe  un  cuscino  qualunque  dell;) 
chiesa. 

Finito  il  Te  Deum  e  le  orazioni  prò  gr  aliar  uni  actione  e  prò  Rege,  le  Loro 
Maestà  si  recarono  nella  cappella  di  S.  Rosalia.  —  Era  dessa  riccamente  ad- 
dobbata, con  l'altare  riboccante  d'argento  portante  un  immensa  quantità  di 
candele  accese,  e  vi  si  trovavano  esposte,  oltre  delle  reliquie  della  nostra  santa 
patrona,  le  casse  di  S.  Cristina  e  S.  Agata,  di  S.  Ninfa,  la  Maddalena  e  S.  Ma- 
miliano.  —  Adorarono  i  Sovrani  le  sante  reliquie,  domandando  a  quali  santi 
si  appartenessero,  indi  se  ne  uscirono  dalla  porta  maggiore  accompagnati  sino 
alla  carrozza  dall'Arcivescovo  e  dal  capitolo  della  Cattedrale,  ed  andarono  a 
Palazzo  Reale. 

Ivi  erano  attesi  dal  già  Viceré  di  Sicilia  D.  Carlo  Filippo  Antonio  Spi- 
nola Colonna  marchese.de  Los  Balbases,  duca  di  Sesto,  che  mille  compli- 
menti loro  fece,  e  dalla  principessa  di  Scordia  moglie  del  pretore  di  Palermo 
con  altre  poche  dame  (non  tutte  per  non  esser  d'imbarazzo)  che  s'inchina- 
rono alle  Maestà  Loro  anche  a  nome  di  tutte  le  altre  e  domandarono  loro 
in  qual  giorno  sarebbero  state  ammesse  al  bacio  delle  Reali  mani. 

Quale  fosse  stata  l'impressione  in  Vittorio  destata  dalle  prime  accoglienze 
vogliamo  mostrare  con  le  stesse  sue  parole.  Egli  in  una  lettera  inviata  a  Ga- 
spare Maria  conte  di  Morozzo  datata  da  Palermo  a  n  ottobre  171 3  diceva 
di  «  aver  ogni  motivo  di  esser  contenti  di  questo  publico,  il  quale  pendente  il  no- 
stro viaggio  ha  fatto  continue  preghiere  per  la  prosperità  del  medemo ,  ed  ora  con 
universali  dimostrazioni  festeggia  il  nostro  felice  arrivo»  (1)  ed  in  un'altra,  se- 
guitando a  ragguargliarlo  delle  cose  di  Sicilia,  gli  diceva  che  continuava  «  a 
sperimentare  universalmente  l'affetto  e  zelo  dei  popoli,  che  sempre  più  si  dimostrano 
contenti  della  sorte  di  averci  per  sovrani  »  (2). 

E  non  s'ingannava  :  i  popoli  eran  contenti  della  sorte  di  averlo  per  So- 
vrano, egli  veniva  ad  incarnare  i  Siciliani  ideali,  veniva  preceduto  dalla  fama 
di  principe  giusto  e  magnanimo  e  subito  come  tale  manifestossi  in  Sicilia; 
e  se  egli  avesse  fermata  la  sede  e  la  dimora  nell'  isola  ed  avessero  di  tal 
guisa  i  siciliani  avuto  un  re  proprio  lietamente,  dice  il  Carutti  (3),  avreb- 
bero veduto  la  mutazione  del  principato;  a  qualunque  costo  e  contro  tutti, 
aggiungiamo  noi,  avrebbero  mantenuto  per  sempre  questa  mutazione. 


(1)  Lettere  di  Vittorio  Amedeo  I[  di  Savoia  re  di  Sicilia  a  Gaspare  Maria  eonte  di 
Morozzo  etc.  in  Miscellanea  di  Storia  Italiana,  volume  26  fog.  12. 

(2)  Ibidem  lettera  di  numero  3. 

(l)  Carutti.  Storia  del  Regno  di  Vittorio  Amedeo  II,  Firenze,  Le  Monnier ,  1863, 
og.  358. 


1 


—  13  — 


A  13  di  ottobre  171 3  fuvvi  a  corte  ricevimento  del  Senato  di  Palermo, 
della  nobiltà,  dei  tribunali  e  dei  prelati,  e  tutti  ritornavano  dal  Palazzo  Reale 
con  1'  animo  esultante  e  commossi  per  i  modi  cortesi  e  le  gentilezze  delle 
Loro  Maestà.  Il  giorno  22  dello  stesso  mese  il  Re  visitò  il  molo  ed  il  ca- 
stello reale  ed  essendosi ,  nel  ritorno  ,  incontrato  con  il  Santissimo  Sacra- 
mento, uscito  per  dare  il  viatico  ad  un  infermo,  scese  dalla  carrozza  e  come 
il  più  umile  degli  uomini  Lo  accompagnò  sino  alla  Cattedrale.  Quale  im- 
pressione quest'atto  di  Vittorio  Amedeo  destasse  nel  popolo  palermitano  a- 
bituato  alla  boria  dei  viceré  spaglinoli  non  è  a  dirsi.  Quei  viceré  che  con  il 
loro  lusso  ed  il  loro  sfarzo  superavano  quasi  le  corti  dei  loro  re  non  avreb- 
bero nemmeno  per  sogno  pensato  di  scendere  dai  loro  cocchi  aurati  per  ac- 
compagnare il  Santissimo  Sacramento,  e  perciò  i  poveri  nostri  padri  dovet- 
tero rimanere  sbalorditi  nel  vedere  un  re  discendere  dal  cocchio  ed  accom- 
pagnarlo. E  certo  quell'atto  dovette  rendere  ancor  più  grande  l'amore  per  il 
nuovo  re.  L' indomani  andò  a  cavallo  a  Monreale  e  visitò  quella  stupenda 
Cattedrale,  uno  dei  gioielli  più  preziosi  della  preziosa  Sicilia.  A  1  novembre 
171 3  il  Re  e  la  Regina  andarono  ai  Cappuccini,  ascoltaron  la  messa;  indi  il 
Re  scese  nella  sepoltura,  le  meravigliose  catacombe  in  cui  coi  morti  scendono 
a  conversare  i  vivi  e  dove  par  che  morte  abbia  fallilo  il  colpo,  e  la  regina  vi- 
sitò la  selva. 

11  giorno  otto  dello  stesso  mese  tutti  e  due  andarono  a  Monreale  in 
carrozza. 

Tutte  le  città  siciliane  intanto  si  preparavano  a  far  sollenni  feste  per 
l'acclamazione  di  Vittorio  Amedeo  a  Re  di  Sicilia,  e  molte  sono  le  relazioni 
che  di  esse  furono  date  alle  stampe. 

Di  due  città  siciliane  fra  le  altre  :  Polizzi  Generosa  e  Castronovo  non 
si  rinvengono  pubblicate  relazioni  di  quelle  feste  ,  ma  noi  ne  abbiamo  rin- 
venuto le  relazioni  inedite  (1).  Polizzi,  la  nobile  ,  la  generosa  città  siciliana 
che  si  vanta  esser  la  patria  di  molte  nobili  famiglie  ,  non  fu  a  nessun  altra 
città  dell'isola  seconda  in  quelle  feste,  ed  un  cittadino  di  essa,  con  nobile  e 
giusto  orgoglio,  scriveva  :  che  i  Tolii^ani  non  han  cesso  alle  città  grandi  del  re- 
gno, anij  avanzato  qualche  città  rinomata  e  pareggiato  qualche  d'  una  delle  capi- 
tali (2).  Ed  invero  splendide  furon  le  feste  celebrate  :  continui  concerti  mu- 
sicali s'alternavan  con  lo  sparo  di  fuochi  d'  artificio  e  col  suono  di  tutte  le 
campane  delle  chiese  per  i  giorni  10,  11  e  12  di  novembre  171 3  ;  la  città 
era  tutta  illuminata,  dai  balconi  delle  case  dei  principali  cittadini  pendevano 
superbi  arazzi  e  stavano  esposti  ritratti  di  Vittorio  Amedeo.  Tutte  le  chiese  e  i 
conventi  eran  illuminati  fin  sopra  i  campanili,  le  casine  di  campagna  dei  nobili 
eran  ancor  esse  illuminate  con  torce  a  vento.  Si  innalzarono  tre  archi  trion- 


fi) Le  publichiamo  qui  in  fine  fra  i  documenti.  Quella  di  Polizzi  è  estratta  da  un  ma- 
noscritto della  nostra  Comunale,  segnato  Qq.  F.  45;  e  quella  di  Castronovo  da  un  volume 
contenente  le  Mastre  Nobili  di  Sicilia,  conservato  nella  biblioteca  del  nostro  Archivio  di 
Stato. 

(2)  Relazione  citata. 


—  14  — 


fali,  in  uno  dei  quali  la  Italia  dormente  veniva  guardata  dalla  parte  del  capo 
dalla  Savoia,  rappresentata  da  Minerva  armata,  e  dalla  parte  del  piede  dalla 
Sicilia  rappresentata  da  un'amazzone,  e  la  Sicilia  mezza  ignuda,  con  le  vesti 
lacere,  con  i  capelli  ispidi,  tenendo  sparse  dinanzi  a  sé  un'infinità  di  spighe 
veniva  adornata,  ripulita,  accarezzata  da  Vittorio  Amedeo.  Splendida  ed  arti- 
stica rappresentazione  della  verità  :  chè  Vittorio  Amedeo  veniva  a  trovar  la 
Sicilia  rovinata  dal  mal  governo  spagnuolo,  misera  per  le  rapacità  dei  viceré; 
Verre  novelli  ,  ed  avea  ben  ragione  di  esclamare  quel  cittadino  di  Polizzi  : 
Hinc  vivai  Victor,  vivai  per  Nestoris  annos. 

Fortunati  noi  se  il  governo  di  Vittorio  Amedeo  si  fosse  prolungato  in 
Sicilia,  perchè  grandissime  e  vaste  erano  le  idee  che  egli  avea  concepito  per 
avvantaggiare  gli  interessi  della  Sicilia  e  se  avesse  avuto  il  tempo  e  l'agio  di 
metterle  in  esecuzione,  torse  quest'isola  non  avrebbe  invidiato  le  più  ricche 
nazioni  dell'Europa. 

Non  meno  superbo  del  primo  era  l'arco  trionfale  innalzato  dal  mona- 
stero di  S.  Margherita,  portante  il  ritratto  di  Sua  Maestà  sotto  un  ricco  bal- 
dacchino di  velluto  chermisino  trinato  d'oro  e  d'argento.  Nei  quattro  angoli  di 
quest'arco  stavano  quattro  scudi  con  un  emblema  dipinto  ed  una  iscrizione. 
Uno  degli  scudi  portava  un  pastore  con  il  motto  :  Ego  sum  pastor  bonus,  al- 
ludendo alla  bontà  del  nuovo  re,  il  quale,  qual  pastore  vigilantissimo,  avrebbe, 
senza  dubbio  ,  come  infatti  fece  ,  invigilato  perché  i  suoi  nuovi  sudditi  non 
fossero,  come  per  lo  innanzi,  vessati  :  e  molto  arguta  ne  era  l'iscrizione,  che 
diceva  : 

Mercennariorum  inexplebilem  avaritiam 

Grassatorum  insatiabilem  rapacitatem, 

Oves  Siciliae  ne  pavere  : 

Ad  vestrae  securitatis  tutelarti 

Et  pascuorum  foecunditatem 

Invigilat  benignissimus  pastor. 

La  domenica,  12  novembre  1713  ,  venne  nella  cattedrale  celebrata  una 
messa  sollenne,  finita  la  quale  un  padre  Bueri  dei  predicatori  recitò  un  pa- 
negirico alle  glorie  di  Vittorio  Amedeo.  Indi  si  diè  principio  ad  una  superba 
cavalcata  ,  nel  corso  della  quale  dai  giurati  della  città  veniva  gridato  :  Viva 
Vittorio  ^Amedeo,  a.  che  rispondevan  le  grida  di  giubilo  di  un  popolo  intero, 
lo  sparo  dei  mortaretti  e  degli  archibugi  ed  il  suon  delle  trombe  e  delle 
campane. 

Finita  la  cavalcata  si  ritornò  alla  Cattedrale,  dove  si  cantò  il  ìe  Deum 
in  ringraziamento  di  aver  un  sì  grande  benefizio  di  vedere  ,  come  ben  dice 
la  relazione,  dopo  tre  secoli  il  Re  e  Padre  nel  regno  con  la  circostanza  di  padrone 
dichiaralo  per  le  sue  glorie,  ineriti  e  virtù,  degno  di  mille  regni ,  amorevole  verso 
i  sudditi,  glorioso  per  le  imprese,  catolico  famoso  e  benemerito  di  essere  annoverato 
nei  fasti  dei  principi  più  rinomati  che  abbia  avuto  la  terra  fin  oggi. 


A  12  novembre  i/n  seguiva  pure  l'acclamazione  di  Vittorio  Amedeo 
a  Re  di  Sicilia  in  Cistronovo.  Questa  città,  che  dall'imperatore  Carlo  V  con 


privilegio  dato  in  Bruxelles  a  15  gennaio  1556  avea  avuto  conferito  il  titolo 
di  fedelissima  ,  volle  dar  prova  non  esser  desso  un  appellativo  vano  e  deri- 
sorio e  cominciò  a  far  luminarie  per  tre  sere  continue,  precedenti  al  giorno 
dodici,  stabilito  per  l'acclamazione.  La  sera  dell'undici  l'illuminazione  fu  più 
sollenne  non  solo  dentro  la  città  ma  anche  fuori  le  mura  di  essa,  nelle  chiese 
e  nei  conventi;  vi  fu  sparo  di  fuochi  artificiali,  suono  delle  campane  di  tutte 
le  chiese  e  concerti  musicali.  Il  12  di  novembre  cadeva  di  domenica.  Nella 
cattedrale  si  celebrò  una  messa  sollenne  prò  Rege,  si  cantò  il  Te  Deum  lau- 
damus,  durante  il  quale  vi  fu  sparo  di  tuochi  d'  artificio  e  tutte  le  campane 
delle  chiese  suonarono.  Ad  ore  21,  secondo  l'orologio  italiano,  ebbe  luogo  una 
splendida  cavalcata  con  l' intervento  di  tutte  le  autorità  e  dei  nobili  :  ebbe 
inizio  dal  palazzo  di  città  dove  era  conservato  e  guardato  con  buona  guardia 
lo  stendardo  reale,  e  durante  il  cammino  ad  un  giurato  che  gridava:  Fide- 
Ussinia  città  di  Castronovo  !  il  popolo  unanime  rispondeva  :  Viva,  viva  Vittorio 
Amedeo  Re  di  Sicilia  nostro  Signore  e  Patrone  naturale  !  !  ia;endo  seguito  alle 
acclamazioni  il  suono  delle  trombe  e  delle  campane.  Si  scopersero  molti  qua- 
dri portanti  l'effigie  di  Sua  Maestà  preparati  in  diversi  luoghi  ,  e  finalmente 
si  giunse  nella  piazza,  dove  era  stato  innalzato  un  palco  alto  circa  dieci  metri, 
tappezzato  con  damasco  chermisino  con  un  baldacchino  pure  di  damasco  trinato 
d'oro,  sotto  il  quale  stava  un  ritratto  di  Vittorio  Amedeo  al  naturale,  coperto. 
Allora  il  giurato  che  teneva  nelle  mani  lo  stendardo  reale  gridò  nuovamente  : 
Fidelissima  città  di  Castronovo  !  ed  a  lui  risposero  le  voci  del  popolo  che  di- 
cevano :  Viva,  viva  Vittorio  Amedeo  Re  di  Sicilia  nostro  Signore  e  Patrone  na- 
turale !  !  si  scoperse  il  quadro  e  le  grida  di  giubilo  emesse  in  quel  momento 
dal  popolo  furon  forse  più  forti  del  suono  delle  trombe,  delle  campane  e  dello 
sparo  degli  archibugi  e  dei  fuochi  d'artifìcio. 

Intanto  dovea  farsi  la  sollenne  entrata  ,  acclamazione  ed  incoronazione 
del  nuovo  Re  in  Palermo.  Vittorio  stabili  che  il  sollenne  ingresso  e  l'accla- 
mazione avesse  luogo  il  21  dicembre  171 3  e  l'incoronazione  il  24,  ma  prima 
volle  che  si  benedicessero  le  bandiere  delle  milizie.  Infatti  a  19  dicembre 
vennero  da  Monsignor  Arcivescovo  benedette  le  nuove  bandiere  delle  milizie 
portanti  le  insegne  del  regno  e  furon  consegnate  agli  alfieri;  nella  qual  con- 
segna il  cavalier  Antonio  Olgiat  maggiore  e  capitan  comandante  del  reggi- 
mento :  Piemonte,  parlò  agli  ufficiali,  soldati  ed  alfieri.  Agli  ufficiali  ei  disse  : 
«  Miei  signori  ufficiali,  vedete  le  bandiere  che  Sua  DiCaestà  confida  al  vostro  valore  ? 
Queste  sono  state  benedette  da  Dio,  dal  quale  dovete  sperar  l'  assistenza  della  sua 
divina  protezione  hi  tutte  le  nostre  imprese  secondando  il  zelo  che  voi  avete  nel 
servilo  del  Re  ^Mostro  Signore  »  Ai  soldati  disse  :  Soldati,  si  raccomandano  an- 
che al  vostro  ordinario  valore;  e  ricordatevi,  in  tutte  le  occasioni,  che  il  vostro  0- 
nore  vi  obliga  a  seguitarle  da  pertuito  con  intrepidezza,  ed  a  più  tosto  morire  che 
abandonarle.  E  per  dar  segno  che  voi  cosi  giurate  di  eseguire,  alzaie  tutti  la  destra.  » 
E  così  con  grande  entusiasmo  fecero  tutti.  Indi  si  rivolse  agli  alfieri  e  disse  : 
«  Signori,  le  bandiere,  si  preggiate  e  che  sono  contrasegno  d'onore,  vi  si  consegnano 
con  la  sicurezza  che  voi  non  le  perderete  che  con  la  propria  vita.  »  Queste  parole 
furon  seguite  da  grida  di  approvazione  e  di  giubilo  e  le  milizie  si  ritirarono 
nei  quartieri. 


Era  già  il  21  del  mese  di  dicembre  del  171 3  ,  giorno  stabilito  per  il 
sollenne  ingresso  e  l'acclamazione  di  Vittorio  Amedeo.  Con  due  bandi  del 
17  dello  stesso  mese  il  Senato  di  Palermo  aveva  ordinato  che  venissero  ad- 
dobbati tutti  i. balconi  e  le  finestre  del  Cassaro  e  delle  vie  laterali  a  comin- 
ciare dal  giorno  21  sino  al  24  incluso,  che  nelle  sere  di  questi  stessi  giorni 
si  facesse  sontuosa  illuminazione  e  che  il  giorno  21  a  cominciare  dalle  ore 
17  sino  a  che  avesse  avuto  fine  il  sollenne  ingresso  non  passeggiassero  car- 
rozze. Avea  inoltre  stabilito  di  innalzare  alquanti  archi  trionfali,  che  furono 
sei  e  tutti  splendidi;  tre  costruiti  a  spese  del  Senato  e  gli  altri  :  uno  a  spese 
della  nazione  napoletana  ,  un  altro  della  nazione  genovese  ed  il  terzo  della 
nazione  milanese.  Il  primo,  eretto  a  spese  del  Senato,  a  porta  dei  Greci  era 
alto  palmi  70  all'incirca  e  largo  45  ;  veniva  chiuso  da  un  vaghissimo  fregio 
sul  quale,  tra  vessilletti  di  fiamma,  circondata  da  fulgidissimi  raggi,  splendeva 
la  candida  croce  di  Savoia,  croce  santa,  foriera  di  gloria  ed  amor.  Il  secondo, 
pur  esso  a  spese  del  Senato,  fu  eretto  a  Porta  Felice.  Dalla  parte  del  mare 
lo  chiudevano  le  statue  del  tempo  e  della  fortuna  che  sostenevano  un  car- 
tellone con  lo  scritto  seguente  : 

V1CTORE  AMEDEO  REGE 
FOELICITATI  MAXIM AE  PORTAS  ATTOLLIT 

S.  P.  Q.  P. 

Su  questo  cartellone  stava  la  felicità  incurvata  sostenente  lo  scudo  con  le 
armi  reali,  ed  accanto  a  lei  due  gemetti  veniali  spargendo  fiori  e  frutta.  Nella 
nicchia  di  ciascuna  delle  due  facciate  della  superba  porta  un  cartellone  argenteo 
portava  dipinto  un  emblema  ed  un  motto.  In  quello  del  fianco  destro  si  ve- 
deva in  mare  una  nave  dalla  cui  poppa  sporgeva  un  braccio  che  tenea  un 
ramo  con  frutta  d'oro  col  motto  :  Longo  post  tempore  visum,  prèso  da  quei  versi 
del  VI  libro  dell'Eneide  di  Virgilio,  dove  parla  del  figlio  d'Anchise  che  com- 
pare negli  Elisi  col  ramo  d'oro  ed  é  ammirato  da  Caronte  nel  tragittarcelo  : 

....  Die  admirans  venerabile  donimi 
Fatalis  virgae,  longo  post  tempore  visum, 

alludendo  alla  ricchezza  d'  ogni  bene  che  dal  nuovo  Re  i  siciliani  si  ripro- 
mettevano, e  che  egli  infatti  ad  essi  apportò. 

L'emblema  del  fianco  sinistro  portava  un  capo  con  tre  braccia  intorno, 
medaglia  antica  di  Palermo,  capitale  della  Sicilia,  la  Triquetra  e  Trinacria 
degli  antichi.  Il  braccio  destro  offriva  le  chiavi  della  reggia  ,  il  sinistro  lo 
scettro,  il  terzo,  che  si  stendeva  in  alto,  la  corona  col  motto  :  Digniorì  detur. 

Splendido  era  l'arco  innalzato  a  spese  deila  nazione  napoletana.  Quello 
della  nazione  genovese  era  una  mole  risplendente  d'argento  e  d'oro.  Ai  quattro 
canti,  da  ciascun  lato,  fu  innalzato  un  arco  a  spese  del  senato,  che  in  alto  venian 
terminati  da  una  bellissima  corona,  che  tutti  li  univa.  Eran  tutti  lavorati  d'oro 
e  d'argento  e  sulla  sommità  ai  due  lati  portavano  due  scudi  nei  quali:  in  uno 
era  l'aquila  d'oro  di  Palermo,  nell'altro  1'  aquila  nera  di  Sicilia  e  nel  mezzo 
stavano  due  leoni  che  sostenevano  le  armi  del  Re.  La  corona  che  circon- 
dava gli  archi  era  tutta  d'argento  d'una  magnificenza  ammirabile.  Sopra  le 
fontane  v'eran  quattro  quadroni  con  figure  allusive ,  e  le  quattro  aquile  che 


—  »?  — 


stavano  nelle  chiavi  dei  quattro  arconi  stringevano  negli  artigli  come  un  largo 
nastro,  love  stava  uno  scritto  con  il  quale  pareva  che  invitassero  i  popoli 
alla  festa  ed  al  giubilo.  La  prima  parea  che  gridasse  :  Victorius  Amedeus  Chri- 
stiani  orbis  Apollo  venit  :  Io  papali  !  La  seconda  :  Victorius  Amedeus  lialiae  o- 
culus  Siciliam  videi  :  Gaudete  Sicani  !  La  terza  :  Victorius  Amedeus  Sabaudus  Her- 
cules fortunaiii  vinài  :  Plaudite  Siculi  !  La  quarta  :  Victorius  Amedeus  Trinacriae 
Iuppiter  Tananai  regnai  :  Condamate,  gaudete  cives  !  Nei  lati  delle  quattro  fonti 
v'eran  quattro  palchi  da  dove  suonava  una  scelta  orchestra  (i).  Non  meno 
splendido  degli  anzidetti  era  l'arco  trionfale  eretto  dalla  nazione  milanese,  alto 
palmi  settanta  e  largo  quarantadue. 

Nel  centro  della  piazza  di  S.  Erasmo  era  stato  rizzato  un  gran  padiglione 
coperto  all'esterno  di  velluto  chermisino  con  larghe  trine  d'argento.  Per  un 
atrio,  coperto  a  cupola,  si  entrava  nella  real  camera,  rotonda,  tappezzata  da 
terra  sino  al  tetto  con  finissimi  broccati  d'oro  e  nella  quale  un  ricchissimo 
baldacchino  innalzavasi  dal  pavimento,  interamente  coperto  da  superbi  tappeti 
persiani.  Erano  già  le  ore  17,  secondo  l'orologio  italiano,  ed  il  re  e  la  re- 
gina con  i  gentiluomini  e  le  dame  arrivarono  in  carrozze  senza  treno. 

Entrarono  dentro  il  padiglione,  s'assisero  sotto  il  soglio  ed  il  marchese 
della  Pierre  gran  ciambellano  introdusse  Don  Nicolò  Placido  Branciforte  prin- 
cipe di  Butera,  primo  titolo  del  Regno  di  Sicilia,  che,  piegate  ambo  le  gi- 
nocchia dinnanzi  a  Vittorio  Amedeo,  espresse  il  comune  giubilo  per  averlo 
come  sovrano.  Il  Re  s'alzò  col  capo  coperto  e  nel  benignarsi ,  con  cortesi 
parole,  a  ringraziarlo  prese  dalle  mani  del  marchese  Pallavicino  grande  scu- 
diere lo  stendardo  reale  e  glielo  porse  dicendogli  :  «  Priucipe  ,  a  Voi  come  a 
primo  titolo  del  regno  si  consegna  io  stendardo  delle  mie  armi ,  perché  lo  portiate 
in  questo  giorno  a  vista  dei  miei  vassalli ,  a  fin  che  tutti  sappiano  che  io  sono  il 
suo  %e,  a  cui  hanno  da  servire,  ubidir  ed  amare  eoa  tutto  il  cuore.»  S'inchinò 
il  principe  e  commosso  strinse  al  petto  il  vessillo  reale  e  nel  frattempo  tuo- 
narono tutte  le  artiglierie  della  città.  Dato  l'ordine  dal  Re  al  conte  d'Aglié 
di  far  muovere  la  cavalcata ,  questa  si  mise  in  moto.  Marciò  prima  il  reg- 
gimento dei  dragoni  seguito  dai  valletti  delle  Loro  Maestà  a  piedi  e  dai  paggi 
del  Re  e  della  regina  a  cavallo  con  le  pistole  all'arcione.  Dietro  a  loro  ve- 
niva Don  Raffaele  Bellacera  e  Vanni  marchese  di  Regalmici  capitano  giusti- 
ziere di  Palermo  con  alla  sinistra  Don  Giuseppe  Giusino  e  Scibecca  uno  dei 
tre  giudici .  pretoriani  e  capitaniali,  seguito  dall'araldo  della  deputazione  del 
regno  :  Stefano  Puccio,  che  precedeva  i  deputati  :  Vincenzo  la  Grua  principe 
di  Carini,  Giuseppe  Riggio  marchese  della  Ginestra,  Giuseppe  Filingeri  conte 
di  S.  Marco  deputati  ecclesiastici,  Antonino  Lucchese  duca  della  Grazia,  Fran- 
cesco Bonanno  principe  di  Roccafiorita  deputati  militari,  Francesco  Molinelli 


(1)  Per  descrizioni  più  complete  è  da  consultarsi:  «  La  feliciti  in  trono  sull'arrivo,  ac- 
clamatione  e  coronatione.  delle  Reali  Maestà  di  Vittorio  Amedeo  duca  di  Savoia  e  di  Anna  d'Or- 
leans eie.  per  D.  'Pietro  Vitale.  —  ''Palermo,  Agostino  Ispiro,  ijij  »  del  qual  libro  molto  ci 
siamo  serviti  -e-dal  quale  abbiamo  tratto  unii  delle  tavofe~~clTe~ si  r&evanevqui  in  rme». 


—  18  — 


principe  di  S.  Rosalia  e  Blasco  Corvino  principe  di  Mezzoiuso  deputati  de- 
maniali. 

Tenevano  loro  dietro  gli  uffiziali  della  Deputazione  :  Benedetto  Ballaroto 
procurator  fiscale,  Giovan  Battista  Tassarelli  razionale,  Carlo  Gatto  detentore 
delle  università,  Francesco  Tinnaro  coadiutore  di  razionale,  Giuseppe  Cam- 
pisi procurator  fiscale,  Carlo  Galasso  suo  controscrittore  ,  Stanislao  Bracco 
controscrittore  e  Gaspare  Catania  coadiutore  di  controscrittore. 

Vestito  con  giubba  di  velluto  chermisino  trinato  d'oro  veniva  immedia- 
tamente dopo  agli  uffiziali  della  deputazione:  Bartolomeo  Fenda  araldo  della 
Tavola  o  publico  Banco  di  Palermo,  e  dietro  a  lui  :  Ottavio  Savona  gover- 
natore negoziante  ,  Giovanni  d'  Eredia  governatore  nobile  ,  Agostino  Forno 
barone  della  Fede  archivario,  e  Luigi  Filippo  di  Settimo  governatore  nobile. 

Ai  rappresentanti  del  pubblico  Banco  faceva  seguito  la  nobiltà  disposta 
per  due.  I  colori  bizzarri  ,  1'  oro  profuso  ,  i  generosi  destrieri  attiravano  gli 
sguardi  dell'immensa  moltitudine  e  tutti  dietro  alle  fitte  file  dei  soldati  aguz- 
zavano lo  sguardo,  aspettando  di  vedere  il  nuovo  Re,  già  a  loro  molto  noto 
per  fama.  Eran  molti  i  nobili,  ma  molti  al  certo  sfuggirono  agli  occhi  degli 
astanti;  quelli  dei  quali,  dagli  scrittori  contemporanei,  ci  vennero  tramandati 
i  nomi  erano  (i)  : 

Girolamo  Filingeri  marchese  di  Lucca.       .  con  Matteo  Luglio  duca  di  Casalmonaco. 
Gaetano  Ventimiglia  principe  di  Belmonte,.  con  Melchiorre  Bonanno  duca  di  Castellana. 
Alessandro  Filingeri  principe  di  Cutò  .       .  con  Francesco  Requesens  conte  di  Buscemi. 
Bartolomeo  Caccamo  principe  di  Castelforte  (2).  con  Giovar.  Battista  Airoldi   marchese  di  S. 

Colomba. 

Traiano  Settimo  marchese  di  Giarratana     .  con  Onofrio  Sieripepoli  bar.  di  Mangiadaini. 
Giuseppe  Perpignano  princ.  di  Bonriposo  (3)  .  con  Lorenzo  Marziani  princ.  di  Furnari  (4). 
Girolamo  Grifeo  principe  di  Partanna  .        .  con  Ignazio  Vassallo. 
Francesco-Ferdinando  Gravina  princ.  di  Pa- 
tagonia       ......  con  Lancellotto  Castelli  principe  di  Castel- 
ferrato  (5). 

Giuseppe  del  Bosco  princ.  di  Cattolica  (6)  .  con  Saverio  Valguarnera  principe  di  Valguar- 

nera  (7). 

Benedetto   Emmanuele   marchese   di  Villa- 
bianca  (8)  con  Carlo  Naselli  duca  di  Gela  (9). 


(1)  Quantunque  siano  pubblicati  dal  Vitale  nell'opera  citata,  non  crediamo  inutile  ri- 
pubblicarli.' 

(2)  Questo  titolo  passò  in  casa  Massa  ed  oggi  in  casa  Gravina  nel  ramo  dei  principi 
di  Comitini. 

(3)  Passato  in  casa  Ventimiglia  nel  ramo  dei  marchesi  di  Geraci. 

(4)  Passato  in  casa  Notarbartolo  nel  ramo  dei  duchi  di  Villarosa. 

(5)  Questo  titolo  passò  in  casa  Villadicane,  sotto  la  denominazione  di  Mola. 

(6)  Passato  in  casa  Bonanno  nel  ramo  dei  principi  di  Roccafiorita. 

(7)  Passato  in  casa  Alitata  nel  ramo  dei  principi  di  Villafranca. 

(8)  Fu  padre  di  Francesco  Maria  Emmanuele  e  Gaetani  autore  della  _  Sicilia  Nobile 
opera  importante  in  6  volumi  ,  due  dei  quali  d'appendice:  publicati  :  i  primi  quattro  nel 
1754,  il  quinto  nel  1775,  ed  il  sesto  nel  1897  a  cura  nostra  e  del  cavaliere  Carlo  Crispo 
Moncada. 

(9)  Passato  in  casa  Trigona  nel  ramo  dei  principi  di  S.  Flia. 


—  19  — 


Orazio  Em  inaimele  . 

Antonino  Stella  marchese  della  Gran  Mon- 
tagna (i)  

Gervasio  Pescia  marchese  d'  Irosa 

Placido  Gisulfo  ...... 

Vincenzo  Parisi  ...... 

Stefano  Oneto  duca  di  Sperlinga 
Giovan  Battista  Barzellini  marchese  d'  Ana- 
lista (2)  

Giovan  Tommaso  Oneto  princ.  di  S.  Lorenzo 
Ottavio  Gravina  princ.  di  Rammacca  . 
Ferdinando  Gravina  principe  di  Comitini 

Gaspare  Notarbartolo  principe  di  Sciara 
fra  Pietro  Romeo  cavaliere  di  Malta  . 
Giuseppe  Branciforte  princ.  di  Villanova  (3). 

Ottavio  Montaperto  principe  di  Raffadali 

Giuseppe  del  Castillo  marchese  di  S.  Ono- 
frio (4)  

Cesare  Bellia  barone  di  Camemi . 

Giovan  Francesco  Morso  marchese  di  Gibel- 
lina  (5)       .      •.  . 

Federico  Napoli  principe  di  Resuttano  . 

Em inaimele  Lucchese  princ.  di  Campofranco 
Giuseppe  Galletti  principe  di  Fiumesalato  . 

Niccolò  Galletti  marchese  di  S.  Cataldo 
Giuseppe  Beccadelli  di  Bologna   principe  di 
Camporeale  ...... 

Pietro  Beccadelli  di  Bologna  marchese  d'Al- 
tavilla ....... 

Pietro  Oliveri  duca  d'Aquaviva  . 
Federico  Petroso  barone  di  Ramorsura  (8)  . 
Francesco  Fernandez  de  Medrano 
Baldassare  Naselli  principe  d'Aragona  . 

Giulio  Cesare  Imperatore  VI  marchese  d'A- 
limena  (10)  . 


con  Francesco  Notarbartolo  barone  di  Bom- 
bi netto. 

con  Mario  Boccadifuoco. 

con  Francesco  Camillo  Corvino. 

con  Giuseppe  Gisulfo. 

con  Giuseppe  Gioeni. 

con  Giuseppe  Oneto. 

con  Giuseppe  Morreale  duca  di  Castrofilippo. 
con  Baldassare  Piatamene  duca  di  Belmurgo. 
con  Bernardo  Gravina. 

con  Giuseppe  Bonanno  principe  di  Lingua- 
glossa. 

con  Antonio  Cottone  marchese  d'Altamira. 
con  Giuseppe  del  Castillo. 
con  Ferdinando  Maria  Tornasi  principe  di  Lam- 
pedusa. 

con  Ottavio  Lanza  principe  di  Lanza. 

con  Giovanni  Calascibetta. 

con  Franco  Maccagnone  princ.  di  Granatelli. 

con  fra  Carlo  Requesens  cav.  di  Malta, 
con   Vincenzo    di  Giovanni    duca   di  Sapo- 
nari (6). 

con  Giulio  Molinelli  duca  di  Villarosa 

con  Pietro   Domenico  Moncada  principe  di 

Mon  forte, 
con  Luigi  Gaetano  duca  Gaetano. 

con  Giulio  Maria  Grimaldi  dei  principi  di  S. 
Caterina. 

con  Giuseppe  Arezzo  duca   di  S.   Filippo  li 

Colonni. 
con  Filippo  Cordova, 
con  Girolamo  Oliveri. 
con  Giuseppe  Garofalo. 

con  Nicolò  Palmerino  principe   di  Torre  di 
Goto  (9). 

con  Domenico  Rosso  principe  di  Cerami. 


fi)  Questo  titolo  passò  in  casa  Del  Castillo. 

(2)  Passato  in  casa  Sartorio. 

(3)  Pass.ito  in  casa  Corvino,  nel  ramo  dei  principi  di  Mez/.oiuso. 

(4)  Passato  in  casa  Anfossi. 

(5)  Passato  in  casa  Naselli  nel  ramo  dei  principi  di  Aragona. 

(6)  Passato  in  casa  Alliata  nel  ramo  dei  principi  di  Villafranca. 

(7)  Passato  in  casa  Notarbartolo. 

(8)  Questo  titolo  passò  in  casa  Grimaldi  nel  ramo  dei  marchesi  di  Torresena. 

(9)  Passato  in  casa  De  Gregorio  sotto  la  novella  denominazione  di  S.  Elia-Gregorio. 

(10)  Passato  da  casa  Del  Bosco  in  casa  Fatta. 


—  20  — 


Orazio  la  Torre  principe  della  Torre  . 
Antonino  Morreale  marchese  di  Melia  (2) 
Vincenzo  Paterno  barone  di  Bicocca  . 

Vitale  Celestri  marchese  di  S.  Croce  . 

Bernardo  Trigona  marchese  di  Canicarao 
Carlo  Cottone  principe  di  Castelnuovo 
Giovanni  Gioeni  principe  Bologna 
Francesco  d'Angelo  barone  di  Bertolino 
Cristoforo  Benenati  IV  marchese  di  S.  Andrea 
fra  Rodorico  la  Farina  cavaliere  di  Malta  . 
Luigi  Moncada  duca  di  S.  Giovanni  . 
Domenico  Barzellini         ■  . 
Tommaso  Termine  principe  di  Castelter- 
mine  (3) 

Ferdinando  Colonna  duca  di  Reitano  . 
Vincenzo  del  Bosco  principe  di  Belvedere  (4). 
Lucio  Dente  principe  di  Castellazzo 
Antonino  Pilo  ...... 

Emanuele  Vanni  marchese  di  S.  Leonardo  (5). 
Marco  Mancino  V  marchese  delPOgliastro  . 

Francesco  Perollo  . 

Antonino  Federico  conte  di  S.  Giorgio 

Vitale  Valguarnera  principe  di  Gangi  (7) 

Pietro  Garsia  barone  di  Colobria 

Luigi  Gerardo  Giardina  marchese  di  S.  Ninfa 

Giuseppe  Bologna  principe  di  Sabuci  . 
Orazio  Bologna  ...... 

Girolamo  Gravina  principe  di  Montevago  . 
Alessio  Santostefano  marchese  della  Cerda  . 
Diego  Ioppolo  duca  di  Sinagra  . 
fra  Carlo  Riggio  cavaliere  gran  croce  di  Malta 
Ottavio  Trigona  barone  dell'  Imbaccari 

Girolamo  Marassi  duca  di  Pietretagliate  (10). 

Domenico  Antonio  Gravina  conte  Gravina  . 


con  Luigi  la  Farina  marchese  di  Madonia  (1). 
con  Gaspare  Montaperto. 
con  Giuseppe  Alvaro  Paterno  barone  di  Man- 
ganelli. 

con  Giovan  Battista  Paterno  barone  di  Fica- 
razzi. 

con  Vincenzo  Maiorana. 
con  Mario  Vanni. 

con  Antonino  Ventimiglia  conte  di  Prades. 
con  Simone  Sanminiati. 
con  Giuseppe  Pilo  marchese  della  Torretta, 
con  Cristoforo  Pape  duca  di  Pratoameno. 
con  Gaetano  Gallego  principe  di  Militello. 
con  Francesco  Cappero. 

con  Antonio  Cappero. 

con  Giuseppe  Alliata  principe  di  Villafranca. 

con  Giovan  Luigi  Settimo. 

con  Ignazio  Pilo  marchese  di  Marineo. 

con  Placido  Vanni. 

con  Giuseppe  Lucchese. 

con  Giovanni  San  Martino  Ramondetta  duca 

della  Fabrica  (6). 
con  Giovan  Francesco  Ferreri. 
con  Salvatore  Grugno. 

con  Simone  Valguarnera  conte  di  Albons  (8). 
con  Francesco  Galifi. 

con  Giuseppe  Lucchese  marchese  di  Casalge- 

rardo  (9). 
con  Giovan  Battista  Oneto. 
con  Francesco  Oneto. 

con  Francesco  Moncada  conte  di  Cammarata. 
con  Pietro  Moncada. 
con  Niccolò  Termine, 
con  Ignazio  Corvino. 

con  Vincenzo  Aprile  barone  delle  Segrezie  di 

Caltagirone. 
con  Gabriele  Castelli  marchese  di  Motta  di 

Affermo, 
con  Giuseppe  Ugo. 


(1)  Passato  nella  famiglia:  Crescimanno. 

(2)  Passato  nella  famiglia  :  Napoli. 

(3)  Passato  in  casa  Stagno  sotto  la  novella  denominazione  di  Montesalso. 

(4)  Vedi:  nota  fio)  a  pag.  19. 

(5)  Passato  in  casa  Carrozza. 

(6)  Passato  in  casa  Filingeri,  nel  ramo  dei  principi  di  Cutò. 

(7)  Passato  nella  famiglia  Alliata  nel  ramo  dei  principi  di  Villafranca. 

(8)  Sconosciamo  assolutamente  1'  esistenza  di  questo  titolo  di  conte  in  Sicilia  ;  nella 
famiglia  Valguarnera  conosciamo  il  titolo  di  conte  d'Assaro,  passato  in  casa  Alliata  e  quindi 
in  casa  Mantegna  nella  persona  di  Oliva  Mantegna  e  Alliata  in  Lanza. 

(9)  Questo  titolo  passò  in  famiglia  Mango,  ed  oggi,  giusta  il  parere  favorevole  della 
Commissione  Araldica  Siciliana,  spetta  al  signor  Giuseppe  Mango  (di  Antonino  ,  di  Giu- 
seppe, di  Antonino,  primo  acquisitore  in  casa  Mango),  padre  dell'autore  di  queste  pagine. 

(10)  Passato  nella  famiglia  Alliata. 


—  21  — 


Francesco  Spadafora  marchese  della  Roc- 
cella  (i)  

Biagio  de  Spucches  duca  di  S.  Stefano 

Francesco  Antonio  lo  Faso  duca  di  Serradi- 
falco  

Pietro  Opezzinga ...... 

Alessandro  Galletti  marchese  del  Casale  (2). 

Stanislao  Maurigi  ..... 

Antonio  Sandoval  principe  di  Castelreale  (3) 

Francesco  Maria  Rivarola  .... 

Ludovico  Alliata  barone  di  Solanto 

Girolamo  Garsia  marchese  di  Savochetta 

Francesco  Lucchese  duca  Lucchese 

Garsia  Mastrilli  marchese  di  Tortorici 
Ottavio  Valguarnera  marchese  di  S.  Lucia  . 
Giovanni  Valguarnera  ..... 

Giovanni  Vitale  ...... 

Luigi  Maria  Bruno  marchese  di  Torrealta  (7) 
Ignazio  Lanza  conte  di  Mussomeli 
Francesco  Rossel  ..... 

Giulio  Cesare  Caldarera  barone  di  Menta  o 
Raulica  ...... 

Michele  Ardoino  pn'ncipe  di  Alcontres  (9)  . 

Muzio  Spadafora  principe  di  Spadafora 
Andrea  di  Vincenzo  ..... 

Guttierez  della  Valle  barone  di  Valle  d'  oro 
Tommaso  Muzio  barone  di  S.  Antonino 
Giovanni  Antonio  Colonna  Romano  marchese 
di  Fiumedinisi  ..... 

Giovan  Battista  Gravina  .... 

Coriolano  Fardella  ..... 

Carlo  Algaria  barone  di  S.  Giuliano  . 
Giovanni  Ferro  ...... 

Pietro  Emmanuele  ..... 

Giuseppe  Sollima  ..... 

Alberto  Riccio  barone  di  S  Anna  (10). 
Matteo  Spadafora  ..... 

Mariano  Vernagallo  ..... 

Domenico  Orioles  barone  di  Gattaino. 


con  Ignazio  Migliaccio  principe  di  Malvagna. 
con  Biagio  de  Spucches  barone  di  Gaggi. 

con  Vincenzo  Lo  Fasi», 
con  Giuseppe  Opezzinga. 
con  Gaspare  Platamone. 
con  Francesco  Agraz. 

con  Pietro  Filingeri  principe  di  S.  Flavia  (4). 
con  Giuseppe  Alliata. 
con  Nicolò  Notarbartolo. 
con  Francesco  Valdibella  marchese  di  S.  Gia- 
cinto (5). 

con  Pietro   Grimaldi  principe  di  S.  Cate- 
rina (6). 

con  Diego  del  Castillo  marchese  di  S  Isidoro. 

con  Giuseppe  Valguarnera. 

con  Michele  Valguarnera. 

con  Antonio  di  Giovanni. 

con  Marcello  Sieripepoli. 

con  Pietro  Gaetano  principe  di  Cassaro  (8). 

con  Simone  Sitaiolo. 


con  Antonino  Muzio  barone  di  Grottarossa. 
con  Guttierez  Spadafora   marchese  di  Polla- 
stre Ili. 

con  Giuseppe  Spadafora. 
con  Antonino  Spadafora. 
con  Girolamo  Calvello. 

con  Giuseppe  Bruetti  barone  di  S.  Domenica. 

con  Francesco  Valguarnera. 

con  Michele  Reggio 

con  Scipione  di  Blasi. 

cou  Giulio  Pollastra. 

con  Baldassare  Ferro. 

con  Placido  Riccio. 

con  Antonino  Lanza. 

con  Bernardo  Giusino  duca  di  Belsito. 

con  Gregorio  Castelli. 

con  Francesco  la  Lumia. 

con  Giuseppe  Iacona. 


(1)  Passito  in  casa  Ascenso  ed  oggi  di  spettanza  del  signor  Alonso  Alberto  Monroy 
principe  di  xMaletto  figlio  di  Francesca  Àscenso. 

(2)  Passato  in  casa  Bonomo,  indi  in  casa  Zuaro  i*d  oggi  di  spettanza  della  famiglia 
Avarna. 

(3)  Passato  in  casa  Notarbartolo  nel  ramo  dei  principi  di  Sciara. 

(4)  Passato  in  casa  Gravina  nel  ramo  dei  principi  di  Rammacca. 

(5)  Passato  in  casa  Mira. 

(6)  Passato  in  casa  Giardina. 

(7)  Passato  in  casa  Emanuele. 

(8)  Passato  in  casa  Statella. 

(9)  Passato  in  casa  Stagno. 

(10)  Passato  in  casa  Monroy,  nel  ramo  dei  principi  di  Pandolfina. 


—  22  — 


Dopo  i  nobili  venivano  i  razionali  del  Real  Patrimonio  :  Severino  Pel- 
legrino, Girolamo  Lombardo.  Antonino  Palermo  ,  Bernardino  Denti ,  Carlo 
Cardia,  Matteo  Asciutto,  Lorenzo  Ottone  ;  i  procuratoti  fiscali  della  Gran 
Corte  :  Alessandro  Accomando,  Andrea  Maida,  Michele  Madrenfi,  Pietro  Mar- 
ziani, Giacinto  Bongiovanni;  e  i  segretarii  del  regno  :  Giovan  Battista  Bon- 
gio vanni,  Girolamo  Baffico,  Marco  Antonio  Ducei  protonotaro  della  Camera 
Reginale,  Onofrio  Jannó  segretario  e  maestro  notaro  del  Tribunale  del  Real 
Patrimonio  e  Giacomo  Chiavarello. 

Poscia  tra  i  ministri  del  Sacro  Consiglio  su  cavalli  coperti  con  gual- 
drappe di  velluto  nero  stavano  i  prelati  ed  abbati  parlamentari  cavalcanti  mule 
coperte  di  gualdrappe  di  velluto  nero  o  violaceo. 

Andavano  disposti  nel  seguente  modo  :  tra  Vincenzo  Ugo  presidente 
della  R.  Gran  Corte  e  Giuseppe  Fernandez  de  Medrano  marchese  di  Moni  - 
pilieri  presidente  del  R.  Patrimonio  stavano:  l'illustrissimo  fra  Don  Giuseppe 
Gasch  arcivescovo  di  Palermo  e  Asdrubale  Termine  vescovo  di  Siragusa;  loro 
seguiva  il  presidente  del  Concistoro  :  Casimiro  Drago;  tra  Casimiro  Nicosia 
giudice  della  G.  Corte  Criminale  e  Giuseppe  Valguarnera  principe  di  Niscemi 
maestro  razionale  cavaliere  del  R.  Patrimonio  stavano:  Fra  Matteo  Muscello 
da  S.  Stefano  vescovo  di  Cefalù  e  Bartolomeo  Castelli  vescovo  di  Mazzara; 
tra  Pietro  Sartorio  giudice  della  R.  Gran  Corte  Criminale  e  Calogero  Co- 
lonna Romano  duca  di  Cesaró  maestro  razionale  cavaliere  del  R.  Patrimonio: 
Oronzio  Salinari  prelato  ponente  d'immunità  e  Francesco  Maria  Patti  pre- 
lato votante  di  segnatura;  tra  Francesco  Maria  Cavallaro  giudice  della  Gran 
Corte  Civile  e  Antonino  Nigrì  maestro  razionale  del  R.  Patrimonio  :  Fran- 
cesco Barbara  abate  di  S.  Lucia  cappellano  maggiore  del  Regno  e  Andrea 
Marini  abate  di  S.  Giovanni  l'Eremiti;  tra  Antonio  di  Virgilio  giudice  della 
Gran  Corte  Civile  e  Tommaso  Bonifacio  maestro  razionale  togato  del  real 
Patrimonio  :  Pietro  Sandoval  abate  di  S.  Maria  di  Gala  e  Lorenzo  Gioeni 
abate  di  S.  Michele  di  Troina;  tra  Onofrio  Buglio  giudice  della  Gran  Corte 
Civile  e  Benedetto  Gismondi  maestro  razionale  togato  del  R.  Patrimonio: 
Francesco  Catena  abate  di  S.  Maria  dei  Bordinari  e  l'abate  Giovanni  Filin- 
geri  priore  di  S.  Andrea  di  Piazza;  tra  Francesco  Moncada  principe  di  Lar- 
deria  maestro  razionale  cavaliere  del  R.  Patrimonio  e  Giuseppe  conte  Avarna 
maestro  razionale  cavaliere  del  R.  Patrimonio:  Antonino  Scoma  abate  di 
S.  Caterina  di  Linguaglossa  e  padre  Onorato  Salerno  cassinese  abate  di  S.  Mar- 
tino delle  Scale;  tra  Muzio  Spadafora  principe  di  Venetico  e  Giovanni  San 
Martino  di  Ramondetta  duca  di  Montalbo  maestri  razionali  cavalieri  del 
R.  Patrimonio  :  l'abate  padre  Michele  del  Giudice  cassinese  priore  della  me- 
tropolitana di  Monreale  e  Giuseppe  Gioeni  abate  di  S.  Maria  di  Pedala;  tra 
Cristoforo  d'Amico  maestro  razionale  togato  del  R.  Patrimonio  e  Giuseppe 
Reggio  marchese  della  Ginestra  maestro  razionale  cavaliere  del  R.  Patrimo- 
nio :  Francesca  Giacchetto  abate  di  S.  Anna  delle  Scale  e  Giovanni  Giusino 
abate  di  S.  Maria  dell'Arco  ;  tra  Niccolò  Pensabene  avvocato  fiscale  della 
Regia  Gran  Corte  e  Domenico  Papé  duca  di  Giampilieri  protonotaro  del  Regno 
stava  l'abate  Giovanni  Branciforte  priore  di  S.  Maria  di  Burgitabus;  in  ultimo 
venivano  i  giudici  del  Concistoro  :  Antonino  del  Giudice,  Girolamo  Arena 
e  Ignazio  Perlongo  ed  il  maestro  segreto  Corrado  Antonio  de  Aguilera.  — 


—  23  — 


Immediatamente  dopo  il  Sacro  Consiglio  venivano  i  mazzieri  del  Senato  : 
Francesco  Pelino  e  Giuseppe  Sapone  con  la  sopraveste  di  broccato  d'oro  e 
con  le  mazze  d'argento  dorato,  e  dietro  a  loro,  su  un  hello  e  mansueto  ca- 
vallo, Giovan  Luigi  Spinola  principe  di  Gran  Monte  tesoriere  generale  del 
regno,  che  venia  gettando  a  piene  mani  sul  popolo  monete  d'argento,  nuove 
di  zecca,  con  l'effigie  di  Vittorio  Amedeo  II  di  Savoia. 

Ma  l'oro  che  in  ogni  tempo  è  stato  leva  potente  e  causa  d'ogni  sorta  di 
delitti  in  quel  momento  nessuna  impressione  destava  nel  popolo  nostro,  che 
tutti  ritti  sulle  punte  dei  piedi,  con  gli  occhi  fissi,  guardavano  il  ricco  baldac- 
chino color  di  fiamma,  sotto  il  quale  stavano  i  sovrani,  che  lentamente  s'a- 
vanzava. —  E  se  non  del  tutto,  quasi  quasi  passaron  inosservati  agli  occhi 
dei  più  i  cavalieri  della  corte  dei  nuovi  ed  amati  sovrani  che  venivan  dietro 
al  principe  di  Gran  Monte.  —  Eran  dessi  :  il  conte  d'Ag'iè,  il  cavalier  Bonzo 
e  il  conte  Balangero  gentiluomini  di  bocca;  il  cavalier  della  Rocca  e  il  ca- 
valier Giobbi  maggiordomi;  l'abate  di  Gattinara  e  l'abate  di  S.  Giorgio  ele- 
mosinieri; il  marchese  Mossi,  il  conte  di  Pocapaglia,  il  conte  di  Rivalora,  il 
marchese  Roddi,  il  marchese  di  Melazzo  ,  il  marchese  Ghillini  ed  il  conte 
marchese  di  Geraci  gentiluomini  di  camera;  il  conte  di  Ziano  ed  il  cavalier 
Guerra  primi  scudieri  della  Regina,  il  marchese  di  Lucey  gran  maestro  della 
guardarobba;  il  conte  di  Cartos  primo  scudiere  del  Re  ed  il  marchese  di 
S.  Tommaso  cavaliere  della  SS.  Annunziata,  primo  ministro  e  segretario  di 
Stato  di  Sua  Maestà.  —  Ma  se  questi  cavalieri  passaron  per  caso  inosservati 
agli  occhi  dei  più  non  può  assolutamente  dirsi  altrettanto  di  Nicolò  Placido 
Branciforte  principe  di  Butera,  primo  titolo  del  Regno,  il  quale  portava  lo  sten- 
dardo reale,  che,  dice  il  Vitale,  venia  sventolato  dalle  voci  di  tutto  il  popolo, 
che  gli  fiatava  attorno  :  Viva  il  Re  Vittorio  Amedeo  !  Viva  il  Re  !  —  Dopo  il 
Butera  veniva,  portato  a  mano  da  un  palafreniere,  il  cavallo  donato  al  Re  dal 
Senato  di  Palermo,  uno  dei  puledri  più  belli  della  scuderia  del  pretore  prin- 
cipe di  Scordia  con  una  sella  che  era  davvero  una  magnificenza. 

Vicino  al  cavallo,  un  po'  in  avanti,  veniva  il  principe  Tommaso  di  Sa- 
voia —  Finalmente  s'avanzava  lo  splendido  baldacchino  sotto  al  quale  stavano 
i  sovrani;  era  desso  con  sei  aste  che  venivan  tenute  da  cinque  senatori  :  Antonio 
Bellacera,  Niccolò  Santostefano,  Francesco  Eredia,  Pietro  Gismondi  e  Giro- 
lamo Pilo  ed  in  mancanza  di  Giovanni  Aoiz  sesto  senatore  ,  ammalato  ,  da 
Gaetano  Celesia  regio  maestro  notaro  del  Senato.  —  La  staffa  del  Re  era  te- 
nuta da  Ottavio  Lanza  principe  di  Trabia  e  quella  della  Regina  dal  pretore 
Giuseppe  Branciforte  principe  di  Scordia.  —  Dietro  alle  Loro  Maestà  venivano 
Alonzo  Agraz  marchese  dell'  Unia  secreto  delle  regie  dogane  e  il  marchese 
di  San  Severino  luogotenente  delle  Guardie  del  Corpo,  attorno  ad  esse  i  se- 
condi scudieri  :  marchese  della  Chiusa,  marchese  Dogliani,  cavaliere  di  Cha- 
lant,  conte  della  Manta  e  conte  Massello.  —  Vicino  alla  man  destra  del  Re: 
il  marchese  Pallavicino  grande  scudiere  che  portava  la  spada  reale  sguainata; 
e  vicino  alla  Regina  il  conte  di  Covone  suo  cavalier  d'  onore.  —  Dietro  al 
Re  veniva  il  marchese  di  Tournon  capitano  delle  guardie  del  corpo  e  dietro 
a  lui  a  destra  il  marchese  di  S.  Giorgio  gran  maestro  della  casa  reale  ed  a 
sinistra  il  marchese  della  Pierre  gran  ciambellano,  seguiti  dal  marchese  d'An- 
grogna  gran  maestro  di  cerimonie  che  precedeva  le  dame  e  figlie   d'  onore 


—  24  — 


della  regina:  la  principessa  della  Cisterna  prima  dama  d'onore,  la  marchesa 
di  Chatillon  dama  d'atour(i),  la  marchesa  di  S.  Tommaso,  la  contessa  della 
Rocca,  la  contessa  Provana  e  la  marchesa  d'Andorno  dame  d'onore,  mada- 
migella di  Berzé,  madamigella  di  Bersolo,  madamigella  Doria  di  Ciriè,  ma- 
damigella di  Costiliole,  madamigella  di  Rhebinder,  madamigella  delle  Lance 
figlie  d'  onore  con  la  loro  governante  la  contessa  Vassallo.  —  Fiancheg- 
giavano il  baldacchino,  sotto  al  quale  stavano  i  sovrani,  le  guardie  del  corpo 
e  le  guardie  svizzere  con  i  loro  capitani  alla  testa  e  chiudevano  la  caval- 
cata altre  guardie  del  corpo  seguite  dalle  carrozze  di  corte  e  da  quelle  dell'ar- 
civescovo di  Palermo,  dei  vescovi  del  regno, dei  cavalieri  dell'ordine  dell'Annun- 
ziata, del  principe  di  Butera,  del  principe  di  Trabia  e  del  Senato  di  Palermo. 

Giunta  la  cavalcata  a  vista  di  Porta  dei  Greci,  l'arcivescovo  di  Palermo 
col  capitolo  e  clero,  staccatosi  dal  corteo,  attese  i  sovrani,  i  quali,  prima  che 
passassero  sotto  il  primo  superbo  arco  trionfale,  eretto  a  spese  del  senato,  sce- 
sero da  cavallo  ed  inginocchiatisi  sopra  due  cuscini  di  velluto,  loro  porti  dai 
rispettivi  elemosinieri,  baciarono  la  croce  che  il  prelato  loro  presentava.  —  Ri- 
saliti indi  a  cavallo,  la  cavalcata  si  rimise  in  moto,  e  giunti  che  si  fu  a  Porta 
Felice  il  pretore  principe  di  Scordia  si  staccò  dalla  staffa  della  regina  ,  s' av- 
vicinò al  Re  e  prendendo  dalle  mani  del  sergente  maggiore  un  vassoio  d'ar- 
gento, dentro  il  quale  slavati  le  chiavi  d'oro  della  città,  lo  porse  al  Re  dicendo: 
«  Signore,  con  la  più  grande  allegrerà  e  volontà  si  sommette  a  pie'  della 
Maestà  Vostra  Palermo  capo  di  questo  Regno.  —  Ter  le  mie  mani  consegna  alla 
destra  gloriosa  di  Vostra  Maestà  le  chiavi  delle  sue  porte ,  e  nelY  istesso  tempo 
quelle  del  cuore  fedelissimo  di  tutti  i  cittadini,  pronti  con  la  vita  e  col  sangue  al 
maggior  servigio  della  Vostra  Real  Corona  »  —  Commosso  prese  Vittorio  Amedeo  le 
chiavi,  e,  con  gran  degnazione  ed  in  pegno  di  fiducia,  le  riconsegnò  al  Pretore. 

In  questo  punto  tuonarono  le  artiglierie  della  città  e  la  cavalcata  si  ri- 
mise in  moto.  —  Giunta  ai  Quattro  Canti  di  città  il  Re  ordinò  che  si  so- 
stasse un  tantino  e  porse  l'orecchio  al  dialogo,  tra  la  Fama,  i  fiumi  Oreto 
e  Dora,  la  Sicilia  e  il  Piemonte,  che  veniva  recitato. 

Era  lavoro  dell'abate  Pietro  Vitale,  segretario  del  Senato  di  Palermo,  che 
in  esso  tutta  la  sua  arte  trasfuse;  ed  era  musicato  da  Ignazio  Pollice  maestro 
di  cappella  ordinario  dell'istesso  Senato.  —  Ad  un  coro  di  ninfe,  che  tra  l'altro 
dicevano  :  fl  biondo  Qreto 

Stretto  alla  Dora 
Più  lume  acquista 
Quando  s'indora; 
D'ardor  più  lieto, 
Fin  quando  irrora 
Non  mai  fu  vista 
Brillar  l'Aurora 

sentivasi  la  Dora  rispondere  : 

Vago  fiume,  che  amaro  e  doglioso 
Mormorasti  d'un  cielo  tiranno, 
Sorgi  allegro,  e  ti  abbraccia  con  me, 
Il  tuo  corso  fia  dolce;  e  brioso 
In  tripudio  ti  cangia  ogni  affanno 
Il  mio  Rege,  che  splende  tuo  Re. 

(i)  Quella  che  sopraintendeva  all'abbigliamento  della  regina. 


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Ed  alla  patetica  lamentazione  del  Piemonte  per  la  partenza  di  Vittorio 
Amedeo  : 

E  perchè  mi  abbandoni,  e  perchè  altrove 

Porti  la  destra  e  '1  viso 

A  render  Paradiso 

Un  altro  cielo  ?  Ahi  teco 

Mio  figlio,  mio  Signor,  mio  Re,  mio  Duce, 

Felicitade,  Astrea,  valor  si  adduce, 

Da  te  lontano,  e  derelitto,  e  solo 

Gelo  d'Alpi  mi  avanza,  ed  ombra,  e  duolo. 

Qual  di  voi  stelle  incostanti 

La  mia  gloria,  il  mio  tesoro 

Il  mio  prence  m'involò 

Dove  va,  trovar  si  vanti 

Re°;io  scettro  e  serto  d'oro 

Ma  il  mio  cuor  trovar  noi,  può. 

molto  affettuosamente  rispondeva  la  Sicilia  : 

Tergi  da  le  pupille 

Le  reliquie  del  duo]  Piemonte  amato, 

Nè  del  mio  chiaro  fato 

Le  calme  sì  tranquille 

Il  tuo  fosco  sospir  turbi  et  adombre, 

Lascia  il  duolo  importur.,  sorgi  da  l'ombre 

Mira  il  tuo  re,  già  mio 

Quanto  largo  fulgor  dal  soglio  spande. 

Vedi  l'anima  grande 

Di  quanti  rai  la  mia  corona  indora. 

Di  qua  vedrai  quanto  splendor  t'accresce, 

Di  qua  t'illustra  più.  D'opre  più  chiare 

La  Maestà  feconda, 

Non  che  il  Piemonte,  il  mondo  tutto  inonda, 

Brilla  e  godi;  e  il  mio  piacer 

Ti  sia  fertile  di  goder  : 

Stringa  gioia  commune  i  cori  amici; 

Dal  mio  trono  il  tuo  gran  Re 

Stende  raggi  per  me,  per  te 

E  diffonde  ad  entrambi  anni  felici. 

Quindi  il  Re,  commosso,  ordinò  che  la  cavalcata  si  avanzasse  ,  mentre 
strepitosi  ed  infiniti  gridi  d'applauso  e  di  giubilo  risuonavano  per  l'aria.  Fi- 
nalmente si  arrivò  alla  Cattedrale  ,  dove  le  Loro  Maestà  ricevettero  1'  acqua 
benedetta  da  Monsignor  Arcivescovo,  che,  vestito  pontificalmente  e  accompa- 
gnato dal  capitolo  e  clero,  si  diresse  verso  l'altare  maggiore  intuonando  il 
Te  Deum.  Frattanto  tuonavano  le  artiglierie,  suonavano  le  trombe  e  le  cam- 
pane, rullavano  i  tamburi.  Le  guardie  della  Porta  con  i  loro  ufficiali  alla 
testa  si  schierarono  nella  nave  di  mezzo,  le  guardie  del  corpo  si  schierarono 
nella  nave  laterale  sinistra,  guardando  dall'altare  maggiore,  e  le  guardie  sviz- 
zere nella  nave  laterale  destra.  Tra  il  coro  e  l'aitar  maggiore,  nel  corno  del 
Vangelo,  era  disposto  il  trono  con  ricco  baldacchino  e  con  due  sedie  a  brac- 
chieri, dove  presero  posto  il  Re  e  la  Regina.  Sopra  l'ultimo  gradino  del  trono, 
sopra  un  cuscino  di  velluto,  stava  seduto  il  principe  Tommaso  di  Savoia.  Sul 
pavimento  tre  passi  lontani  dal  trono,  ritto  in  piedi,  si  vedeva  il  principe  di 


Butera  con  lo  stendardo  reale  in  mano;  più  indietro  del  principe  Tommaso, 
pur  sui  gradini  del  trono,  il  capitano  della  guardia  ed  i  cavalieri  d'onore  della 
regina,  rimpetto  all'altare  i  cavalieri  dell'ordine  dell'Annunziata.  —  Vicini  alla 
sedia  dell'Arcivescovo,  verso  i  gradini  che  vanno  nel  coro,  stavano  il  primo 
scudiere  del  re  e  della  regina  di  servizio  ed  il  gentiluomo  di  camera  ;  alla 
destra  della  detta  sedia  stava  il  marchese  d'Angrogna  gran  maestro  di  ceri- 
monie. —  La  nobiltà  era  alla  rinfusa  dentro  la  cancellata. 

Terminate  le  funzioni  e  data  dall'arcivescovo  la  benedizione  episcopale, 
il  re  si  copri  ed  il  gentiluomo  di  camera  fece  portare  da  due  aiutanti  di  ca- 
mera innanzi  a  Vittorio  Amedeo  un  tavolo  coperto  con  un  finissimo  tappeto, 
sopra  del  quale  stava  un  cuscino;  indi  l'elemosiniere  di  Sua  Maestà  il  Re 
pose  sopra  il  cuscino  un  messale  aperto.,  nel  luogo  dei  Vangeli  ed  un  croce- 
fisso, consegnatigli  da  un  cappellano  di  casa  reale.  —  Il  re  allora  diede  ordine 
al  Protonotaro  del  Regno  che  leggesse  la  formula  del  giuramento  di  fedeltà 
ed  omaggio  da  giurarsi  dai  tre  bracci  del  parlamento  del  Regno:  ecclesiastico, 
militare  e  demaniale,  ed  il  Protonotaro,  con  chiara  ed  intelligibile  voce,  lesse 
la  formula  seguente  :  Nos  omnes  tria  brachici  :  ecclesiasticum,  militare  et  dema- 
niale huius  fidèlissimi  regni  Siciliae  tatuili  et  universum  hoc  dietimi  regnum  rap- 
presentantes ,  per  nos  et  successores  nostros  promictimus  ac  in  nostros  et  princi- 
paìium  nostrorum  constìtuentiuin  animos  vigore  procurationum ,  quae  in  officio 
regni  Trothonotarii  conscrvantur,  iuramus  per  Deum  onnipoteniem  super  sanctam 
cruccili  Domini  nostri  Jesu  Christi  et  sancta  Eius  quatuor  evangelia  corani  nobis 
exposita  et  per  nos  corporali  ter  et  manualiter  tacta  in  posse  Tuae  'Regiae  VvCaie- 
statis ,  nos  acceptare  atque  habere  et  deinceps  habituros  regiam  tuam  maiestatem 
dei  gratia  regem  in  huius  Siciliae  regni  veruni  Regem  et  Dominum  nostrum  na- 
turaìem  hinc  et  deinceps  usque  ad  ultimam  nostrae  vitae  diem,  tuaeqne  regiae  ma- 
icstati  nos  fideles  fore  pollicemur  et  ubique,  totis  animi  corporisque  viribus ,  cona- 
turos  ut  a  predicta  tua  regia  maiestate  omnem  iniuriam,  contumeliam,  prodi  ctionem, 
f raudem  et  dolimi  perpulsemus  et  iuos  ostes  oppugnemus,  quod  si  quid  in  lui  sacri 
capitis  perniciem  machinatum  noverimus  projitemur  id  nos  nequaquam  celaturos  sed 
indicaturos,  et  Consilio,  favore,  quibuscumque  modis  poterimus  auxilium  saluti  tuae 
et  felicitati  tuendae  ac  dejendendae  prestituros. 

Finita  di  leggere  la  detta  formula  il  protonotaro  comiiició  a  chiamare 
coloro  che  eran  presenti  del  braccio  ecclesiastico,  che,  piegando  le  ginocchia 
a  terra  e  ponendo  le  mani  sopra  il  messale  ,  rispondevano  :  Così  lo  giuro  al 
protonotaro  che  loro  dirigeva  la  domanda  :  Giura  Ella  a  Sua  Maestà  fedeltà 
et  omaggio,  secondo  la  forma  del  giuramento  da  me  letta?  —  Primo  giurò 
fra  Don  Giuseppe  Gasch  arcivescovo  di  Palermo,  indi  il  vescovo  di  Siragusa 
e  quello  di  Cefalù.  l'abate  di  S.  Giovanni  degli  Eremiti,  di  S.  Maria  della 
Grotta,  di  S.  Maria  di  Gala,  di  S.  Michele  di  Traina,  di  S.  Gregorio  Ae\  Gi- 
biso,  di  S.  Maria  di  Roccadia,  di  S.  Filippo  de  Grandis,  il  Priore  di  S.  An- 
drea di  Piazza,  l'abate  di  S.  Caterina  di  Linguaglossa,  l'abate  di  S.  Martino 
delle  Scale,  il  precettore  di  S.  Calogero,  il  priore  di  Monreale  ,  1'  abate  di 
S.  Maria  di  Pedala,  l'abate  di  S.  Maria  di  Portella,  e  l'abate  di  S.  Maria 
dell'Arco. 

Finito  di  prestar  giuramento  il  braccio  ecclesiastico,  prestò,  con  le  stesse 


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formalità,  giuramento  il  braccio  militare  a  cominciare  dal  primo  titolo  del 
regno  :  Nicolò  Placido  Branciforte  principe  di  Butera,  che.  nell'andare  a  giu- 
rare, consegnò  lo  stendardo  reale  ad  Ottavio  Lanza  principe  di  Trahia,  il 
quale  nella  cavalcata  rappresentava  il  secondo  titolo  del  regno. 

Dietro  a  lui  giurarono  :  i  principi  di  Pietraperzia  ((),  Castelbuono  (2), 
Trabia  (3),  Villafranca  (4),  Roccafiorita  (5),  Maletto  (6),  Cattolica  (7),  Leon- 
forte  (8),  Carini  (9),  Castelnuovo  fio),  Campofranco  (n),  Aragona  (12), 
Scordia  (13),  Valguarnera  (14),  Baucina  (15),  Buccheri  (16),  Resuttana  (17), 
Partanna  (18),  Malvagna  (19),  Monforte  (20),  Palagonia  (21).    Gangi  (22), 


(1)  Questo  titolo  concesso  nel  1564  a  Pietro  Barresi,  all'abolizione  della  feudalità  era 
in  casa  Branciforte  ed   oggi  in  casa  Lanza. 

(2)  Concesso  nel  1595  a  Giovanni  Ventimiglia  è  ancor  oggi  nella  stessa  famiglia. 

(3)  Concesso  nel  1601  ad  Ottavio  Lanza  e  tuttora  in  questa  famiglia  nella  persona 
di  :  Pietro  Lanza  e  Galeotti  deputato  al  parlamento  cavaliere  di  Malta  etc. 

(4)  Concesso  nel  1609  a  Francesco  Alliata  è  tuttora  in  questa  famiglia  nella  persona 
di  Giuseppe  Alliata  e  Lo  Paso 

(5)  Concesso  nel  1613  a  Pietro  Balsamo  all'abolizione  della  feudalità  era  in  casa  Bo- 
nanno. 

(6)  Concesso  nel  16 19  a  Micbele  Spadafora  spetta  oggi  al  signor  :  Alonso  Alberto 
Monroy  Ascenso. 

(7)  Concesso  nel  1620  a  Giovanna  Isfar  all'abolizione  della  feudalità  era  in  casa  Bonanno. 

(8)  Concesso  a  Nicolò  Branciforte  nel  1622  era  in  questa  stessa  famiglia  all'abolizione 
della  feudalità,  ed  oggi  è  in  casa  Lanza. 

(9)  Concesso  nel  1622  a  Vincenzo  La  Grua  ,  all'abolizione  della  feudalità  era  ancor 
nella  stessa  famiglia. 

(10)  Concesso  a  Girolamo  Cottone  nel  1623,  all'abolizione  della  feudalità  si  conser- 
vava dalla  stessa  famiglia. 

(11)  Concesso  nel  1625  a  Fabrizio  Lucchese  è  tuttora  nella  sua  famiglia. 

(12)  Concesso  a  Luigi  Naselli  nel  1625,  era  nella  stessa  famiglia  all'abolizione  della 
feudalità. 

(13)  Concesso  nel  1626  ad  Antonio  Branciforte  è  oggi  in  casa  Lanza  nella  persona 
di  Pietro  Lanza  e  Galeotti. 

fi 4)  Concesso  a  Giuseppe  Valguarnera  nel  1626  è  oggi  in  casa  Alliata,  nella  persona 
di  Giuseppe  Alliata  e  Lo  Faso. 

(15)  Concesso  nel  1626  a  Mariano  Migliaccio  è  oggi  in  casa  Di  Maria,  nella  persona 
di  Francesca  di  Maria-Termine,  Dama  di  palazzo  della  Regina  d'Italia. 

(16)  Concesso  a  Girolamo  Morra  nel  1627  spetta  oggi  al  signor  Giuseppe  Alliata  e  Lo  Faso. 

(17)  Concesso  nel  1627  a  Girolamo  Napoli,  all'abolizione  della  feudalità  era  ancora 
in  questa  famiglia. 

(18)  Concesso  a  Guglielmo  Grifeo  nel  1627,  era  ancor  nella  sua  famiglia  all'aboli- 
zione della  feudalità. 

(19)  Concesso  nel  1627  a  Giovanni  Lanza,  all'abolizione  della  feudalità  era  in  casa 
Migliaccio. 

(20)  Concesso  a  Giuseppe  Moncada  nel  1628  è  ancor  oggi  nella  sua  famiglia. 

(21)  Concesso  nel  1629  a  Ludovico  Gravina,  all'abolizione  della  feudalità  era  ancor 
nella  sua  famiglia. 

(22)  Concesso  a  Francesco  Grifeo  nel  1629  è  passato  oggi  in  casa  Alliata. 


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Casteltermine  (i),  Venetico  (2),  Cassaro  (3J,  Castrorao  (4),  Biscari  (5), 
Mezzoiuso  (6) ,  Tre  Castagne  (7) ,  Montevago  (8) ,  RafTadali  (y)  ,  Mili- 
tello  Val  Demone  (10),  Cerami  (11),  Sciara(i2),  Comitini  (13),  Furnari  (14L 
e  Lercara  (15),  i  duchi  di  S.  Giovanni  (16),  di  Misilmeri  (17),  di  Montai  - 
bano  (18),  di  Salaparuta  (19),  di  S.  Michele  (20)  ,  di  Castrofìlippo  (21), 
di  Ciminna  ^22),  di  Campobello  (25),  di  Palma  ("24),  di  Reitano  (25J,  di  S.  Lu- 
cia (26),  di  Sinagra  (27),  di  Piraino  (28),  di  Serradifalco  (29) ,  di  Gualteri  (30), 


(1)  Concesso  nel  1629  ;i  Giovan  Vincenzo  Termine  passò  poscia  nella  casa  Stagno 
con  la  denominazione  di  Montesalso. 

(2)  Concesso  a  Francesco  Spadafora  nel  1629,  spetta  oggi  al  sig.  Alonso  Alberto  Monroy. 

(3)  Concesso  nel  163  1  a  Cesare  Gaetani,  all'abolizione  della  feudalità  era  in  casa  Statella. 

(4)  Concesso  a  Placido  di  Giovanni  nel  1632  è  ora  in  casa  Alitata. 

(5)  Concesso  nel  1633  ad  Agatino  Paterno  è  ancor  nella  sua  famiglia. 

(6)  Concesso  a  Blasco  Corvino  nel  1638,  all'abolizione  della  feudalità  era  ancor  nella 
sua  famiglia. 

(7)  Concesso  nel  164 1  a  Domenico  Di  Giovanni  è  oggi  in  casa  Alitata. 

(8)  Concesso  a  Rutilio  Scirotta  nel  1641  è  oggi  in  casa  Gravina. 

(9)  Concesso  nel  1650  a  Giuseppe  Montaperto  ,  spetta   oggi   alla  signora  Antonia 
Montaperto  in  Tortorici. 

(10)  Concesso  a  Luigi  Gallego  nel  1662,  all'abolizione  della  feudalità  era  ancor  nella 
sua  famiglia. 

(11)  Concesso  nel  1673  a  Francesco  Rosso,  era  ancor  nella  sua  famiglia  all'aboli- 
zione della  feudalità. 

(12)  Concesso  a  Filippo  Notarbartolo  nel  1671  è  ancor  nella  sua  famiglia. 

(13)  Concesso  nel  1673  a  Michele  Gravina,  è  ancor  oggi  nella  sua  famiglia. 

(14)  Concesso  ad  Antonio  Marziani  nel  1692  spetta  oggi  al  signor  :  Pietro  Notarbar- 
tolo Lucchese  Palli  duca  di  Villarosa. 

(15)  Concesso  nel  1708  a  Giuseppe  Scammacca,  era  all'abolizione  della  feudalità  in 
casa  Gravina. 

(16)  Concesso  ad  Ercole  Branciforti  nel  1587  spetta  oggi  al  signor  :  Pietro  Moncada 
Starrabba  cavaliere  di  Malta. 

(17)  Concesso  nel  1600  a  Francesco  del  Bosco,  era  all'abolizione  della  feudalità  in  casa 
Bonanno. 

(18)  Concesso  a  Giacomo  Bonanno  nel  1623,  all'abolizione  della  feudalità  era  ancor 
nella  sua  famiglia. 

(19)  Concesso  nel  1625  a  Francesco  Alliata,  è  ancor  oggi  nella  sua  famiglia. 

(20)  Concesso  a  Giovanni  Gravina  nel  1625,  è  ancora  in  questa  famiglia. 

(21)  Concesso  nel  1625  a  Visconte  Cicala1,  all'abolizione  della  feudalità  era  in  casa 
Monreale. 

f22)  Concesso  nel  1634  a  Mario  Grifeo,  era  all'abolizione  della  feudalità  ancora  nella 
sua  famiglia. 

(23)  Concesso  nel  1638  a  Giuseppe  Napoli,  spetta  oggi  al  signor  Federico  di  Napoli 
e  Galluzzo. 

(24)  Concesso  a  Giulio  Tornasi  nel  1638,   spetta  oggi  al  signor  Giuseppe  Tornasi. 

(25)  Concesso  nel  1639  a  Francesco  Colonna  Romano,  all'abolizione  della  feudalità  era 
ancor  nella  sua  famiglia. 

(26)  Concesso  a  Nicolò  Placido  Branciforti  nel  165 1  è  oggi  in  casa  Lanza, 

(27)  Concesso  neli654aGirolamoIoppolo,erain  casa  Sandoval all'abolizione  della  feudalità. 

(28)  Concesso  a  Vincenzo  Denti  nel  1656,  era  ancor  nella  sua  famiglia  all'abolizione 
della  feudalità. 

(29)  Concesso  nel  1^64  a  Leonardo  Lo  Faso,  era  all'abolizione  della  feudalità  ancor 
nella  sua  famiglia. 

(30J  Concesso  a  Domenico  Marino  nel  1625,  è  oggi  in  casa  Avarna. 


—  20  — 


di  Saponara  (i),  e  di  Cesarò  (2);  i  marchesi  di  Ceraci  (3),  di  Militello  (4), 
di  Barrafranca  (;),  di  Francofonte  (6),  di  Giarratana  (7),  di  Sambuca  (8), 
di  Roccella  (9^,  di  Montemaggiore  (10),  di  Spaccaforno  fu),  di  Limina  (12), 
di  S.  Croce  (i])  di  Sortino  (14),  di  Motta  d'Affermo  fi;),  di  Montaperto  (16), 
di  Gibellina  fi 7),  di  S.  Ninfa  (18),  di  S.  Martino  (19J  ,  di  Altavilla  (20), 
di  Delia  (21),  di  S.  Cataldo  (22),  di  Ogliastro  (23),  di  Lucca  (24),  di  Ca- 
pizzi  (25),  e  dei  Martini  (26);  i  conti  di  Cammarata  (2-/),  di  Mazzarino  (28) 


(1)  Concesso  nel  1682  a  Vincenzo  di  Giovanni,  è  oggi  in  casa  Alliata. 

(2)  Concesso  a  Giovanni  Antonio  [oppolo  nel  1693,  era  in  casa  Colonna  Romano 
all'abolizione  della  feudalità. 

(3)  Concesso  nel  1443  ?  a  Giovanni  Ventimiglia,   è  ancor  oggi  in  questa  famiglia. 

(4)  Concesso  a  Vincenzo  Barresi  nel  1564  è  oggi  in  casa  Lanza. 

(5)  Concesso  nel  1564  a  Pietro  Barresi,  è  oggi  in  casa  Lanza. 

(6)  Concesso  a  Girolamo  Gravina  nel  1565,  era  ancor  in  questa  famiglia  all'aboli- 
zione della  feudalità. 

(7)  Concesso  nel  1569  a  Carlo  Settimo,  spetta  oggi  al  signor  Girolamo  Settimo  gen- 
tiluomo di  corte  di  S.  M.  la  Regina  d'Italia. 

(8)  Concesso  a  Nicolò  Mastrantonio  nel  1570  spetta  oggi  al  signor  Pietro  Paolo 
Beccadelli  di  Bologna  senatore  del  regno. 

(9)  Concesso  nel  1570  a  Michele  Spadafora  spetta  oggi  al  signor  Alonso  Alberto 
Monroy. 

(10)  Concesso  a  Mariano  Migliaccio  nel  1598  spetta  oggi  alla  signora  Francesca  di 
Maria  Termine  dama  di  palazzo  della  Regina  d'Italia. 

(11)  Concesso  nel  1598  a  Francesco  Statella  era  ancor  in  questa  famiglia  all'abolizione 
della  feudalità. 

j'12)  Concesso  a  Pietro  Balsamo  nel  1599,  era  in  casa  Bonanno  all'abolizione  della 
feudalità. 

(13)  Concesso  nel  1600  a  Giovan  Battista  Celestri  era  ancor  in  questa  famiglia  all'a- 
bolizione, della  feudalità. 

(14)  Concesso  a  Cesare  Gaetani  nel  1602  è  oggi  in  casa  Specchi 

(15)  Concesso  nel  1607  a  Modesto  Gambacorta,  spetta  oggi  al  signor  Vincenzo  Castelli. 
(i6ì  Concesso  a  Nicolò  Montaperto  nel  1608  spetta  oggi  alla  signora  Antonia  Mon- 
taperto in  Tortorici. 

(17)  Concesso  nel  1619  ad  Antonino  Morso,  passò  poi  in  casa  Naselli. 

(18)  Concesso  a  Luigi  Alias  Giardina  nel  1621  — Era  in  casa  Giardina  all'abolizione 
della  feudalità- 

(19)  Concesso  nel  1622  a  Giuseppe  Spadafora,  spetta  oggi  al  signor  Alonso  Alberto 
Monroy. 

(20)  Concesso  a  Francesco  Pologna  nel  1623,  spetta  oggi  al  signor  Pietro  Paolo  Bec- 
cadelli di  Bologna. 

(21)  Concesso  nel  1623  a  Giuseppe  Lucchese,  era  in  casa  Gravina  all'abolizione  della 
feudalità. 

(22)  Concesso  .a  Vincenzo  Galletti  nel  1627  è  ancor  oggi  in  questa  famiglia. 

(23)  Era  in  casa  Parisi  all'abolizione  della  feudalità. 

(24)  Concesso  a  Francesco  Lucchese  nel  1623  era  in  casa  Filingeri  all'abolizione  della 
feudalità. 

(25)  Concesso  nel  1633  a  Lancellotto  Castelli,  era  in  casa  Paternò  all'abolizione  della 
feudalità. 

(26)  Concesso  ad  Antonino  Branciforti  nel  1645.  Passò  in  casa  Sarzana  con  la  deno- 
minazione di  S.  Ippolito. 

(27)  Concesso  nel  1501  ad  Antonino  Abbatellis  spetta  oggi  al  signor  Pietro  Moncada 
Starrabba  cavaliere  di  Malta. 

(28)  Concesso  a  Nicolò  Melchiorre  Branciforte  nel  1507  è  oggi  in  casa  Lanza. 


—  30  — 


di  Assaro  (i),  di  Raccuia  (2),  di  Vicari  (3),  di  Gagliano  (4),  di  Musso- 
meli  (>'),  del  Comiso  (6)  ,  di  Naso  (7),  di  Bavuso  (8),  di  Sommatino  (9), 
e  di  S.  Pier  Monforte  (10);  i  baroni  di  S.  Piero  sopra  Patti  (1 1),  di  Calata- 
biano  (12),  di  S.  Fratello  (13),  di  Castania  (14),  di  Tripi  (15),  di  Prizzi  (16),  di 
Castellammare  (17),  di  Canicatti  (18),  del  Godrano  (19),  di  Mirii  (20),  di  Ca- 
salnovo  (21),  di  Moio  (22),  di  S.  Elisabetta  (23),  di  Ravanusa  (24),  di  Oc- 
chiala (2;),  di  Bompensieri  (26),  di  Tusa  (27),  di  S.  Mauro  (28),  di  Pol- 
lina (29),  di  S.  Anna  (30),  di  Torretta  (31),  di  Pedara  (32),  di  S.  Giovanni 
di  Galermo  (33),  di  Vallelunga  (34),  di  Raggi  (35),  di  Niscemi  (36),  di  S. 


(2) 
(3; 

Bonannc 

(4: 
(5) 
(6) 

della  feudalit 

(7, 

Ioppolo. 

(3 

della 

(9 

fio 


Concesso  nel  1543  a  Giovanni  Valguarnera  è  oggi  in  casa  Lanza. 
Concesso  nel  1552  ad  Antonino  Branciforte  è  oggi  in  casa  Lanza. 
Concesso  a  Vincenzo  del  Bosco  nel  1556,  all'abolizione  della  feudalità  era  in  casa 


Concesso  nei  1571  ad  Almerico  Centelles  spetta  oggi  al  signor  Vincenzo  Castelli. 
Concesso  a  Cesare  Lanza  nel  1563  è  ancor  oggi  nella  sua  famiglia. 
Concesso  nel  1571  a  Gaspare  Naselli,  era  ancor  nella  sua  famiglia  all'abolizione 
à. 

Concesso  a  Carlo  Ventimiglia  nel  1575  era  all'abolizione  della  feudalità  in  casa 


feud 


41, 

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'M) 
45) 

(17) 
[18] 

^9) 
(20) 

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[22) 

(23) 

(24) 

(25. 

f26) 


(28 
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(32) 
*33, 
134) 
(35] 
(36) 


Concesso  nel  1590  a  Stefano  Cottone,  era  ancor  nella  sua  famiglia  all'abolizione 
alita. 

Concesso  a  Gaspare  Lo  Porto  nel  1625  è  oggi  in  casa  Lanza. 
Concesso  nel  1628  a  Giuseppe  Moncada  è  ancor  oggi  nella  sua  famiglia. 
All'abolizione  della  feudalità,  era  in  casa  Corvino. 
In  questa  stessa  epoca  era  in  casa  Gravina. 
Idem. 

In  detta  epoca  era  in  casa  Galletti. 

Era  in  casa  Paratore. 

In  casa  Bonanno. 

In  detta  epoca  era  in  casa  Naselli. 

Era  in  detta  epoca  in  casa  Bonanno. 

Era  in  casa  Cottù. 

Era  in  casa  Alliata. 

Era  in  casa  Di  Maria. 

Era  in  casa  Migliaccio. 

In  casa  Montaperto. 

In  casa  Bonanno. 

In  casa  Branciforte  ora  in  casa  Lanza. 

In  casa  Lanza. 

In  casa  Torre. 

In  casa  Ventimiglia. 

Idem. 

In  casa  Alliata. 
In  casa  Tornasi. 
In  casa  Alliata. 
.n  casa  Valguarnera 
In  casa  Pape. 
In  casa  Spucches. 
In  casa  Valguarnera. 


—  ji  — 


Caterina  (i),  di  Motta  Camastra  (2),  di  Mazzarrà  (3),  di  Ioppolo  (4),  di 
Roccella  (;),  c  di  Viagrande  (6).  Indi,  sempre  con  le  stesse  formalità,  pre- 
stò giuramento  il  braccio  demaniale.  Per  gli  assenti  del  braccio  ecclesiastico 
prestaron  giuramento  :  fra  D.  Giuseppe  Gascb  arcivescovo  di  Palermo  ,  D. 
Vincenzo  la  Grua  principe  di  Carini  e  D.  Giuseppe  Reggio  marchese  della 
Ginestra  deputati  ecclesiastici  del  regno  ;  per  quelli  del  braccio  militare  :  D. 
Nicolò  Placido  B  ranci  forte  principe  di  Butera  e  D.  Francesco  Bonanno  prin- 
cipe di  Roccafìorita  deputati  militari;  e  per  quelli  del  braccio  demaniale  :  D. 
Giuseppe  Branciforte  principe  di  Scordia  pretore  di  Palermo  ,  D.  Francesco 
Molinelli  principe  di  Santa  Rosalia  e  D.  Blasco  Corvino  principe  di  Mezzoiuso 
deputati  demaniali  del  regno. 

Assistettero  come  testimoni  al  detto  giuramento  :  Carlo  Amedeo  Battista 
di  S.  Martino  d'Agliè  conte  di  Rivarolo  commendatore  dell'ordine  di  S.  Mau- 
rizio e  Lazzaro,  il  marchese  Francesco  Mossi  di  Morano  gentiluomo  di  ca- 
mera di  Sua  Maestà,  Vincenzo  Ugo  presidente  del  Tribunale  della  R.  Gran 
Corte  ,  Giuseppe  Fernandez  de  Medrano  marchese  di  Mompilieri  presidente 
del  tribunale  del  R.  Patrimonio,  Giuseppe  Valguarnera  principe  di  Niscemi 
maestro  razionale  cavaliere  del  R.  Patrimonio  e  moltissimi  altri  nobili.  Ap- 
pena terminato  il  giuramento  dei  tre  bracci  del  Parlamento  del  Regno  l'ele- 
mosiniere di  Sua  Maestà  prese  il  messale  e  la  croce  dal  tavolo  e  pose  il 
primo  sopra  il  genuflessorio  reale  dove  accomodò  un'altra  croce;  nel  frattempo 
il  gentiluomo  di  camera  di  servizio  faceva  levare  il  tavolo  che  stava  dinanzi 
al  Re.  Allora  Sua  Maestà  ordinò  al  Protonotaro  del  Regno  di  leggere  la  for- 
mula di  giuramento  su  l'osservanza  dei  capitoli  e  privilegi  del  Regno,  ed  il 
protonotaro  lesse:  T\Los  Vittorius  Amedeus  Dei  gratia  Hex  Siciìiae,  Hyerusulem 
et  Cipriae,  dux  Sabaudiae,  Montisj errati,  Augustae  Pretoriae,  Agri  Cobaltici  et  Ge- 
neuensis,  princeps  Pedemonlis,  Uneliae,  marchio  in  Italia  Salutiorum,  Segusit,  Epo- 
rodiae,  Cebae  et  VvCavi,  com.es  Maurianae ,  Genevae,  Niceae,  Tendae ,  i\Conti$  Ro- 
timeli, Astae  Tompeiae  et  Alexandriae,  baro  Vaudi  et  Faucinis,  dominus  Parcella- 
rum,  Tarantasiae,  Laumellinae  et  Vallis  Sesiae  et  Vicarius  perpetuus  Sacri  7{pniani 
Imperli  in  Italia  etc.  Promictimus  et  iuramus  ac  id  firmo  iuramento  asserimus  super 
crucem  Domini  Nostri  Jesu  Christi  eiusque  Sancta  quatuor  Evangelia  corani  nobis 
udductu  et  corporaliter  tutta,  vobis  predictis  tribus  brachiis  totum  hoc  universum 
fidelissimum  regnimi  Siciìiae  rappresentuntibus  tenere  firmiter  et  observare  omnia 
cupi  tuia,  privilegia,  immunitates,  preheminentias,  gratias ,  iurisdictiones  et  libertutes 
huius  dicti  regni  concessas  per  predecessores  nostros,  prelatis  ,  ecclesiasticis  personis, 
principibus,  ducibus,  marchionibus,  comitibus,  baròntbus,  civitatibus,  collegiis,  terris, 
castris,  villis,  oppidis  illarumque  ac  illorum  civibus,  incolis  et  habitatoribus ,  usus 
etiam  consuetudines,  et  bonos  niores  proni  hactenus  usi  fuerunt,  illaque  custodiemus 
et  observabimus  ac  custodiri  et  observari  mindubimus  per  omnes  et  quoscumque  of- 


(1)  In  casa  Giardini! . 

(2)  In  casa  Branciforte. 

(3)  In  casa  Spadafora  ora  Monrov. 

4)  In  casa  Colonna  Romano. 

5)  In  casa  Marziani  ora  Notarbartolo. 
(6)  In  casa  Alliata. 


—  32  — 


ficiales  regios.  »  Finito  di  leggerla  il  protonotaro  gli  s'inginocchiò  innanzi  e  disse; 
Si  compiace  Vostra  'Maestà  di  giurare  V osservanza  delti  capitoti  e  privilegi  del  %e- 
gno,  secondo  la  forma  che  m'ordinò  leggere  ?  ed  il  Re  toltisi  i  guanti,  scopertosi 
il  capo  e  ritto  in  piedi  con  la  mano  sopra  il  Vangelo  rispose  :  Così  lo  giuro 
e  baciò  la  croce.  Il  protonotaro  allora  s'inchinò  dinanzi  alle  Loro  Maestà  e 
si  ritirò.  Poscia  il  pretore  di  Palermo  s'inginocchiò  dinanzi  al  Re,  gli  presentò 
il  libro  dei  privilegi  della  città  e  lo  supplicò  di  giurarne  l'osservanza  e  Vit- 
torio Amedeo,  copertosi  il  capo  ed  inguantandosi  la  mano  destra,  toccò  il  libro 
e  disse  :  Cosi  lo  giuro. 

Terminata  la  funzione  i  Sovrani  scesero  dal  trono  ,  fecero  riverenza 
all'altare  maggiore  ed  andarono  ad  adorare  le  reliquie  di  S.  Rosalia.  Usciti 
dalla  chiesa  rimontarono  a  cavallo  e  scesero  al  palazzo  reale  ,  dove  ,  la- 
sciando il  baldacchino  a  più  della  scala  ,  furono  accompagnati  dalla  nobiltà, 
dai  prelati  e  dal  sacro  consiglio  sino  alla  sala  di  gala.  In  questa  stanza  il  Re 
si  pose  sotto  un  ricco  baldacchino  e  ricevette  dalle  mani  del  primo  titolo 
del  regno  lo  stendardo  reale,  che,  con  singolare  benignità  ,  lasciò  in  potere 
dello  stesso. 

Molto  contento  di  questa  funzione  fu  Vittorio  Amedeo  ed  al  conte  Ga- 
spare Maria  di  Morozzo  in  una  lettera  datata  da  Palermo  a  24  dicembre  171 3 
scriveva  :  «  Giovedì  21  del  cadente  segni  poi  il  nostro  publico  ingresso  e  acclama- 
zione in  questa  città,  ne  poteva  certamente  seguire  tal  funzione  in  forma  più  desi- 
derabile, si  per  il  buon  ordine  praticatosi ,  che  per  il  gran  concorso  non  solo  di 
questo  publico.  ina  dello  stesso  regno,  per  le  dimostrazioni  universali  di  giidnlo,  di 
zelo  ed  affetto,  che  danno  a  divedere  ti  cuori  dei  popoli  ;  ed  anche  per  la  magni- 
ficenza  degli  apparati  e  delle  comparse.  »  (1) 

Il  giorno  24  dicembre  171 3  ebbe  luogo  l'incoronazione  di  Vittorio  A- 
medeo  e  di  Anna  d'  Orleans.  La  mattina  di  buon'  ora  nella  piazza  del  real 
palazzo  si  schierarono  i  due  reggimenti  di  Piemonte  fanteria  e  di  Piemonte 
dragoni,  e  nella  piazza  della  Cattedrale  si  schierò  il  reggimento  delle  guardie. 
Dentro  la  Cattedrale,  presso  l'aitar  maggiore  sul  corno  del  Vangelo,  s'erano 
innalzati  due  troni  per  il  Re  e  la  Reginn.  Nella  cappella  di  S.  Francesco  di 
Paola  s'era  eretta  con  tavole  tappezzate  di  velluti  una  camera  nella  quale 
stavan  posti  gli  abiti  del  Re  ed  un  servizio  completo  per  toletta,  ed  appena  il 
Re  si  vestì  furon  portati  in  detta  stanza  gli  abiti  della  Regina.  Prima  che  i 
Sovrani  uscissero  dal  palazzo  reale  furon  mandati  in  chiesa  alcuni  soldati  delle 
guardie  per  custodire  quei  posti  che  dovevano  essere  occupati  dalle  rispettive 
compagnie  quando  sarebbe  giunta  la  corte. 

Alle  ore  15  dell'orologio  italiano  uscirono  le  Loro  Maestà  dal  palazzo 
reale  per  andare  in  chiesa.  Andava  prima  una  carrozza  a  sei  cavalli  dentro 
la  quale  era  il  gran  ciambellano  e  i  due  gentiluomini  di  camera  di  servizio 
in  quel  giorno  ,  i  quali  gentiluomini  portavano  dentro  vassoi  d'  argento  in- 
dorato l'uno  la  corona,  spada  e  scettro  del  Re,  e  l'altro  la  corona  e  scettro 
della  Regina. 


(1)  Lettere  di  Vittorio  Amedeo  II  di  Savoia  re  di  Sicilia  a  Gaspare  Maria  conte  di 
Morozzo  etc.  in  Miscellanea  di  Storia  Italiana,  voi.  26  foglio  31. 


—  33  — 


Veniva  dietro  un'altra  carrozza  pure  a  sei  cavalli  dove  erano  il  cava- 
liere d'onore  della  regina,  con  gli  elemosinieri  delle  Loro  Maestà. 

Dopo  andava  a  cavallo  la  nobiltà  tanto  palermitana  che  della  corte  del 
re  insieme  senza  alcun  ordine  di  precedenza.  Seguivano  alla  nobiltà  i  cava- 
lieri dell'ordine  della  SS. ma  Annunziata  pure  a  cavallo  a  due  a  due,  e  se- 
condo la  loro  anzianità,  e  chiudeva  la  cavalcata  S.  A.  il  principe  Tommaso 
di  Savoia.  Veniva  poscia  la  carrozza  dei  Sovrani  a  otto  cavalli,  con  le  guardie 
del  corpo  a  piedi  ai  due  lati  di  essa,  e  gli  ufficiali  agli  sportelli.  Le  guardie 
svizzere  e  della  Porta,  mescolate,  erano  pure  ai  due  lati  della  detta  carrozza 
ed  aveano  alla  testa  i  rispettivi  capitani  a  cavallo  e  i  luogotenenti  a  piedi.  Vi- 
cino alle  ruote  posteriori  della  carrozza  stavano  il  grande  scudiere  e  il  capi- 
tano della  guardia.  Seguiva  questa  carrozza  un  plotone  delle  guardie  del 
corpo  a  cavallo  al  comando  del  cornetta  e  con  le  trombe  e  i  tamburi.  Dopo 
il  plotone  delle  guardie  a  cavallo  veniva  la  carrozza  di  rispetto  pure  a  otto 
cavalli  vuota  e  quindi  le  carrozze  delle  dame  e  figlie  d'onore  della  Regina. 
Con  tal  ordine  si  pervenne  al  Duomo  dove  scesero  primieramente  il  gran 
ciambellano  e  i  due  gentiluomini  di  camera,  scortati  da  sei  soldati  della  guardia 
svizzera  che  a  tal  fine  aspettavano  alla  porta  della  chiesa.  Andarono  all'altare 
maggiore,  dove  già  sedeva  1'  arcivescovo  assistito  dagli  altri  vescovi ,  conse- 
gnarono gli  ornamenti  regii  che  vennero  posti  sull'altare  ,  lasciando  ad  un 
aiutante  di  camera  di  Sua  Maestà,  che  stava  vicino  all'altare,  i  vassoi.  Col 
narrato  corteggio  di  cavalieri  ,  dame  e  guardie  entrarono  nel  tempio  i  So- 
vrani portandosi  il  Re,  per  la  nave  laterale  ,  alla  camera  da  vestirsi  e  la  re- 
gina, per  l'istessa  strada,  dentro  una  tribuna  che  s'era  eretta  nella  cappella  della 
Madonna  da  dove  potea  veder  bene  le  funzioni  che  si  tacevano  nell'  altare 
maggiore.  La  prima  compagnia  delle  guardie  del  corpo  si  schierò  dinanzi  la 
cappella  della  Madonna  e  la  seconda  vicino  alla  inferriata  che  chiudeva  la  cap- 
pella dove  il  Re  si  vestiva.  Contro  questa  inferriata  si  posero  i  tamburi  e  le 
trombette  di  Sua  Maestà  e  poco  distanti  da  questi  le  trombe  delle  guardie 
del  corpo;  trombe  e  tamburi  che  sonarono  e  batteremo  ogni  qualvolta  le  Loro 
Maestà  uscirono,  o  entrarono,  come  pure  durante  l'incoronazione.  La  guardia 
svizzera  si  collocò  nella  nave  della  chiesa,  dove  sta  la  cappella  del  SS.mo  Sa- 
cramento. Le  guardie  della  Porta  custodivano  la  nave  di  mezzo  a  cominciare 
dalla  cancellata  del  coro  ,  dove  stavano  i  luogotenenti ,  sin  quasi  alla  porta 
della  chiesa. 

Vestito  che  fu  Vittorio  Amedeo  degli  abiti  con  i  quali  doveva  com- 
parire all'altare,  usci  dalla  cappella  di  San  Francesco  di  Paola  senza  cappello 
e  senza  spada  ed  entrato  nella  gran  nave  della  chiesa  si  portò  alla  cancellata 
del  coro,  dove  fu  incontrato  da  due  primi  vescovi  assistenti  all'incoronazione, 
che  gli  s'inchinarono  e  se  lo  posero  in  mezzo  fino  all'altare  maggiore  dove 
Sua  Maestà  fece  un  inchino  all'  arcivescovo.  Fatto  che  ebbe  la  Maestà  Sua 
l'inchino  all'arcivescovo  ,  il  primo  dei  vescovi  con  voce  chiara  disse  rivolto 
al  metropolitano  :  Reverendissime  ,  postulat  Scinda  Vviater  Ecclesia  ut  praesentem 
egregium  militem  ad  dignità  lem  regiam  subleveris.  Al  che  l'arcivescovo  rispose: 
Sciiti  illuni  esse  dignum  et  utikm  ad  hanc  dignitatem  ?  ed  il  vescovo  di  rimando  : 
Et  novi  mas  et  creaimus  eutn  esse  dignum  et  ni  ile  ni  ecclesiae  Dei  et  regimini  huius 
regni. 

Allora  tu  portata  da  un  aiutante  di  camera  una  sedia  a  bracciuoli  e  questa 


—  34  — 


dall'  elemosiniere  fu  avvicinata  dinanzi  a  Vittorio ,  che  sedette  ,  standogli  a 
fianco  i  due  vescovi;  udì  l'ammonizione  che  a  lui  fece  1'  arcivescovo  ,  ter- 
minata la  quale  alzossi  ed  avvicinatosi  all'  altare  si  pose  in  ginocchio  sopra 
un  cuscino  ivi  posto  dallo  elemosiniere,  e,  nel  libro  che  l'arcivescovo  teneva 
aperto  ,  lesse  la  professione  di  fede.  Letta  la  professione  di  fede  pose  il  Re 
le  due  mani  sul  libro,  disse  :  sic  'Deus  me  adiuvet  et  haec  Sancta  Dei  Evangelia 
e  baciò  la  mano  dell'arcivescovo.  Terminata  la  professione,  l'arcivescovo  lesse 
le  orazioni  prescritte  dal  pontificale  romano  e  s'inginocchiò  appoggiandosi  al 
suo  faldistori),  ciò  che  fecero  pure  i  vescovi  assistenti.  Il  Pe  si  prostrò  sopra 
due  cuscini,  dove  stette  per  tutto  il  tempo  che  vennero  cantate  le  litanie  dei 
santi  e  le  altre  preci.  Alzatosi  poscia  e  postosi  ginocchioni  innanzi  all'arci- 
vescovo, il  gran  ciambellano  gli  slacciò  la  camicia  al  braccio  destro  e  denudò 
ii  braccio  sino  al  gomito;  il  prelato  allora,  preso  l'olio  dei  catecumeni,  ne 
unse  in  forma  di  croce  le  giunture  della  mano  e  quelle  del  gomito.  Unto 
che  fu  il  braccio  il  gran  ciambellano  sfibbiò  tre  bottoncini  posti  alla  parte 
posteriore  del  giubbone  di  Sua  Maestà  e  denudategli  un  po'  le  spalle  furon 
anche  esse  unte  dal  prelato.  Ciò  finito  si  cominciò  dall'  arcivescovo  la  messa 
sollenne  ed  il  Re  inginocchiato  dalla  parte  del  Vangelo  ascoltò  dal  suo  ele- 
mosiniere la  confessione  dell'introito,  dopo  la  quale  sceso  dall'  altare  e  se- 
guito da  molti  cavalieri  andò  nella  cappella  di  S.  Francesco  di  Paola ,  dove 
era  stata,  come  si  disse,  eretta  una  camera,  ed  ivi  l'elemosiniere  gli  asciugò 
il  braccio  e  le  spalle.  Indossato  il  manto  reale  ,  con  1'  aiuto  del  gran  ciam- 
bellano e  dei  gentiluomini  di  camera,  Vittorio  si  recò  sul  trono,  trattenen- 
dogli lo  strascico  del  manto  il  serenissimo  principe  Tomaso  e  il  gran  ciam- 
bellano. Detto  che  fu  il  graduale  dopo  l' epistola  ,  essendo  tornato  a  sedersi 
nel  suo  faldistoro  l'arcivescovo,  il  Re  scese  dal  trono,  accompagnato  da  due 
primi  vescovi  e  da  molti  cavalieri,  si  genuflettè  di  nuovo  sopra  un  cuscino 
posto  dall'  elemosiniere  innanzi  al  prelato,  che  gli  porse  la  spada  sguainata, 
dicendogli  :  Accipe  gladium,  la  quale,  posta  dai  ministri  nella  guaina,  fu  resti- 
tuita al  prelato  che  la  cinse  al  fianco  del  Re.  Allora  questi  levatosi  in  piedi 
sfoderò  la  spada,  la  vibrò  virilmente  in  varii  sensi,  quindi  la  forbì  sul  brac- 
cio sinistro  e  la  ripose  nel  fodero  ,  ritornando  ad  inginocchiarsi.  I  prelati 
in  processione  andarono  all'altare  maggiore  presero  la  corona  e  la  portarono 
all'arcivescovo,  che  la  pose  sul  capo  del  Re  dicendogli  :  Accipe  coronam;  mentre 
il  reggimento  di  guardia  faceva  una  scarica  a  salva,  scarica  a  cui  seguì  il  tuo- 
nare dell'  intera  artiglieria  del  castello  ,  dei  baluardi  della  città  e  dei  vascelli 
di  Malta  che  stavano  in  porto.  Indi  1'  a:civescovo  ,  postosi  ginocchioni ,  gli 
porse  lo  scettro  ed  il  mondo  d'oro  dicendogli  :  Accipe  vìrgam  virtutis  ed  al- 
zatosi gli  tolse  la  spada  dal  fianco  e  la  consegnò  al  grande  scudiere.  Andò 
poscia  con  i  vescovi  assistenti  ad  accompagnarlo  sul  trono,  restando  per  tutto 
il  tempo  che  si  cantò  il  Te  Deimi  in  piedi  alla  sua  destra.  Finito  di  cantarsi 
il  le  Deum  recitò  l'arcivescovo  le  consuete  orazioni  e  ritornò  all'altare  dove 
di  nuovo  sedette.  Frattanto  il  Re  scese  dal  trono  e  con  corona  in  capo  e 
scettro  in  mano  accompagnato  dai  suoi  cavalieri  andò  dinanzi  al  prelato ,  a 
cui  chiese  che  venisse  incoronata  la  Regina,  indi  ritornò  sul  suo  trono  e  diede 
ordine  al  maggiordomo  maggiore  di  andare  dalla  Regina  per  darle  avviso  che 
già  era  l'ora  della  sua  incoronazione.  Ricevuto  tale  avviso  partì  la  regina  dalla 
tribuna  ed  uscendo  per  la  cappella  di  S.  Francesco  di  Paola,  seguita  dalle  sue 


—  fi- 


darne ,  damigelle  e  cavalieri,  entrò  nella  gran  nave  della  chiesa  e  giunta  alla 
cancellata  del  coro  fu  incontrata  da  due  vescovi,  i  quali,  standole  uno  a  destra 
e  l'altro  a  sinistra,  l'accompagnarono  all'altare;  dove  inginocchiatasi  sopra  un 
cuscino,  preparato  dall'elemosiniere,  baciò  la  mano  dell'arcivescovo.  Indi  pro- 
strassi sopra  i  cuscini  che  l'elemosiniere  aveva  collocati  ed  ivi  stette  fino  a  che 
furon  recitate  le  litanie  .  dopo  le  quali  ,  inginocchiatasi  di  nuovo  innanzi  al 
prelato,  ebbe  denudato  dalla  prima  dama  d'onore  il  braccio  e  decentemente 
la  spalla  per  ricevere  la  sacra  unzione,  ricevuta  la  quale  si  alzò  in  piedi  ed 
accompagnata  dalle  persone  che  l'aveano  seguita  all'altare  ,  si  recò  nella  ca- 
mera dove  già  il  Re  erasi  vestito  ed  ivi  anche  essa  vesti  il  manto  reale,  lo  stra- 
scico del  quale  veniva  portato  dalla  prima  dama  d'onore  e  dalla  dama  d'atour. 
In  questa  forma  andò  nuovamente  all'altare  e  genuflessa  innanzi  all'arcivescovo 
le  fu  da  questo  posta  in  capo  la  corona  e  consegnato  h  scettro.  Allora  il 
reggimento  della  guardia  scaricò  nuovamente  le  armi  ed  il  castello,  i  baluardi 
della  città  ed  i  vascelli  di  Malta  fecero  tuonare  i  loro  cannoni.  Coronata  che 
fu  la  regina  si  alzò  in  piedi  ed  andò  al  suo  trono,  venendo  accompagnata  dai 
due  vescovi  assistenti,  i  quali  ritornarono  all'altare  dopo  che  la  Regina  si  se- 
dette. Continuatasi  a  celebrar  la  messa  e  cantato  P  evangelo  fu,  dalla  prima 
dignità  del  capitolo,  portato  al  Re  il  messale  per  baciarlo  e  l'elemosiniere  con 
un  velo,  consegnatogli  da  un  cappellano,  puh  il  luogo  del  messale  dove  il  Re 
dovea  baciare.  Baciato  dal  Re  1  evangelo  ,  fu  portato  il  messale  alla  Regina, 
che  baciollo  parimenti.  Nel  tempo  dell'offertorio  i  sovrani  scesero  dai  rispettivi 
troni  e,  con  corona  in  capo  e  scettro  in  mano ,  andarono  ad  inginocchiarsi 
dinanzi  all'arcivescovo  dandogli  in  offerta  trecento  doppie  in  monete  d'  oro 
coniate  di  fresco  con  l'effigie  del  Re.  Queste  trecento  doppie,  pari  in  moneta 
siciliana  ad  onze  quattrocento  venticinque,  furono  dall'arcivescovo  così  distri- 
buite :  onze  cento  al  conservatorio  di  Cifuentes  (i),  onze  ottanta  a  quello  di 
San  Francesco  di  Sales,  (2)  onze  ottanta  a  quello  di  S.  Agata  la  Guilla,  onze 
ottanta  a  quello  di  S.  Pietro,  onze  venti  a  quello  di  Casa  Protessa,  onze  qua- 
ranta a  quello  di  Casa  Professa  di  Butera  ed  onze  venticinque  all'infermeria 
dei  Sacerdoti. 

Fatta  P  offerta  baciarono  la  mano  dell'  arcivescovo  e  ritornati  in  soglio 
ricevettero  dal  diacono  assistente  l'incenso.  Avvicinandosi  il  tempo  dell'ele- 
vazione il  gran  ciambellano  salì  sul  trono  con  il  gentiluomo  di  camera  e 
levata  la  corona  dal  capo  del  Re  la  pose  con  lo  scettro  sopra  un  largo  piatto 
d'argento  porto  da  un  aiutante  di  camera  di  Sua  Maestà  al  gentiluomo  di 
camera  predetto,  e  ritornò  al  suo  posto;  il  gentiluomo  di  camera,  perchè  te- 
neva la  corona  e  lo  scettro  del  Re,  non  si  allontanò  dal  trono  ma  s'ingi- 
nocchiò immediatamente  dietro  del  grande  scudiere.  L 'istesso  fu  tatto  con 
la  regina,  levandole  la  corona  la  dama  d'atour  e  riponendola  parimenti  con  lo 
scettro  sopra  un  piatto  d'argento  dorato  porto  da  un  aiutante  di  camera  della 
Regina  ad  una  dama  d'onore,  che  s'inginocchiò  in  luogo  corrispondente  a 


(ì)  Posto  in  principio  della  odierna  via  Libertà,  era  chiamato  anche  delle  Croci,  nome 
che  ancor  oggi  conserva. 

(2)  Oggi  R.  Educandato  Maria  Adelaide. 


-36- 


quello  che  aveva  il  gentiluomo  di  camera,  che  teneva  la  corona  e  lo  scettro 
del  Re.  Dopo  l' Jlgnus  T)ei  il  primo  dei  vescovi  assistenti  diede  la  pace  al 
Re  e  l'elemosiniere  con  un  velo  pulì  l'immagine  come  avea  fatto  con  il  mes- 
sale; indi  l'istesso  vescovo  portò  la  pace  alla  regina.  Venuta  l'ora  della  comu- 
nione il  Re  e  la  Regina  andarono  all'altare  e  prima  di  ricevere  l'ostia  sacro- 
santa, baciarono  la  mano  dell'arcivescovo;  indi  ritornarono  sul  trono  dove  il 
gran  ciambellano  e  la  dama  d'  atour  rimisero  sopra  i  capi  reali  le  corone. 
Terminata  la  messa  i  sovrani  scesero  dai  loro  troni  e,  passando  per  la  nave 
centrale  della  chiesa,  uscirono  fuori  e  saliti  in  carrozza  fecero  ritorno  al  palazzo 
reale  con  l'istesso  corteggio  con  il  quale  erano  venuti. 


Palermo,  nelle  feste  celebrate  per  l'accoglienza  del  Re  Vittorio  Amedeo  II 
di  Savoia,  non  superò  soltanto  materialmente  quante  pompe  in  tali  occasioni 
eransi  fatte;  che  se  le  sontuosissime  feste  celebrate  in  Palermo  per  1'  accla- 
mazione di  Filippo  V  non  eran  che  le  espressioni  dell'  orgoglio  e  dell'  inte- 
resse dei  privilegiati  e  dei  potenti,  lenocinli  dell'aristocrazia  e  del  clero  che 
con  quelle  volean  guadagnarsi  l'animo  del  nuovo  padrone;  le  feste  per  l'ac- 
clamazione di  Vittorio  al  contrario  eran  l'espressione  del  giubilo  più  sentito 
di  tutto  un  popolo  che  nel  nome  del  nuovo  Re  racchiudeva  le  proprie  spe- 
ranze ,  erano  il  risultato  del  sentirsi  ì  popoli  non  più  sudditi  d'  un  superbo 
monarca  che  a  governarli  mandava  un  viceré  arrogante,  superbo  e  dilapidatore, 
che  veniva  a  vendemmiare  questa  bella  vigna  sen^a  coltivarla  (i);  ma  sudditi  d'un 
re  padre,  che  veniva  ad  allietar  di  sua  presenza  la  bistrattata  Sicilia,  che  mai 
avrebbe  data  la  mediana  tarda  al  male  dei  suoi  vassalli  (2). 

Entrato  il  nuovo  anno,  il  1714,  il  Senato,  la  nobiltà  e  i  magistrati  an- 
darono ad  augurare  il  felicissimo  anno  al  nuovo  monarca,  che,  commosso, 
accettò  gli  augurii  ed  ebbe  pnrole  affettuose  per  tutti.  Frattanto  venne  ac- 
cordata l'udienza  al  bali  Spinola,  ambasciatore  dell'ordine  di  Malta,  nel  giorno 
sette  di  gennaro.  In  questo  giorno  il  maestro  di  cerimonie  di  Sua  Maestà 
andò  a  rilevarlo  in  carrozza  di  corte  a  sei  cavalli  e  lo  condusse  a  Palazzo 
Reale,  dove  il  Re  lo  ricevette  nella  sala  di  udienza,  stando  seduto  sotto  il 
baldacchino.  Invitato  dal  Re,  salì  l'ambasciatore  il  gradino  del  trono  e  nel 
porgergli  le  credenziali  così  disse  :  «  Sire.  Vanno  cosi  impegnati  il  mio  Gran 
Maestro  e  Religione  nei  vantaggi  di  questo  Regno,  che  riguardano  qual  propria 
quella  fortuna  le  ha  procurato  l'acquisto  di  sì  giusto  monarca.  Quindi  é  che 
si  presentano  con  li  miei  ossequii  al  trono  della  Maestà  Vostra  per  felicitarla 
della  sua  degna  esaltazione,  congratulandosi  con  essi  loro,  come  con  questa 


(1)  Nella  lettera  di  un  incognito  che  publichiamo  fra  i  documenti;  nella  quale  si  ac- 
cennano i  discorsi  che  si  facevan  in  Palermo  all'annunzio  della  cessione  del  regno  fatta  a 
Vittorio. 

(2)  Ibidem. 


-  37  — 


nobiltà  e  popoli  di  si  lieto  avvenimento.  Tanto  attesta  ,  o  Sire  ,  alla  Sacra 
Reale  Maestà  Vostra  con  questo  credenziale  loglio  il  mio  Gran  Maestro,  che 
non  poteva  vedere  le  sue  speranze  più  altamente  elevate  che  con  havere  un 
simile  eroe  per  guida  ed  appoggio.  Sarà  così,  al  pari  dei  suoi  incliti  ascen- 
denti ,  braccio  in  sostener  la  religione  e  forza  in  reprimere  i  nemici  della 
Christiana  republica.  Felice  me  che  Ira  tutte  le  nazioni  dell'Europa  unite  al 
mio  Sacro  Ordine  ho  havuto  Phonore  d'esser  stato  prescelto  a  questo  ufficio; 
giacché  m'è  permesso  distinguermi  con  l'espressione  della  voce  ,  quale  sono 
di  cuore  riverente,  ammiratore  delle  sue  virtù  e  glorie.  » 

Rispose  il  Re  con  cortesi  parole  e  l'ambasciatore  replicò  :  «  L'  aggradi- 
mento con  il  quale  la  Maestà  Vostra  s'è  compiaciuta  ricevere  1'  ossequi  del 
mio  Gian  Maestro  e  Religione,  siccome  le  mie  umilissime  espressioni,  pro- 
cede da  quella  bontà  che  unita  al  suo  sommo  valore  ,  la  rendono  Ira  mo- 
narchi singolare,  come  tale  non  posso  che  attenderlo  benefico  per  tutto  un 
corpo  stabilito  con  si  tatti  principii  e  che  all'esercizio  dell'armi  unirà  sempre 
quello  dei  voti  al  cielo  per  la  conservazione  e  maggiore  prosperità  della  sua 
sacra  persona  e  Feal  sangue.  » 

Indi  ritirassi  e  venne  ricevuto  dalla  regina  alla  quale  così  parlò  :  «  Re- 
gina. Sono  ad  umiliare  alla  Maestà  Vostra  i  rispetti  del  mio  Gran  Maestro 
e  Religione  felicitandola  della  sua  degna  esaltazione  a  questo  trono.  Portata 
dai  desideri  e  voti  generali  v'è  salita  ;  l' istessi  bora  1'  acclamano  ,  mentre  a 
nome  di  tutte  le  nazioni  unite  al  mio  Sacro  Ordine  ne  tributo  alla  Maestà 
Vostra  gli  applausi  ;  essendo  voce  comune  ,  deve  dirsi  voce  di  Dio  ,  e  però 
presaggio  delle  sue  maggiori  felicità.  Questo  annuncio  alla  Maestà  Vostra 
nell'ossequi  di  esso  Gran  Maestro  e  Religione,  che  sono  ben  certi  di  riaverla 
viepiù  impegnata  a  favorirli,  mentre  la  providenza  ha  aperto  maggior  campo 
alla  sua  grandezza  d'  esserci  generosa  protettrice.  Permettami ,  Regina  ,  che 
dopo  haver  sodisfatto  ai  doveri  del  mio  ministero,  accompisca  quella  fortuna 
che  godo  supplicando  di  riconoscere  la  mia  antica  servitù  e  zelo  con  Phonore 
del  suo  sovrano  patrocinio.  » 

Accolse  con  grato  animo  la  Regina  le  parole  dell'ambasciatore,  che  ai 
di  lei  sensi  di  soddisfazione  così  rispose  :  «  Da  una  sì  degna  regina  che  da 
Dio  è  stata  prescelta  per  dare  alla  Christianità  li  maggiori  sostegni  nei  mo- 
narchi suoi  discendenti  non  potevo  che  attendere  sensi  simili  di  religiosa  bontà. 
Certo  però  in  tutti  i  tempi  dell'autorevol  protettione  della  Sacra  Feal  Maestà 
Vostra  non  mi  è  permesso  riconoscere  il  beneficio  che  con  la  continuazione 
dei  voti  per  le  sue  non  interrotte  felicità.  » 

Finito  di  parlare  inchinò  profondamente  la  regina  ,  e  ritornò  alla  sua 
dimora 


Il  20  di  febbraio  del  1 714  era  il  giorno  destinato  per  la  celebrazione 
del  general  parlamento.  Nella  gran  sala  della  reggia  ,  ornata  con  splendidi 
paramenti,  in  fondo,  di  fronte  all'ingresso,  si  trovava  il  trono.  Sette  larghi  ed 
alti  gradini,  attraversati  nel  mez/o  da  una  scaletta  con  gradini  più  bassi,  ne 
formavano  la  base;  quindi  veniva  un  ripiano  ,  dal  quale  ,  passando  per  altri 
cinque  gradini,  si  giungeva  alla  sedia  reale  sormontata  da  un  padiglione  pen- 
dente da  una  corona  dorata.  A  destra  del  trono  lungo  la  parete  della  sala, 


erano  gli  scanni  per  il  braccio  ecclesiastico  ed  il  braccio  demaniale  ,  lungo 
la  parete  a  sinistra  quelli  per  il  braccio  militare  o  baronale.  Era  circa  due 
secoli  che  Palermo  non  vedeva  celebrato  un  Parlamento  con  la  presenza  del 
Re  e  si  aspettava  con  ansia  da  tutto  il  popolo  questo  giorno. 

Inaugurandosi  il  Parlamento,  Vittorio,  nel  suo  discorso,  cosi  disse  :  «  Il 
vivissimo  desiderio  che  avevamo  di  provvedere  ai  bisogni  e  ai  vantaggi  di 
questo  fedelissimo  regno  ,  di  cui  riconosciamo  dalla  Divina  Provvidenza  il 
dominio  ,  ci  ha  fatto  volentieri  superare  non  solo  le  difficoltà  del  viaggio, 
ma  anco  tutti  quei  riguardi  che  per  ragione  degli  altri  nostri  stati  potevano 
giustamente  consigliarci  a  ritardare  la  nostra  venuta  e  differire  a  noi  stessi 
la  soddisfazione  di  ritrovarci  presenti  in  questo  parlamento.  Dessa  é  ora  tanto 
maggiore  vedendo  qui  unita  la  nppresentanza  di  questo  regno,  quanto  più 
lo  abbiamo  già  riconosciuto  pieno  d'affetto  e  di  zelo  verso  di  noi,  persuasi 
altresì  della  vostra  scambievole  consolazione  per  la  sicurezza  che  ben  dovete 
avere  d'essere  da  noi  rimirati  con  amore  veramente  paterno.  Certo  è  che  i 
nostri  pensieri  ad  altro  non  sono  rivolti  che  al  cercare  di  avvantaggiare  que- 
sto regno  per  rimetterlo  (a  Dio  piacendo)  col  progresso  del  tempo,  nell'an- 
tico suo  lustro  ed  in  quello  stato  in  cui  dovrebbe  essere  per  la  fecondità 
del  suolo,  per  la  felicità  del  clima,  per  la  qualità  degli  abitanti  e  per  l' im- 
portanza della  sua  positura.  Quest'  oggetto  della  nostra  applicazione  è  pur  il 
fine  per  cui  vi  abbiamo  qui  convocati.  Gradiremo  pertanto  che  ci  sommini- 
striate quei  lumi  e  quei  mezzi  che  possano  da  voi  dipendere  ,  e  ci  diate  il 
modo  di  ridurre  ad  effetto  le  ottime  nostre  intenzioni  di  far  rifiorire  il  regno 
si  per  buon  ordine  della  giustizia,  avanzamento  delle  scienze  ed  ampliazione 
del  commercio,  che  per  la  restaurazione  e  l'accrescimento  delle  sue  forze,  e 
per  tutto  quel  dippiù  che,  col  migliorare  il  suo  stato ,  può  insieme  rendere 
più  distinta  la  sua  stima  nel  concetto  delle  altre  nazioni.  Tanto  dunque  dob- 
biamo aspettarci  non  meno  dal  vostro  singolare  intendimento  che  dal  fer- 
ventissimo  vostro  zelo,  si  per  il  publico  bene  e  gloria  della  patria,  che  per 
rendere  meglio  profittevoli  gl'influssi  della  nostra  regia  protezione.  » 

E'  da  immaginarsi,  udite  queste  parole,  quale  fosse  stato  lo  stupore  dei 
parlamentarii,  che  eran  abituati  alle  esorbitanti  pretese  dei  passati  monarchi; 
e  di  tale  stupore  ce  ne  danno  un  saggio  le  parole  dell'  arcivescovo  ,  che  al 
discorso  del  Re,  che  non  chiedeva  nulla,  risponde  con  le  solite  frasi  già  da 
lui  preparate  :  che  il  regno,  quantunque  si  fosse  in  quei  giorni  in  grandi  stret- 
tezze, pure  avrebbe  fatto  tutto  il  possibile  per  il  servizio  della  Maestà  Sua.  Po- 
vero frate  !  avea  già  pronto  il  sermone  e  lo  sconvolgimento  apportato  nella 
sua  mente  dalle  generose  parole  del  sovrano  non  lo  rese  capace  di  cambiarlo 
in  tempo.  Nulla  chiedeva  Vittorio  ,  che  anzi  circa  due  milioni  avea  portato 
seco  dall'avito  Piemonte;  nulla  egli  domandava  per  sé,  tutto  per  la  grandezza 
ed  il  benessere  della  nostra  Sicilia. 

Si  celebrò  il  parlamento  e  si  votarono  i  soliti  donativi. 

Vittorio  proseguì  nella  sua  opera  di  ricostituzione  e  rinsanguamento  della 
depauperata  Sicilia,  finché  si  arrivò  al  giorno  14  maggio,  giorno  genetliaco  di 
lui,  nel  qual  giorno  i  Siciliani  vollero  con  le  pompe  e  con  le  allegrezze  dargli 
ancora  una  prova  del  loro  inestinguibile  affetto.  Palermo  ,  la  capitale  della 
Sicilia ,  festeggiò  splendidamente  questo  giorno.  La  mattina  il  Senato  andò 
nella  chiesa  di  S.  Francesco  d'  Assisi ,  dove  adorò  l' Immacolata  e  pregò 


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per  la  conservazione  di  Vittorio,  poscia  si  recò  alla  Cattedrale,  dove  fu  can- 
tato il  Te  Deuui  ìaudamus  nel  qual  tempo  suonarono  le  trombe  del  Senato 
e  le  campane,  la  cavalleria  e  la  fanteria  schierate  nel  piano  del  Real  Palazzo 
scaricarono  le  loro  armi ,  ed  il  castello  ed  i  baluardi  della  città  fecero  tuo- 
nare i  loro  cannoni.  Il  dopo  pranzo  ebbe  luogo  una  splendida  cavalcata  che 
partendo  dal  palazzo  senatorio  andò  sino  al  Palazzo  Reale  e  poscia  discen- 
dendo, fatto  un  giro  all'intorno  per  la  città,  ritornò  al  palazzo  senatorio. 

La  precedevano  i  tamburi  del  Senato,  venivan  dopo  l'araldo  della  tavola 
con  i  governatori  di  essa,  quarantasei  nobili,  i  mazzieri  del  Senato,  il  capi- 
tano giustiziere ,  il  pretore ,  i  senatori  e  gli  ufficiali  nobili  del  senato  ;  e  la 
chiudevano  alquante  carrozze.  La  sera  poi  vi  fu  una  riunione  nel  palazzo 
senatorio,  si  ascoltò  scelta  musica  e  canto,  e  vennero  serviti  copiosi  rinfre- 
schi (i). 


Ma  ben  presto  i  canti,  i  suoni  e  le  feste  dei  nostri  padri  doveano  mu- 
tarsi in  lutto  e  dolore. 

Vittorio  Amedeo  era  andato  in  Messina  e  già  pensava  di  ritornare  in 
Palermo  per  il  che  l'arcivescovo  ordinò  di  celebrarsi  una  novena  per  il  fe- 
lice viaggio  dell'amato  sovrano.  A  2  settembre  17 14,  giorno  di  domenica, 
Vittorio  venne  da  Messina  e  a  circa  venti  miglia  lontano  da  Palermo  fu  in- 
contrato dal  Pretore  e  dall'arcivescovo.  In  quel  giorno  non  sbarcò,  soltanto 
l'indomani,  solo  senza  la  regina,  che  restò  sulla  nave,  venne  a  terra.  Per  il 
-cassaro  stavano  schierati  i  soldati  e  non  circolava  carrozza  alcuna,  fatta  ec- 
cezione di  quelle  i  el  senato.  Il  Re  appena  sceso  si  recò  alla  Cattedrale,  dove 
fu  ricevuto  alla  porta  dal  capitolo  e  clero  con  a  capo  l'arcivescovo  che  gli 
diede  l'acqua  benedetta,  entrò  ed  adorò  il  Sacramento  e  le  reliquie  di  S.  Rosalia, 
ascoltò  due  messe  e  si  comunicò  per  mano  dell'arcivescovo;  indi  usci  e  salì 
a  Palazzo  Reale  dove  nel  dopo  pranzo  ricevette  il  Senato  per  il  bacio  della 
mano.  Appena  il  Senato  prese  congedo  da  Vittorio  ,  egli  usci  dal  palazzo, 
rientrò  nella  cattedrale ,  adorò  nuovamente  il  Sacramento  e  le  reliquie  di 
S.  Rosalia  e  poscia  andò  ad  imbarcarsi ,  trattenendosi  al  molo  sino  al  gior- 
no 5,  nel  qual  giorno  le  navi  sciolsero  le  vele,  dirigendosi  a  Torino.  Così  il 
sogno  sublime  dei  Siciliani  era  svanito  ;  ritornavano  ad  esser  soli  senza  il 
Re ,  ma  agli  ordini  di  un  viceré. 

La  partenza  di  Vittorio  Amedeo  dalla  Sicilia  fu  uno  sbaglio  gravissimo, 
che,  annientando  nel  concetto  dei  siciliani  tutto  il  prestigio  del  nuovo  reg- 
gimento ,  diede  il  destro  a  Roma  di  scompigliar  sempre  più  la  Sicilia ,  e 
poscia  alla  Spagna  di  trar  profitto  dal  popolare  scontento  per  sottometterla 
di  nuovo  con  fedifraghe  armi.  Ah  se  Vittorio  avesse  stabilito  la  sua  dimora 
nell'isola,  se  con  la  sua  autorità  e  presenza  avesse  presieduto  al  consolida- 
mento dell'idea  nazionale,  avrebbe  in  tal  guisa  in  sé  concentrato  l'irresistibil 
favore  della  maggioranza  del  regno,  cui  né  i  partiti  avrebbero  scisso,  né  Roma 
sconvolto,  né  Spagna  infine  invaso  e  rapito.  Sì  Spagna  non  l'avrebbe  invaso 


(1)  Vedi  il  documento  di  numero  22. 


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né  rapito,  Spagna  che  sino  agli  ultimi  istanti  ingannò  la  buona  fede  di  Vit- 
torio col  dirsi  sua  amica,  a  segno  che  egli  scrivendo  al  viceré  Maffei  gli  or- 
dinava che  arrivando  nei  nostri  mari  1'  armata  spagnuola  la  ricevesse  come 
amica  e  le  procurasse  tutti  i  rinfreschi  dei  quali  avesse  avuto  bisogno.  Non 
sospettava  il  generoso  Vittorio,  degno  discendente  di  eroi  e  soldati,  che  tutto 
ciò  altro  non  fosse  che  gesuitismo  al  fine  di  poter  facilmente  invadere  la 
Sicilia  trovandola  spreparata;  egli  magnanimo,  egli  galantuomo  come  tutti  i 
principi  di  Casa  Savoia,  che  l'onore  della  loro  real  parola  hanno  sempre  te- 
nuto superiore  a  qualunque  altra  cosa,  fosse  pure  il  loro  regno,  (galantomi- 
smo  che  fece  sì  che  l'Italia  potesse  costituirsi  in  nazione)  credeva  che  al  par 
di  lui  tutti  fossero  stati  galantuomini  e  gentiluomini.  L'andar  spacciando  che 
il  Re  Vittorio  non  avesse  tenuto  le  condizioni  del  patto  stipulato  in  Utrecht, 
di  conservare  al  regno  sus  leyes,  constituciones .  capitulos  del  reyno ,  pragmaticas, 
coshimbres,  libertades  y  immunitades,  y  exemciones  eie.  non  era  che  un  pretesto 
con  il  quale  la  Spagna  tentava  giustificare  la  sua  usurpatrice  condotta,  ed  al- 
cuni scrittori  siciliani,  non  ultimi  il  Mongitore  ed  il  Giardina,  le  loro  par- 
tigiane parole  ;  ed  a  tutti  rimbecchiamo  gli  stiracchiati  pretesti  con  le  pa- 
role del  Di  Blasi  (storico  non  sospetto  ,  perché  appartenente  al  clero)  che 
nella  sua  «Storia  cronologica  dei  Viceré  di  Sicilia»  dice:  «per  amor  della 
verità  dobbiamo  ingenuamente  confessare,  che  il  Re  Vittorio ,  se  fece  alcun 
cambiamento  nelle  nostre  leggi,  privilegi,  consuetudini  etc.  questo  fu  di  pic- 
cola conseguenza,  e  sempre  riguardò  il  vantaggio  del  regno  ;  e  che  rispetto 
ai  titoli  e  dignità  ecclesiastiche  e  secolari ,  e  a  tutto  il  resto  che  viene  ac- 
cennato nel  numero  6  del  trattato  di  Utrecht ,  egli  fedelmente  le  osservò; 
trattene  quelle,  che  furono  concesse  dalla  corte  di  Spagna  dopo  i  22  di  set- 
tembre dell'anno  171 3,  nel  qual  giorno  fu  egli  in  Torino  acclamato  per  re 
di  Sicilia  (1).  »  E  questo  fia  suggel  che  ogn'uomo  sganni  !• 

È  certo  però  che  il  passaggio  di  Vittorio  ad  altro  regno  non  spense  nel 
cuor  dei  siciliani  la  memoria  del  di  lui  governo  ,  ché  anzi  essi  memori  del 
governo  giusto  ed  esemplare  di  lui  elessero  Re  a  1 1  luglio  1848  Ferdinando 
Alberto  Amedeo  duca  di  Genova,  che  al  dovere  di  imbrandire  una  spada  di 
soldato  per  l'italiana  indipendenza  pospose  una  corona  di  re;  e  nel  1860  con 
entusiasmo  immenso  votavan  l'annessione  al  regno  d'Italia  con  Vittorio  Em- 
manuele  II  di  Savoia  :  Re. 

E  quando  nel  1860  Vittorio  Emmanuele  venne  a  visitar  la  Sicilia  con  gli 
augusti  principi ,  le  accoglienze  avute  non  furon  per  niente  minori  di  quelle 
fatte  a  Vittorio  Amedeo;  né  quelle  fatte  nel  1882  al  nostro  Augusto  So- 
vrano felicemente  regnante  furon  mino.i  di  quelle  ricevute  dall'augusto  suo 
genitore.  Non  avevo  allora  che  sei  anni  _  pur  rammento  ancora  l'indescrivi- 
bile entusiasmo  del  nostro  popolo,  cn  tusiasmo  che  si  rinnovò  nel  189 1  quando 


(1)  Cfr.  Di  Blasi.  Storia  Cronologica  dei  viceré  di  Sicilia.  Palermo  1842  libro  IV. 
cap.  VI,  pag.  494,  nota  3. 


—  4i  — 


in  occasione  della  nostra  Esposizione  Nazionale  ritornò  ad  allietarci  ed  ono- 
rarci con  la  Sua  presenza  augusta,  con  la  presenza  di  Colei  : 

A  cui  le  grazie  corona  cinsero, 

A  cui  sì  soave  favella 

La  pietà  ne  la  voce  gentile; 

e  dell'erede  del  trono  :  Sua  Altezza  Reale  il  principe  Vittorio  Emmanuele  di 
Savoia  principe  di  Napoli ,  che  in  questi  giorni ,  (i)  una  a  quel  vago  fiore 
dell'augusta  consorte  :  la  principessa  Elena  del  Montenegro,  più  splendide  rese, 
con  la  sua  presenza,  le  feste  per  il  cinquantesimo  anniversario  del  1848  ed 
ebbe  ancora  una  volta  prova  di  quanto  Palermo,  la  fedelissima  e  felicissima 
città,  veneri  l'Augusta  Casa  di  Savoia,  in  cui,  ora  e  sempre,  Sicilia  ha  fede. 


(1)  Quando  scrivevamo  queste  righe  erano  di  poco  trascorse  le  feste  per  il  cinquan- 
tesimo anniversario  del  12  gennaio  1848. 


DOCUMENTI 


I. 

Lettera  con  la  quale  si  da  ragguaglio  di  ciò  che  dicevasi  in  Palermo 
al? annuncio  della  cessione  fatta  a  Vittorio  Amedeo  (i) 

Figlio  amatissimo,  (2) 

Vorrei  sodisfare  la  tua  curiosità  con  relazioni  più  distinte  che  ancora  il  tempo  noi 
permette  ch'io  lo  facci ,  ma  nella  brevità  che  viene  comportata  dalle  circostanze  ne  com- 
prenderai la  sostanza.  Venne  il  signor  principe  di  Campofiorito  in  Palermo  con  le  galere 
di  questa  squadra  di  cui  fu  eletto  generale  dalla  Maiestà  di  Filippo  Quinto,  e  non  poten- 
dosi direttamente  in  Messina  come  volevano  i  Spagnuoli,  fu  detenuto  quattro  soli  giorni 
in  Palermo  ove  dall'amorevoli  accoglimenti  dei  suoi  congionti,  o  dal  proprio  desiderio  che 
lo  condusse  a  fare  un'ostentosa  comparsa  con  un  incarico  sì  onorevole,  si  tenne  però  con- 
tenuto con  questa  nobiltà  che  tanto  desiderava  sentirla  confermata,  in  parteciparli,  la  no- 
tizia più  distinta  della  renuncia  del  regno  fatta  da  Sua  Maestà  Cattolica  a  Sua  Altezza 
Reale  nell'accordati  della  pace  d'Utrecht  ma  neh'  istesso  tempo  che  di  già  erano  precorse 
tante  gazzette  mostrava  piacere  sentirle  leggere  in  quelle  che  S.  A.  R.  habbii  generosa- 
mente dichiarato  la  principessa  sua  moglie  per  prima  dama  d'onore  di  Madama  Reale,  et 
i  di  lui  figli  per  paggi.  Passò  in  Messina  dopo  li  quattro  giorni  ove  si  è  inteso  riaversi 
contenuto  nell'istessa  forma,  questa  però  niente  ha  diminuito  della  ferma  speranza  conce- 
pita nell'animo  dei  nobili  e  de1  popolo  su  la  notizia  pervenutali  dall'altra  via,  che  il  Re 
nostro  signore  habbii  curato  raddolcire  1'  amarezza  della  renuncia  del  regno  col  solo  rila- 
sciarlo in  mano  d'un  principe  tanto  savio  ,  forte  e  giusto  che  si  farà  distinguere  nella  fe- 
licità dei  suoi  novi  vassalli.  La  fama  dell'eroiche  virtudi  di  Sua  Altezza  Reale  nel  valore  e 
nel  senno,  se  ha  saputo  correre  sino  all'  America  et  all'Asia,  non  era  per  arrivar  tardi  in 
un  paese  cotanto  vicino  al  suo,  ove  pria  delle  presenti  contingenze  era  stato  sempre  con- 
siderato con  l'ammirazione  di  tutti  un  Alessandro  dei  nostri  tempi,  che  non  dovea  trovar 
ristretta  la  sua  gloria  nei  confini  della  Savoia  e  del  Piemonte.  Sappiamo  qui  quanto  egli 
sia  giusto  e  potente,  amante  dei  suo:  sudditi,  che  sà  governarli  con  giusta  considerazione, 
con  la  severità  e  con  la  clemenza  ,  e  che  sempre  habbii  osservato  la  tanta  utile  massima 
di  ripartire  bene  il  premio  ed  il  castigo.  Ogn'uno  dei  nobili  e  dei  plebei  ha  concepito  ferma 
speranza  di  vedere  ristabilita  in  Sicilia  la  giustizia  e  restituito  lo  commercio,  da  dove  pos- 
sano riconoscere  la  tranquillità  del  vero  vivere  e  1'  accrescimento  dei  propri  anni.  Non  è 
mancato  ne'  stranieri  il  disconforto  di  abbandonare  paese,  cosi  ameno  e  fertile,  e  dal  di- 


(1)  Da  un  Ms.  della  nostra  Comunale  segnato  Q.q.  F.  5. 

(2)  Non  abbiamo  potuto  trovare  chi  sia  stato  l'autore  di  questa  lettera. 


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sconsuolo  è  nato  il  pensier  di  seminar  zizanie,  ma  per  grada  divina  niuna  d'  esse  disse- 
minate ha  ritrovato  dove  appigliarsi  nell'animo  dei  Siciliani  preoccupati  d'un  pieno  amore 
e  contento.  Chi  dice  che  S.  A.  R.,  non  russe  per  appigliarsi  all'accordati  in  Utrech  in  rice- 
vere Sicilia  e  lasciare  Vigevano  ed  altre  parti  di  Lombardia  promessoli  dall'imperador  Leo- 
poldo e  che  su  questo  punto  fosse  già  sovertito  dalle  riflessioni  di  tanti  suoi  ministri  che 
lo  persuadono  a  non  cangiare  un  palmo  di  terra  della  Lombardia  per  una  lega  di  Sicilia. 
Ma  ogn'uno  l'ha  risposto  che  S.  A.  R.  risolverà  da  sè  non  havendo  necessità  di  far  tante 
riflessioni  o  consiglio  dei  ministri  in  rifiutare  una  corona,  che  tutto  fosse  stretta  alla  sua 
gran  testa  non  lascia  d'esser  bella  assai,  vaga  e  riguardevole  per  l'antichità  e  per  i  privi- 
legi di  renderlo  monarca,  come  legato  apostolico,  anche  sopra  ecclesiastici  e  vescovi,  e 
tanto  conspicua  come  una  delle  quattro  che  portano  il  preggio  della  santa  untione  al  capo 
ove  s'appoggiano.  Anzi  tanti  hanno  considerato  che  le  raggioni  di  lasciar  Sicilia  non  po- 
tranno rappresentarsi  a  S.  A.  R.  simili  a  quelle  di  Portogallo  che  stimò  non  accettare  o 
per  l'incertezza  della  successione  e  per  il  tanto  remoto  slontanamento  dal  Piemonte,  mentre 
questo  regno  lo  mirerà  da  vicino,  e  lo  possederà  con  tanta  sicurezza  e  con  la  massima 
dell'amorevole  ossequio  e  fede  che  li  giureranno  e  saranno  per  osservarla  sempre  i  sici- 
liani. Altri  stranieri  han  procurato  insinuar  gelosia  nel  rendersi  un  regno  si  grande  et  an- 
tico provincia  del  Piemonte,  mentre  S.  A.  R.  non  lascerà  di  continuare  la  sua  sede  in  Tu- 
rino che  tanto  ama,  come  daher  (sic)  tanto  ingrandito  et  adorno,  per  venire  in  Palermo  ad 
incepparsi  in  un'isola  e  sempre  haveranno  un  Re  lontano.  Ma  si  sono  disingannati  che 
anno  già  conosciuto  che  la  Sicilia  sarà  per  amore  per  l'ossequio  più  riverente  al  suo  monarca 
ugualmente  da  lungi  che  da  presso,  e  che  sempre  sii  a  ricevere  più  vicini  i  raggi  del  pren- 
cipe  e  non  riguardare  il  suo  sole,  come  per  tanti  secoli  lo  ha  visto  da  paese  più  remoto  con 
la  dura  condizione  dell'antipodi,  e  chi  discorre  la  sostanza,  e  non  1'  apparenza  delle  cose, 
vede  il  regno  che  non  si  formerà  ma  che  resterà  provinvia  ,  come  sempre  è  stato,  e  che 
non  sia  punto  pregiuditiale  o  disgradevole,  quando  così  piacesse  al  suo  Re,  dirsi  provincia 
del  Piemonte,  mentre  la  natura  ha  reso  questo  coȓ  riguardevole  per  proprio  sito  e  tanto 
considerato  dall'altre  potenze  d'Europa  per  la  gelosia  che  nasce  dai  suoi  confini,  che  non 
è  per  mendicar  paragone  da  qualunque  regno  più  vasto  e  grande,  oltre  che  la  Sicilia  non 
sarà  come  provincia  del  Piemonte,  ma  come  di  quel  luogo  ov'  è  ferma  la  sede  il  suo  Re 
e  sarà  per  considerarsi  come  membro  subordinato  dell'impero  del  suo  capo  non  come  ad 
altro  membro  più  piccolo.  E  poi  chi  sa  se  le  delizie  di  Sicilia,  ove  oggi  possono  trovarsi 
quelle  delie  campagne  di  Damasco  ,  la  clemenza  dell*  aria  ,  la  fertilità  del  terreno  ,  la  va- 
ghezza di  Palermo  e  l'ossequio  di  una  cospicua  e  tanto  numerosa  nobiltà  saranno  per  al- 
lettar il  Re  a  portar  ivi  la  sua  corte  !  et  almeno,  se  non  per  sempre,  non  mancherà  la  spe- 
ranza di  vederlo  spesse  volte  e  quando  lo  chiamasse  il  bisogno. 

Arrivò  la  malizia  dei  stranieri  a  discorrere  che  potendo  essere  il  regno  insidiato  da 
qualche  potenza  nemica  e  forse  vicina  ,  non  avendo  il  Re  forze  bastanti  e  maritime  per 
difenderlo  ,  sentirebbe  spesso  1'  incommodi  della  guerra  ,  e  perderebbe  la  tranquillità  della 
pace  goduta  per  tanto  tempo,  e  sarebbe  forzato  a  conservarsela  a  costo  di  gran  spese  ne- 
cessarie per  un  grosso  presidio,  che  verrebbe  ad  indebolire  le  forze  d'ogn'uno  con  spesse 
contributioni  oltre  l'ordinarie. 

Veramente  veleno  vomitato  dalla  malignità,  che  ha  incontrato  l'antidoto  neh"  animo 
de'  Siciliani  che  discorrono  tutti  con  sostanza,  benché  senza  quella  bella  maniera  ,  che  si 
acquista  nella  prattica  del  mondo.  Ogn'uno  1'  ha  risposto  ch'el  nostro  nuovo  Re  oltre  la 
sua  presente  potenza  si  renderà  il  più  poderoso  ed  il  più  temuto  nel  Mediterraneo ,  che 
con  poche  navi  che  fabricherà  potrà  tenere  in  contributione  tutte  le  potenze  che  frequen- 


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tano  il  commercio  da  Ponente  a  Levante  e  da  Levante  a  Ponente,  restimandosi  Sicilia  in 
stato  d'aspettare  al  passo  ogni  nave  e  che  le  potenze  maritane  saranno  per  tenerselo  sem- 
pre amico,  e  rispettato  per  non  venirli  intorbidato  il  loro  commercio  che  se  volessero  ren- 
derlo sicuro  di  dieci  vassalli  non  più  Siciliani  che  li  russerò  sarebbono  forzati  convegliarlo 
d'una  grossa  flotta  ,  che  portarebbe  dispendio  d'  assorbire  il  valore  di  tutte  le  mercanzie. 
E  se  non  habbii  luogo  da  temere  invasione  da  altro  regno  vicino  vedendosi  con  1'  espe- 
rienza dell'antichi  Re  di  Sicilia,  che  questi  forti  formidabili  a  quei  di  Napoli,  e  spesse  volte 
vincitori ,  mentre  Sicilia  con  puoche  navi  e  galere  può  interdire  per  il  faro  di  Messina  il 
passo  al  trasporto  di  tutti  i  viveri  che  sono  necessarii  a  condursi  per  mare  dalla  Puglia, 
et  altre  provincie  per  sostegno  della  capitale  di  Napoli,  e  poi  contiguo  a  Sicilia  sutta porsi 
e  moli  sicurissimi  per  ogni  armata  maritima  al  regno  di  Napoli  con  un  piccolo  muoio  e 
puoco  sicuro,  potrebbe  più  tosto  considerarsi,  coni'  è,  la  città  sotto  una  fertilissima  citta- 
della ,  e  che  più  agevolmente  quel  regno  a  noi  vicino  potrebbe  essere  turbato  et  invaso 
dal  nostro  Re  con  essersisi  (?)  per  terra;  ma  la  Sicilia  è  difesa  da  un  bel  fosso  pieno  di 
acqua  assai  profondo  ,  che  non  può  rasciugarsi ,  e  passarsi  riempendosi  di  fascini  e  legni, 
che  per  essere  assediato  bisognano  a  chi  vuol  fiire  simile  tentativo  tutte  le  forze  maritime 
del  settentrione,  che  pure  unite  incontrarebbero  assai  difficile  e  dispensiosa  simile  impresa 
in  parte  tanto  distante  de  loro  porti ,  mentre  quanti  soldati  porteranno  e  cavalli  per  di- 
sbarco, saranno  per  sentire  gran  danni  del  novo  clima  tanto  caldo  che  ne  farà  morire  mi- 
glior parte  imputriditi  da  febre  campestre  pria  d'accingersi  ad  una  battaglia,  ciocché  si  vidde 
con  tanto  esterminio  nell'eserciti  di  Francia  nel  breve  spatio  di  quattr'anni  nelle  revolu- 
zioni  di  Messina;  quanto  costerà  un  cavallo,  et  un  fante  per  trasportarsi  in  Sicilia,  quanto 
i  viveri  per  providimento  d'un  esercito  trasportati  da  paesi  tanto  distanti  a  forza  di  navi, 
e  quale  dovrebbe  essere  il  numero  di  queste  per  il  solo  disbarco  di  ventimila  homini  ne- 
cessarii a  fare  qualche  tentativo  non  già  accquisto  quando  non  {ossero  accompagnati  da 
paesani.  Quanto  li  costarebbe  impadronirsi  pria  d'un  porto,  ove  possi  mantenersi  l'armata 
maritima  non  potendo  stare  rìellc  spiaggie  a  discretione  delle  tempeste.  Ma  quando  fosse 
non  tanto  difficile  l'acquisto  d'  un  porto  riuscirebbe  affatto  impossibile  il  poter  subsistere 
con  forma  d'esercito  in  campagna,  dovendosi  far  conto,  che  perdendo  poca  gente  al  primo 
disbarco,  e  dovendone  lasciare  buona  parte  a  presidiarsi  una  o  due  città  delle  più  deboli, 
che  haveranno  sorprese  restarebbono  a  campeggiare  con  meno  della  mettà  di  venti  migliaia 
d'homini  haveranno  condotto  che  si  consumerà  per  la  strada,  o  per  le  montagne  volendo 
proseguire  l'aecquisto  del  resto  del  regno,  e  li  paesani  con  impedirci  i  viveri  i  divertirci  (?) 
il  commercio  per  terra  lo  farebbono  consumare  a  poco  a  poco  in  brieve  tempo  senza  la 
vicina  speranza  di  far  nove  reclute  per  la  distanza  del  paese  d'  onde  dovessero  provenire. 
Chi  legge  l'antiche  historie  dell'Imperio  Romano  conoscerà  quanto  sii  osso  duro  l'accquisto 
di  Sicilia  a  forza  d'armi  stranieri,  sono  tutti  raggioni  per  far  credere  ad  ogn'huomo  pru- 
dente che  mai  penserà  potenza  straniera  a  tentarne  1'  accquisto  pieno  di  tanti  dispendii  e 
pericoli  et  apportarci  la  guerra  per  poterla  sostenere  poi  puoco  tempo  ,  e   se   venisse  ad 
attaccarla  con  qualche  gran  sforzo  sarebbe  apportarli  danno  et  utile  nel   regno,   senza  il 
notabile  pregiuditio  che  potrebbe  solo  nascere  da  una  lunga  guerra  che  mai  in  un'  isola 
si  è  vista  durare  lungo  tempo.  Quattro  o  cinque  mila  huomini  di  militia  regulare  bastano 
a  presidiare  con  tutta  sicurezza  l'isola  di  Sicilia,  ripartendoli  fra  Palermo  ,  Messina  ,  Sira- 
gosa,  Trapani  e  Milazzo,  e  questi  si  mantengono  come  sempre  con  li  soliti  donativi  or- 
dinarli ,  senza  nove  contributioni  per  impedir  disbarco  a  nemici  ,  poca  cavalleria  regulare, 
che  qui  si  trova  li  sarebbe  di  gran  danno  e  disturbo,  giacché  per  essendo  la  Sicilia  tutta 
girata  di  monti  con  poche  spiaggie  spatiose  che  possano  essere  commodo  ad  avanzarsi  e- 


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serciti  saranno  di  grand'oppositione  le  railitie  paesane  che  sono  sempre  pronte  a  girare  il 
regno  nel  numero  di  nove  mila  fanti  oltre  le  mille  che  servono  fìssi  per  guardarsi  la  pro- 
pria marina  di  Jaci  considerando  giri  tre  mila  cavalli  inclusi  li  mille  e  cinque  cento  baroni 
che  forse  ce  (?)  loro  poca  diversità.  Le  michaletti  saranno  buoni  per  aspettare  in  passi 
stretti  l'inimici  che  vogliono  avanzarsi ,  e  così  impedirli  il  passaggio  per  farli  consumare 
nelle  pianure  vicino  alle  spiaggie  colla  continua  molestia  delle  scaramuccie.  Chi  pensa  alla 
guerra  di  Messina  conoscerà  quanto  habbii  costato  alla  Francia  l'assistenza  data  ai  Messi- 
nesi per  quattro  anni  e  che  per  tutto  questo  tempo  con  1'  aggiunto  d"  una  città  ribellata 
populata  allora  da  120  (?)  abitanti  non  habbiano  possuto  i  Francesi  allargarsi  ne  anche  ad 
accquistar  in  Milazzo,  o  Catania  parte  vicine  di  Messina,  costandoli  gran  sangue  ogni  passo 
ed  ogni  palmo  di  terra  volevano  avanzare. 

Non  hanno  lasciato  d'insinuare  nell'animo  dei  nobili  la  mutattione  dovranno  sentire 
quando  ristabilita  la  giustizia  saranno  constituiti  in  obligo  di  pagare  i  loro  debiti  che  sono 
troppo  considerabili  e  che  essendole  negati  le  dilationi  introdotte  dal  governo  spagniulo 
saranno  per  riducersi  in  stato  di  disperattione  non  bastando  ora  le  loro  forze  presenti  a 
sodisfare  una  massa  di  debiti  invecchiati  sopra  i  loro  feudi.  Ma  conoscono  tutti  il  veleno 
che  copre  tale  insinuattione  ed  ognuno  de  nobili  e  de  baroni  riflettendo  prima  al  debito 
che  per  giustizia  devono  sodisfare  pensano  che  sii ,  forse  pervenne  il  caso  che  circolando 
bene  la  giustizia  per  tutti  resti  pure  ogn'uno  d'essi  pagato  dell'ingentissimi  crediti,  sopra 
li  stati  di  Montalto,  Terranova,  Almirante  Conte  di  Modica,  Palazzuolo,  Contestabile  Co- 
lonna e4  altri  baroni  potenti,  habitanti  fuori  del  regno  che  per  li  guardi  troppo  politici 
sono  stati  sin'  ora  favoriti  da  un  privileggio  repugnante  ad  ogni  lege  di  pagare  ai  suoi 
creditori  una  minima  parte  di  quanto  li  devono  ,  e  tirarsi  fuor  del  regno  tutto  il  resto 
considerabile  di  loro  rendite  per  mantenersi  con  tanta  osservatione  in  altre  Corti. 

Pensino  pure  i  Baroni  di  Sicilia  quanto  li  sii  costato  come  il  benefìcio  di  simili  dilat- 
tioru  troppo  smoderatamente  concessali  nel  passato,  e  quanto  si  habbiano  retribuito  a  chi 
l'ha  concesse  che  facendo  il  conto  sarebbe  bastato  a  pagare  buona  parte  dei  loro  debiti. 
Anzi  tutti  ravveduti  ben  conoscono  tal  pietà  esserli  stata  crudele,  mentre  permettendo  ai 
loro  antenati  il  consumo  dei  frutti  dei  feudi  in  ostentatone  e  lusso  tanto  smoderato  ,  ha 
tirato  oggi  sopra  d'essi  la  rovina  con  l'oppressioni  di  tanti  debiti  attrassati,  e  vedono  troppo 
chiaramente  che  seguitando  questo  costume  tanto  pernicioso  al  publico  bene  ed  alla  giu- 
stizia ed  a  loro  medesimi  sarebbono  d'  uno  in  uno  a  provar  la  disgratia  ,  che  tanti  han 
provato  di  vedersi  venduti  1'  antichi  feudi  per  pagare  una  volta  i  creditori  ,  quando  habii 
arrivato  il  male  ad  esser  incurabile. 

Pensano  pure  li  più  savii  e  1'  han  communicato  al  restante  che  S.  A.  R.  introdurrà 
subito  il  divieto  dell'ostentatone  e  lusso  smoderato  in  che  si  consumano  tutte  le  sostanze 
dei  suoi  vassalli,  vitio  troppo  naturale  ai  Siciliani,  ma  maggiormente  continuato  da  chi  ha 
stimato  mantenerli  poveri  e  deboli  contro  ogni  raggione  e  di  vera  politica  e  che  si  rin- 
noveranno l'antiche  leggi  municipali  a  sradicare  simile  disordine  molto  riuscirebbe  profet- 
tevole  al  mantenimento  del  regno  e  dei  vassalli,  e  in  pochi  anni  Sicilia  che  è  tanto  ricca 
dare  (?)  in  ogni  genere  mancandoli  il  consumo  tanto  pernicioso  al  patrimonio  dei  regnicoli 
diverrebbe  una  piccola  America.  Chi  dà  un'  occhiata  al  governo  delle  piccole  republiche 
vederi  che  tirano  la  maggior  forza  nel  mantenersi  ricche  delle  prohibittioni  di  simili  osti- 
nattioni  (?). 

Or  questo  balsamo  a  poco  a  poco  sarebbe  per  sanare  ai  Baroni  la  lepra  (sic  per  :  leb- 
bra) dei  loro  debiti  ed  il  Re  proprio  che  riavrebbe  cura  di  sanarli  con  amore  non  verrebbe 
obligandoli  a  pagar  tutto  e  sanarli  levandoli  la  pelle  ,  li  ungerà  con  lemitivi  ed  in  pochi 


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anni  si  ridorranno  in  una  sanità  di  forze  e  così  sarebbono  loro  ristabiliti  nel  credito  per- 
duto da  tanto  tempo  con  la  mala  opinione  di  esser  mali  pagatori  ed  il  resto  della  gente 
riborzando  il  suo  tanto  tempo  negatoli  ritornerebbe  loro  nella  pristina  forza  ,  e  con  ciò 
sarebbe  tutto  il  regno  ritornato  in  fortuna  circolaudo  il  denaro  per  tutte  le  vene  e  com- 
municando  la  sostanza  in  tutte  le  parti  del  corpo  senza  vedersi  come  prima  vivi  alcuni 
membri  principali,  e  l'altri  ammortiti,  contro  la  regola  d'  ogni  buono  regnante  che  vuole 
avvivare  ogni  particella  del  corpo  del  suo  regno  servendo  ogn'una  a  fare  la  sua  funtione 
in  obedire  e  servire  al  capo. 

Infine  i  stranieri  guardano  troppo  crucciosi  l'allegrezza  in  faccia  ai  Siciliani  ed  il  consuolo 
che  antecipa  nel  cuore  pensando  di  vivere  sotto  un  regnante  che  tanto  l'amerà  nella  pace 
e  li  difenderà  nella  guerra  e  li  mirerà  sempre  da  vicino  con  tanto  beneficio 


•  ...     •     •     •     -     •  (0- 

Insomma  tutte  le  zizanie  sono  svanite  e  disperse  in  aria  non  ben  trovaro  terra  da 
far  radice  dei  siciliani  ci  è  chi  ad  ubidire  Filippo  quinto  suo  monarca  trabboccano  nell'al- 
legrezza vedendo  che  la  necessità  della  pace  l'ha  constituiti  in  una  sorte  così  favorevole  di 
cangiare  un  monarca  tanto  pio,  giusto  e  clemente  con  un  altro  ugualmente  tale,  suo  con- 
giunto per  sangue  e  per  tanti  antichi  e  nuovi  legami  dichiarato  successore  universale  della 
di  lui  corona  in  mancanza  di  Sua  regia  discendenza  ....... 

Vedersi  il  regno  riparati  quei  danni  che  han  posto  in  esterminio  il  commercio  e  ri- 
mediati tanti  disordini  che  non  potrebbono  riferirsi  senza  lacrime,  i  quali  la  maiestà  di 
Filippo  V  non  hebbe  luogo  nè  tempo  da  pensare  nei  pochi  anni,  che  l'han  tenuto  preoc- 
cupato guerre  di  tanta  considerazione;  questa  isola  sarà  per  1'  avvenire  del  re  non  già  di 
nome  e  di  nuda  proprietà  come  prima  dandosi  in  usufrutto  ai  viceré  che  venivano  a  ven- 
demiare  questa  bella  vigna  senza  coltivarla,  non  pensando  di  conservarne  la  proprietà  che 
non  era  sua,  giacché  erano  destinati  al  solo  fine  di  risarcirsi  in  Sicilia  i  danni  patiti  in 
altri  paesi. 

Saranno  governati  da  un  Re  o  presente  o  molto  vicino  che  mai  darà  tarda  la  medi- 
cina al  male  dei  suoi  vassalli  e  viderà  ristabilito  il  commercio  del  mare,  fare  navi  e  barche 
destinate  a  tale  effetto  e  darà  animo  ai  sudditi  di  farne  delle  proprie        .       .       .  . 


Quanto  sarà  di  consuolo  alla  Sicilia  veder  1'  amministrazione  della  giustizia  posta  dal 
suo  Re  innanzi  d'  nomini  dabbene  sperimentati  neh'  esercizio  della  giudicatura  ,  consumati 
nell'inedio  e  provetti  nella  cognitione  delle  lggi,  che  s'imporranno  con  fare  lungo  tempo 
l'avvocato  alla  curia;  si  legge  in  Filippo  Canineo  nel  Panagirico  a  Giulio  :  nullum  maius 
indilium  bene  mentis  obstendere  polest  Princeps  quam  ut  adiungat  sibi  viros  virtute  et  fama  lu- 
benhs,  nam  omnes  statini  indicabunt  dum  talem  esse  quales  ii  apud  ipsum.  Verrei  più  dirci  in 
conferma  del  commune  consuolo,  e  di  quanto  qui  si  discorre  con  sode  riflessioni  in  os- 
sequio di  S.  A.  R.  con  viscere  di  vero  amore  e  di  ferma  devozione,  ma  una  lettera  non 


(i)  Omettiamo  tutto  quanto  è  superfluo  e  potrebbe  tediare  il  lettore. 


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può  emporre  una  istoria  per  participarne  col  signor  Abbate  del  Maro ,  a  che  io  non  ho 
preso  animo  di  faticare  per  non  esser  riputato  licensigro  in  usurparmi  tal  confidenza  ma 
non  lascio  ad  incarirsi  (?)  che  le  parti  con  le  più  devote  espressioni,  e  nei  più  proprii  ri- 
spetti e  mi  resto.  —  Palermo  24  luglio  1713. 

II. 

Il  Senato  di  Palermo  invita  il  Pretore  di  ritornare  in  'Palermo 
per  la  venuta  di  Vittorio  Amedeo  (1) 

Illustrissimo  et  Eccellentissimo  Signore  Padrone  Osservandissimo, 

Dal  tenore  con  cui  scrisse  a  V.  E.  il  signor  Principe  di  Aragona  resterà  intesa  del 
viglietto  di  S.  E.  che  è  capitato  al  Senato  per  doversi  disponere  ed  apparecchiare  da  suo 
canto  quelle  prevenzioni  che  sono  precise  prima  dell'arrivo  di  Sua  Altezza  Reale  in  que- 
sta città  affinchè  piaccia  a  V.  E.  abbreviare  il  disegno  del  suo  passaggio,  deve  però  il  Se- 
nato accalorare  questa  risoluzione  con  le  più  vive  suppliche  che  richiede  la  gravità  dell'af- 
fare con  la  certezza  che  la  singular  prudenza  di  V.  E.  non  posponerà  a  momenti  la  sua 
partenza  per  il  comune  disimpegno,  mentre  raffermandoli  il  Senato  la  sua  devota  osser- 
vanza resta.  Palermo  28  agosto  17 13. 

di  V.  E. 

Illustrissimo  et  Eccellentissimo  Signor  Principe  di  Scordia 

III. 

TV  Senato  avverte  il  Viceré  d'aver  fatto  quanto  egli  avea  scritto,  e  d'aver  bisogno  di  somme 

per  l'arrivo  di  Vittorio  ^Amedeo  (2) 

Eccellentissimo  Signore, 

Con  quell'attenzione  che  ha  convenuto  all'obbligo  del  Senato  si  sono  conferiti  li  due 
biglietti  di  V.  E.  che  contengono  quanto  si  dovrà  eseguire  da  canto  del  Senato  con  mo- 
tivo della  prossima  venuta  in  questo  regno  dell'  Altezza  Reale  del  signor  Duca  di  Savoja 
per  mettersi  in  possessione  di  esso  conforme  alla  cessione  che  gli  ha  fatto  Sua  Maestà  (3). 
Ed  in  vista  della  relazione  che  si  serve  includerci  di  tutto  ciò  che  necessita  per  l'alloggio 
di  Sua  Altezza  Reale,  sua  famiglia  ed  officiali  delle  truppe  che  seco  porta,  ha  cominciato 
a  disponere  queste  providenze  così  in  procurare  case  vicino  il  Real  Palaggio  ed  alloggi  nelli 
conventi  e  case  di  regolari  in  questa  secondo  l'intenzione  che  ha  compreso  il  Senato  dalla 
cennata  relazione  e  nel  medesimo  tempo  si  va  il  Senato  apparecchiando  per  la  funzione 
e  pompa  con  la  quale  deve  assistere  e  ricevere  la  persona  ai  Sua  Altezza  Reale  in  quella 


(1)  Estratto  dalle  Consulte  del  Senato  di  Palermo,  volume  degli  anni  171 3-1717  fog.  24. 

(2)  Estratto  dalle  Consulte  del  Senato  di  Palermo,  volume  degli  anni  1713-1717.  fog.  25. 

(3)  Non  abbiamo  potuto  rinvenire  sull'argomento  altro  biglietto  viceregio,  tranne  di  quello  qui  pubbli- 
cato, segnato  di  numero  IX. 


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forma  che  si  deve  ad  un  tanto  gran  personaggio;  e  considerando  la  sovrana  intelligenza  di 
V.  E.  che  a  questo  fine  saranno  precisi  guasti  di  considerazione  senza  che  possa  il  Senato 
arbitrare  a  che  somma  possano  giungere  ha  ordinato  al  Senato  d'  avvisarli  che  dispense 
havesse  di  bisogno. — Deve  il  Senato  supplicare  la  somma  autorità  di  V.  E.  acciò  si  degni 
ordinare  al  Tribunale  del  Real  Patrimonio  che  gli  spedisse  i  dispacci  necessarii  senza  li- 
mitazione di  somma  da  potersene  valere  non  solo  degli  avanzi  della  colonna  frumentaria 
che  giudica  non  essere  sufficienti,  ma  ancora  dall'istessa  colonna  frumentaria  essendo  una 
causa  tanto  distinca  ed  inescusabile  che  non  ammette  risparmio  nè  differimento  di  tempo, 
restando  però  al  prudente  arbitrio  di  V.  E.  l'ordinare  a  chi  ne  dovrà  dar  conto  della  spesa 
che  fard  a  detto  fine. — Sopra  ogni  altro  avanza  al  Senato  la  sollecitudine  di  vedersi  pa- 
trocinato in  queste  disposizioni  dalla  sovrana  direzione  di  V.  E.  presenzialmente  ed  intanto 
conchiude  con  le  più  incessanti  suppliche  di  accelerare  il  suo  passaggio  in  questa  dove  si 
sospira  con  quella  brama  che  può  credere  a  riflesso  della  così  lunga  e  dura  privazione  che 
ne  ha  sentito  tutto  questo  pubblico,  in  nome  del  quale  rassegnando  a  V.  E.  il  Senato  il 
suo  riverente  ossequio  resta  pregando  Iddio  guardi  la  Sua  Eccellentissima  Persona  come 
tanto  desideriamo.  —  Palermo  29  agosto  1713. 


IV. 

Lettere  credenziali  per  S.  M.  Vittorio  Amedeo  fatte  dalla  Deputazione  del  T^egìio 

al  principe  di  %pccafiorita  (1) 

Signore, 

Sarà  a  V.  A.  R.  renduta  questa  dal  principe  di  Roccafiorita  uno  dei  principali  baronj 
di  questo  Regno,  per  la  qualità  del  suo  sangue  nostro  collega,  che  presterà  al  nuovo  so- 
vrano i  nostri  omaggi  nell'occasione  di  essere  stato  cesso  a  S.  M.  questo  regno  ;  e  desi- 
derando anche  manifestare  a  V.  A.  R.  i  nostri  ossequi  ,  havemo  deputato  il  Principe  per 
prostrarsi  a  di  lei  piedi,  e  supplicarla  insieme  in  nostro  nome  si  degnasse  riceverne  socto 
il  di  Lei  alto  patrocinio,  che  sperando  dalla  di  Lei  gran  benignità  pregamo  Iddio  guardi 
la  persona  di  V.  A.  R.  lunghi  e  felici  anni  come  noi  e  il  regno  abbiamo  il  bisogno.  — 
Palermo  31  agosto  1713. 

di  V.  A.  R.  Humilissimi  et  ubidientissimi  vassalli 

li  Deputati  del  Regno  di  Sicilia 


Il  principe  di  Butera  deputato 
Il  principe  di  Roccafiorita  deputato 
Il  duca  della  Gratia  deputato 


Il  principe  di  Carini  deputato 
Il  Conte  di  San  Marco  deputato 
Il  marchese  della  Ginestra  deputato 

D.  Giuseppe  Pape  Protonotaro 


Il  princ,  conte  di  Capace  deputato 
Il  principe  di  Menzoiuso  deputato 
11  principe  di  S.  Rosalia  deputalo 


(1)  Estratte  dalle  Consulte  della  Deputazione  del  Regno,  an.  171 3-1 724  voi.  8  f.  8. 


V. 


Lettere  credenziali  per  S.  M.  *Anna  d'Orleans  fatte  dalla  Deputazione 
del  Regno  al  principe  di  Roccafiorita  (r) 

Signora, 

Dovendo  manifestare  a  V.  A.  R.  i  nostri  ossequii  nell'occasione  di  essere  stato  cesso 
al  di  Lei  serenissimo  figlio  (2)  questo  regno  lo  adempiamo  per  via  del  principe  di  Rocca- 
fiorita,  uno  dei  principali  baroni  del  regno  nostro  collega,  il  quale  s'inchinerà  in  nostro  nome 
all'  A.  V.  R.;  speramo  dalla  di  Lei  somma  benignità  si  degnerà  gradire  questo  riconosci- 
mento ,  e  che  ci  accoglierà  sotto  il  di  Lei  potentissimo  patrocinio ,  di  che  con  ogni  ve- 
nerazione supplicandola  ,  pregamo  Iddio  guardi  la  persona  di  V.  A.  R.  lunghi  e  prosperi 
anni,  come  noi  e  il  regno  abbiamo  di  bisogno.  Palermo  31  agosto  17 13. 

di  V.  A.  R.  Humilissimi 

li  Deputati  del  Regno 

Con  te  s/esse  firme 

VI. 

Partenza  del  marchese  di  Geraci  per  Torino  a  prestar  l'omaggio  a  Vittorio  Amedeo  (3) 

A  10  settembre  17 13,  domenica  hore  22  abbassò  in  carrozza  con  corteggio  di  molta 
nobiltà  il  signor  Marchese  di  Geraci  sino  a  porta  felice  per  partirsene  per  Turino  a  pre- 
star l'omag-gio  a  Sua  Altezza  Reale  Duca  di  Savoja,  vi  era  la  feluca  e  entrò  e  in  detto 

tempo  spararono  numero  30  e  più  mortaretti  del  posti  a  filo  con  mina  ,  vicino 

la  Garita. — S'incamminò  per  il  vascello  ed  in  salire  sopra  detto  vascello  spararono  nu- 
mero 27  cannoni  uno  d'un  lato  e  l'altro  dall'altro  lato  (era  vassello  di  30  cannoni)  se- 
guendo a  tal  disparo  le  tartane  che  si  ritrovarono  nel  molo  ed  alla  cala  con  le  loro  mo- 
jane,  fu  una  bella  veduta,  e  se  ne  partì  la  sera. 

VII. 

Lettera  della  Deputazione  del  %egno  a  Vittorio  ^Amedeo  in  risposta 
di  quella  da  lui  direttale 

Sacra  Real  Maestà, 

Sono  proprii  della  Real  benignità  di  V.  M.  e  del  di  Lei  paterno  affetto  verso  noi  e 
questi  suoi  popoli  vassalli  gli  amorevoli  senzi  che  si  compiace  manifestare  nella  sua  ren- 
dutane  dal  cavaliere  D.  Carlo  Requisens  tenente  colonello  ,  e  crescendo  in  noi  l'obligo  a 


(1)  Estratte  dalle  Consulte  della  Deputazione  del  Regno,  an.  1713-1724  voi.  8  f.  8. 

(2)  Errore  materiale  forse  del  copista,  per  sposo. 

(3)  Estratto  dal  Cerimoniale  del  Senato  di  Palermo,  volume  dell'anno  1713.  log.  24  rei. 


proporzione  delle  gratie  che  si  degna  dispensarne,  le  rendiamo  inchinati  a  piedi  della  M.  V. 
copiosissime,  rattificando  quegli  omaggi  che  per  via  del  principe  di  Roccafiorita  con  nostre 
lettere  dichiarammo  da  più  giorni  a  V.  M.  la  di  cui  real  persona  anziamente  attendendo 
per  sodisfare,  ne  i  comoni  ossequi,  il  nostro  animo  pregamo  Iddio  guardi  la  real  persona 
di  Y.  M.  come  noi,  il  Regno  e  la  Christianità  abbiamo  di  bisogno.  Palermo  4  ottobre  1 7 1 3 . 

S.  R.  M.  di  Vostra  Sacra  Real  Maestà 

Humilissimi  vassalli  che  i  suoi  reali  mani  e  piedi 
bagiano-  li  Deputati  del  Regno  di  Sicilia 

Con  le  slesse  firme  (1) 

Viti. 

Hando  del  Senato  di  'Palermo,  con  il  quale  s'invitano  i  cittadini  a  tape^are  i  prospetti  delle  case 
ed  a  far  per  tre  sere  luminarie  in  occasione  della  venuta  di  Vittorio  ^Amedeo  (2) 

Die  sexto  octobris  septimae  indictionis  17 13. 

Nobilis  Franciscus  Perino  publicus  praeco  huius  felicis  et  fìdelissimae  urbis  Panormi 
retulit  se  de  mandato  quo  infra  publicavisse  infrascriptum  bannum  per  loca  solita  publica 
et  consueta. 

Bando  e  Comandamento  d'ordine  dell'Illustre  Senato  di  questa  felice  e  fìdelissima  città 
di  Palermo. 

Perchè  fra  breve  s'attende  la  venuta  della  Maestà  del  nuovo  Re  e  Signore  a  cui  la 
Maestà  del  Re  Filippo  Quinto  nostro  Signore  ha  fatto  la  cessione  del  Regno  come  viene 
notificato  a  questo  Illustre  Senato  con  Real  lettera  sotto  li  20  settembre  p.  p.  17 13  da 
Turino  col  trattato  di  pace  seguito  tra  essi  sovrani  e  perchè  fra  breve  si  porterà  in  que- 
sta capitale  per  la  possessione,  ha  perciò  giudicato  l'Illustre  Senato  passarne  la  notitia  a 
questo  fidelissimo  publico  dovendo  questa  fedelissima  città  col  primo  ingresso  del  nuovo 
sovrano  in  detta  giornata  ricevere  un  motivo  di  straordinaria  allegrezza  et  essendo  con- 
veniente che  l'eccesso  di  questa  consolatione  che  soprabonderà  nell'animo  di  ciascuno  dei 
cittadini  si  debba  manifestare  al  dì  fuori  nelle  publiche  dimostrationi  di  applausi  e  segni 
esteriori  di  giubilo;  pertanto  questo  Illustre  Senato  averte,  esorta  et  incarica  a  tutti  li  cit- 
tadini et  habitanti  di  questa  città  per  il  primo  giorno  dell'ingresso  i  dovuti  preparamenti 
di  sontuosi  apparati  e  magnifiche  pompe  corrispondenti  ad  un  tal  ricevimento  onde  ordina 
che  specialmente  tutte  le  case  in  fronte  della  Marina  principiando  dal  lato  di  porta  felice 
sino  al  bastione  del  Trono  e  dall'altra  parte  uell'istessa  porta  felice  per  tutto  il  teatro  (?) 
della  Cala  sino  alla  chiesa  di  Piedigrutta  et  in  tutta  la  strada  del  Cassaro,  Piano  della 
Marina,  Piano  delli  Bologni  e  Piano  del  Regio  Palazzo  che  per  tal  motivo  apparassero  d'a- 
razzi e  ricche  tapazzarie  tutte  le  finestre,  balconi,  botteghe  e  quanto  all'oro  (sic)  fosse  ca- 
pace di  simili  abellimenti  senza  eccettione  alcuna  nè  pretesto  di  lutto  per  trattarsi  di  festa 
reale  di  singoiar  giubilo  di  questo  publico,  facendosi  per  tre  sere  continue  publiche  lumi- 
narie si  che  non  restasse  parte  della  città  che  non   fosse  abondevolmente  alluminata  e 


(1)  Estratte  dalle  Consulte  della  Deputazione  del  Regno,  an.  1713-1724  voi.  8  t".  11  rct. 

(2)  Estratto  dal  volume  di  Bandi  del  Senato  di  Palermo,  anno  1713-14.  Ind.  VII.  pag.  112. 


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quanto  di  più  a  ciascuno  soggerira  l'affetto  e  devotione  particolare  verso  il  nuovo  Re  e 
Signore  (che  Dio  guardi)  per  manifestare  con  atti  di  singolarità  la  sodisfattione  corrispon- 
dente alla  comune  allegrezza. 

P.  S)  P.  U. 
Placa  Sindacus 

IX. 

Biglietto  del  Viceré  con  il  quale  si  avverte  il  Senato  delle  cose  necessarie 
per  la  venuta  di  Vittorio  ^Amedeo  (i) 

Philippus  Rcx  etc. 

Illustribus  Regiis  Consiliariis  dilectis  —  Con  nostro  biglietto  rubiamo  ordinato  lo  che 
siegue  :  Deviendo  el  Senado  dessa  fidelissima  ciudad  segun  las  ordenes  que  le  tengo  da 
das  prevenir  el  alogamiento  y  toda  las  demas  providencias  para  el  ricibimiento  del  Sènor 
duque  de  Savoja  a  quen  el  Rey  nostro  sènor  ha  hecho  cession  de  este  Reyno  me  ha  repre- 
sentaao  que  para  una  cosa  tan  precisa  y  que  no  admicte  dilazion  non  tiene  prontos  me- 
dios  de  que  valerse  sino  es  de  los  avanzos  de  la  coluna  frumentaria  y  no  bastando  estos 
de  los  mismos  effectos  de  ella,  y  attendendo  yo  a  lo  inescusabile  que  es  que  se  excuten 
estas  expensiones  he  venido  en  dispensar  al  senado  el  que  pueda  valerse  de  dichos  in- 
troitos  corno  lo  solicita  para  las  sumas  que  nezesitare  para  elhri  expressando  rin  embargo 
de  quales  quiera  ordenes  di  que  haviere  en  contrario  y  ordeno  al  Tribunal  que  a  este  efecto 
y  sin  dilacion  expida  los  despachos  oportunos  concediendo  al  Senado  està  dispensa. — Me- 
zina  3  de  setiembre  17 13 — D.  Carolos  Felipe  Antonio  Spinola  Colunna — D.  Ioan  Antonio 
de  Morales — Al  Tribunal  del  R.  Patrimonio  resedente  en  Paliermo — Panormi  die  28  sep- 
tembris  171 3  in  triduo — Exequatur  et  detur  ordo;  acclusa  nel  detto  biglietto  è  stata  tra- 
smessa la  seguente  notacione. 

Nota  per  le  dispense  necessarie  per  la  venuta  di  Sua  Altera  Ideale 


Damasco  per  letti,  paramenti,  sedie,  cortine,  portali  et  altri  onze  2500 

dico  .............. 

onze 

2500 

Gallone  d'oro  canne  mille  prò  modo  onze  duemila  e  duecento;  dico  . 

» 

2200 

Frinzone  per  il  letto,  paramenti  e  seggi,  portali,  cortine  et  altri  onze  1000 

dico  .............. 

» 

1000 

Seggi  grandi  e  piccoli,  letti,  matarazzi,  boffette,  biancheria,  guarnitioni, 

capezzale  et  altro  onze  duemila  e  seicento;  dico  ...... 

» 

2600 

Sella  ricamata  con  guarnimento  d'oro,  staffe  e  briglia  onze  cinquecento 

dico  .............. 

» 

500 

Archi  trionfali  delli  quattro  cantoneri,  porta  felice,  porta  di  greci  ed  altri 

apparecchi  per  la  città  onze  mille  e  duecento  dico  ..... 

» 

1200 

Dispenza,  credenza  onze  mille  e  duecento  dico  ..... 

» 

1200 

(1)  Estratto  dal  volume  di  Cautele  di  Contabilità  del  Senato  di  Palermo  dell'anno  171 3-14  Ind.  V.  f.  80. 


Ponti  seu  sbarcatori  di  Sua  Eccellenza  e  Sua  Altezza  Reale  e  vestimenti 
delle  feluche  con  suoi  tindoli  onze  cinquecento  dico  .....>»  500 
Vestimenti  per  li  gabali  e  pifari  onze  quattrocento  dica      ...»  400 

In  tutto  onze  duodecimila  e  cento  dico  onze  12 100 

Oltre  d'altre  spese  minute  che  potranno  accadere  di  cose  non  pensate  dall'Illustre 
Senato  essendo  le  sopradette  promodo. 

D.  Gaetano  Celesia  R.  Maestro  Notaro 

E  dovendosi  da  voi  secondo  gli  ordini  dativi  prevenire  l'alloggiamento  e  tutte  altre 
providenze  per  il  ricevimento  del  signor  Duca  di  Savoja  a  cui  il  Re  nostro  Signore  ha 
fatto  cessione  di  questo  regno  e  non  havendo  voi  mezzi  pronti  delli  quali  potessivo  va- 
lervi per  una  cosa  tanto  precisa  e  che  non  ammette  niuna  dilattione  se  non  dell'introyti 
dell'avanzi  dell'amministrattione  frumentaria  et  in  mancanza  d'essi  delli  medesimi  effetti 
della  colonna  e  considerando  noi  essere  inescusabile  l'eseguirsi  le  sudette  espensioni  ha- 
biam  anco  devenuto  a  dispensarvi  di  che  possiate  valervi  delli  riferiti  introiti  per  erogare 
la  somma  di  onze  duodecimila  e  cento  per  1'  effetto  sopra  cennato  non  ostante  qualsi- 
vogliano  ordini  reali  che  vi  fossero  in  contrario  cossi  l'exequirete  con  la  possibile  brevità 
siccome  dalla  vostra  accostumata  attentione  e  zelo  ci  lo  compromettiamo  e  conforme  per 
lo  preinserto  biglietto  si  espressa  quale  ha  ricuperato  il  nostro  notaro  del  Conseglio  Pa- 
trimoniale.— Datum  Panormi  die  4  octobris  17 13. 

D.  Carlos  Felipe  Antonio  Spinola  Colunna 

Fernandez  P. 
Valgua mera  M.  R. 
Colonna  M.  R. 
Nigrì  M.  R. 
Bonifattio  M.  R. 
Gismondi  M.  R. 
Moncada  M.  R. 
Spad?fora  M.  R. 
Ramondetta  M.  R. 
Carate  Cons. 
Pensabene  F.  P. 

D.  Honufrius  Iannò  Regius  Magister  Notarius 

Die  nono  octobris  1713  —  Ex  parte  Illustrissimi  Senatus  Panormi  sede  piena  fuit  pro- 
visum  quod  registretur  et  exequatur. 

Ioannes  Cannucio  Pro  mag.  not. 


-  54  — 


X. 

Ordine  del  Viceré  di  non  passeggiar  carro%%é  durante  l'ingresso  di  Vittorio  Amedeo  (i) 
Die  decimo  octobris  septimae  indictionis  17 13. 

Nobilis  Franciscus  Perino  pubblicus  praeco  huius  felicis  et  fidelissiniae  urbis  Panormi 
retulit  se  de  mandato  quo  infra  publicavisse  infrascriptutn  bannum  per  loca  solita,  publica 
et  consueta,  tubis  urbis  eiusdem. 

Perchè  fra  breve  tempo  si  porterà  in  questa  felice  e  fedelissima  città  Sua  Altezza  Reale 
per  non  venire  impedito  il  giubilo  di  questo  fedelissimo  populo  nel  primo  ingresso  che 
farà  col  passaggio  delle  carrozze  nel  Cassare — Perciò  Sua  Eccellenza  in  virtù  del  presente 
bando  con  viglietto  di  Sua  Real  Segreteria  et  esecuto  per  l'Illustrissimo  Senato  ordina, 
provede  e  comanda  a  tutte  e  qualsivoglia  persone,  padroni  di  carrozze  che  di  oggi  innante 
non  presuman  passeggiar  per  il  Cassaro  anche  fuori  Porta  Felice  sotto  pena  alli  padroni 
di  perder  le  carrozze  et  altre  pene  benviste  a  S.  E.  et  alli  cocchieri  e  cavalcanti  di  quattro 
tratti  di  corda  da  eseguirsi  irremissibilmente  e  questo  sintanto  che  sarà  Sua  Altezza  Reale 
entrato. 

P.  S.  P.  V. 

Placa  Sindacus 

XI. 

Arrivo  di  Sacra  Real  Maestà  Vittorio  Amedeo  duca  di  Savoia  (2) 

A  10  ottobre  1 7 1 3 .  Portando  l'avviso  li  torrari  delle  vele  della  Reale  squadra  diedero 
la  notizia  al  signor  Viceré  Marchese  di  Balvases  ed  al  pretore  principe  di  Scordia,  ed  es- 
sendo a  veduta  le  navi  ed  in  poca  distanza  si  portò  da  Sua  Maestà  il  Viceré  ed  il  Pre- 
tore con  alcuni  nobili  ed  il  Protonotaro  —  Il  Senato  si  portò  alla  spiaggia  di  Porta  Felice 
dove  era  situato  un  maestoso  ponte  per  lo  sbarco  di  Sua  Maestà  —  Verso  le  ore  23  ri- 
tornò il  Viceré  ed  il  Pretore  colli  nobili  ed  il  Protonotaro  portando  la  notizia  che  Sua 
Maestà  avea  deliberato  di  far  lo  sbarco  per  l'indomani, 

XII. 

Disbarco  di  Sacra  Real  Maestà  Vittorio  Amedeo  (3) 

Mercordì  mattina  a  11  ottobre  1713  spedì  il  Senato  due  senatori  che  si  portarono  da 
Sua  Maestà  a  nome  del  magistrato  per  ordinarle  il  tempo  che  deliberasse  lo  sbarco ,  che 
fu  da  Sua  Maestà  destinato  per  le  ore  22  e  verso  le  sudette  ore  postesi  le  Maestà  del  Re 
e  Regina  in  una  ricca  gondola  assieme  con  l'Altezza  del  Principe  Tommaso  di  Savoja,  si  por- 


(1)  Estratto  dal  volume  di  Bandi  del  Senato  di  Palermo,  anno  1713-14.  Ind.  VII,  pag.  113. 

(2)  Dal  Protonotaro  del  Regno.  Cerimoniale  dei  viceré  vol./f/Z-f.^/- 
Il  titolo  posto  è  quello  esistente  in  detto  volume. 

(?)  lbid.  fog.#>v 


tarono  alla  riva  e  scesi  nel  ponte  si  posero  in  carrozza,  drizzandosi  pella  strada  del  Cas- 
saro  al  Duomo,  dove  intonatosi  dall'Arcivescovo  il  Te  Dentri  si  portò  Sua  Maestà  ad  ado- 
rare il  Santissimo  Sacramento  e  finito  di  cantarsi  il  Te  Deum  da  musici  disse  il  cele- 
brante le  solite  orazioni  e  diede  1'  Arcivescovo  la  benedizione  col  Venerabile  ,  ed  andati 
poscia  le  Maestà  ad  adorar  le  reliquie  di  S.  Rosalia,  ritornarono  alla  porta  maggiore,  dove 
salite  nella  carrozza  si  portarono  al  R.  Palazzo.  La  città  tutta  e  con  ispezialità  la  s:rada 
del  Cassaro  si  trovò  apparata  e  si  fecero  per  tre  notti  le  luminarie. 

XIII 

Entrat  i  privata  del  Re  (i) 

Havendo  arrivato  il  Re  nel  porto  martedì  io  ottobre  17 13  ad  hore  23  non  sbarcò, 
però  il  mercordi  1 1  de.to  sbarcò  alla  porta  felice  dove  si  haveva  tabricato  un  ponte  dalla 
banchetta  sino  alle  pietre,  appresso  le  quali  si  posero  alcune  barche  col  ponte  fabricato  di 
sopra  di  esse  e  il  Re  sbarcò  sopra  le  barche  e  si  pose  in  carrozza  Re  e  Regina  doppo  hore 
23  per  andare  alla  Cattedrale  —  Precedevano  le  milizie  e  seguitavano  le  carrozze  di  Sua  Maestà 
e  sua  corte  —  La  strada  fu  il  cassaro  —  Arrivate  le  loro  Maestà  al  duomo  furono  incon- 
trate da  Monsignor  Arcivescovo  vestito  ponteficale  accompagnato  da  sei  canonici  con  pi- 
viale e  mitra  —  Monsignore  le  diede  l'acqua  stando  con  mitra,  anche  li  canonici  con  sic- 
chietto  e  aspersorio  della  chiesa,  e  l'offerì  due  mazzonetti  di  fiori  —  Il  canonico  maggiore 
che  fu  il  decano  con  cappa  magna  preintonò,  come  è  solito  ,  a  Monsignore  il  Te  Deum 
e  levatele  la  mitra  intonò  Monsignor  il  Te  Deum  stando  in  piede  il  Re  e  la  Regina  ,  e 
postale  di  nuovo  la  mitra,  l'istesso  facendo  li  6  canonici  parati  ,  s'  incamminarono  verso 
l'altare  maggiore,  precedendo  il  seminario  ,  clero  ,  croce  arcivescovale  ,  capitolo  con  cappe 
magne,  li  sei  cappe  canonicali  e  Monsignore,  seguiva  il  Re  e  Regina  innante  li  quali  an- 
dava il  Prencipe  Tommaso  —  Nell'altare  maggiore  era  esposto  il  Santissimo,  come  si  dirà 
coverto,  onde  arrivando  Monsignore  alla  grada  del  Choro  si  levò  il  velo  e  Monsignore  e 
canonici  del  piviale  si  levarono  le  mitre  —  Monsignor  fece  genuflessione  sopra  coscino  nel 
piano  dell'altare  maggiore  dove  si  fa  la  confessione  e  doppo  sali  sopra  la  pradella  dell'al- 
tare, dove  fatta  la  se:onda  genuflessione  senza  coscino  si  ritirò  nel  corno  dell'epistola 
stando  in  piede  versa  facie  ad  Santissimum  et  %egem  —  Le  loro  Maestà  stiedero  genu- 
flesse sopra  il  strato  reale  con  coltra,  coscini  e  genuflessorio  e  non  essendo  preparato  altro 
coscino  per  il  Prencipe  Tommaso  il  maestro  di  ceremonie  di  Monsignore  volle  pigliare  il 
coscino  di  Monsignore  per  il  detto  Prencipe  ,  stante  che  non  serviva  più  a  detto  Illustre 
già  salito  sopra  l'altare,  il  Re  e  la  Regina  non  lo  p,;rmesero  dicendo  non  si  levi  al  pre- 
lato onde  si  fece  portare  altro  coscino  della  chiesa  ,  sopra  il  quale  si  genuflette  il  de:to 
Prencipe  dietro  le  Loro  Maestà,  ma  sopra  l'istessa  coltra  —  Nè  il  solìo  reale  ne  di  Mon- 
signore havevano  tosello  perchè  era  esposto  il  Santissimo  —  Al  Te  ergo  quaestanus  Mon- 
signore si  genuflette  nel  menzo  dell'altare  con  li  canonici  assistenti,  come  anche  le  cappe 
che  facevano  corona  all'altare,  tre  nel  corno  dell'Epistola  e  tre  in  quello  del  Vangelo  e 
doppo  si  ritirò  nel  corno  dell'  epistola  come  prima  e  tutti  s'alzarono  restando  genuflesse 
le  Loro  Maestà  —  Finito  il  Te  Deum  si  cantarono  da  Monsignore  le   preci  e  1'  orazioni 


(1)  Estratto  da  un  manoscritto  esistente  nella  nostra  Comunale,  portante  la  segnatura  cìq.  F.  1. 


-56- 


solite  prò  graliarum  actione ,  aggiungendo  l'orattione  prò  %ege,  quale  fu  quella  delle  qua- 
ranta hore  rispondendo  li  musici  —  Doppo  l'orationi  si  depose  sopra  l'altare  il  Santissimo, 
si  fece  l'incenzazione  e  si  fece  la  benedizione  doppo  la  quale  (stando  fra  tanto  Monsignore 
genuflèsso  in  menzo  dell'altare  e  sopra  la  pradella)  si  publicò  l' indulgenza  ,  nominandosi 
in  quella  il  Re  ,  nel  resto  si  recitò  nella  forma  solita  —  Doppo  di  che  un  cappellano  sa- 
cramentale si  portò  il  Santissimo  sotto  ombrella  accompagnato  dalli  paggi  di  Monsignore 
con  torcie  alla  cappella  del  Santissimo,  doppo  Monsignore  si  spogliò  nell'  istesso  altare  e 
postasi  la  cappa  magna  andò  per  la  cappella  di  Nostra  Signora  ad  incontrare  e  associare 
le  LL.  MM.  (le  quali  se  ne  havevano  andato  a  visitare  la  cappella  di  S.  Rosalia)  e  haven- 
dole  incontrato  alla  grada  del  choro  si  pose  a  man  sinistra  del  Re  e  andarono  alla  detta 
cappella;  l'ordine  del  caminare  era  il  seguente  :  precedevano  li  corteggiani  frameschiati  con 
li  canonici  vestiti  di  cappa  magna,  seguiva  il  Prencipe  Tommaso,  Sua  Maestà  dietro  il  quale 
andava  la  Regina  col  corteggio  dei  suo1'  cavalieri,  dame  e  figlie  di  honore,  oltre  l'accom- 
pagnamento delle  guardie;  la  cappella  era  adornata  come  si  dirà  nel  fine.  Visitata  la  cap- 
pella e  reliquie  esposte  sopra  genuflessorio  con  coscini,  domandarono  le  Maestà  Loro  delle 
reliquie,  volendone  notizie  distinte  di  quali  santi  fossero  et  se  ne  andaro  alla  porta  mag- 
giore accompagnate  come  s'ha  detto,  si  licentiarono  da  Monsignore  facendo  sciambevoli  e 
replicate  riverenze  entrarono  nella  carrozza  da  dove  replicarono  a  Monsignore,  che  l'accom- 
pagnò sino  a  quella,  le  reverenze  —  La  chiesa  era  parata  tutta  a  caduta  come  si  fa  nella 
festa  di  S.  Mamiliano  —  La  cappella  di  S.  Rosalia  era  in  questa  forma:  era  aperta  la  grada 
di  S.  Rosalia  e  1'  altare  accomodato  riccamente  d'  argento  ,  quantità  di  candele  e  torcie  e 
sopra  1'  altare  vi  erano  cinque  statue  d'  argento  con  le  reliquie  di  quelli  che  si  sogliono 
esponere  sopra  l'altare  maggiore  quando  si  para  sollenne  —  Nell'istessa  cappella  di  S.  Ro- 
salia erano  pure  esposte  quattro  casse  dei  Santi,  cioè  nel  corno  dell'Epistola  :  S.  Cristina 
e  S.  Agata  ;  nel  corno  del  Vangelo  :  S.  Ninfa  e  la  Maddalena  ;  fuori  della  cappella  sotto 
la  nave  piccola  vi  erano  le  casse  di  S.  Mamiliano  e  tre  santi  sopra  li  ponti  ordinarii  — 
Sopra  la  nicchia  di  S.  Rosalia  si  fece  un  ombrello  di  drappo  ricchissimo ,  dall'  archi  delle 
due  cappelle  dove  si  custodiscono  le  casse  dei  santi  pendevano  cortine  c  i  lama  d'argento 
come  pure  dall'arco  grande  dell'istessa  cappella — Nell'altare  maggiore  si  espose  il  Santis- 
simo Sacramento  prima  di  venire  il  Re  e  si  pose  sotto  il  tosellino  d'  argento  della  cap- 
pella del  Santissimo  Crocifisso,  l'altare  era  col  tosello  grande  con  candele  di  rotolo  uno, 
sei  candelieri  d'argento -del  Crocifisso  con  candele  di  once  quattro  e  quattro  candelieri  pic- 
coli innanti  il  Santissimo  con  candele  di  oncia  una  —  La  tribuna  era  tutta  adornata  a  tre 
ordini  di  vasi  con  rame  di  fiori  e  candelieri  on  sue  candele  ,  si  posero  le  due  torciere 
grandi  c  sei  pedistalli  a!  solito  con  blandoni  di  rotoli  due  —  A  piede  dell'altare  si  era  pre- 
parato il  strato  di  velluto  cremisino  p.Jlonato  d'oro  riccamente  con  quattro  coscini  dello 
istesso  drappo  e  ornamento,  quale  era  stato  fatto  dal  Patrimonio  —  La  cera  tutta  la  diede 
il  Senato,  così  dell'altare  maggiore  come  della  cappella  di  S.  Rosalia  e  nave  della  chiesa. 


XIV. 


^Acclamazione  di  Vittorio  Amedeo  a  Re  di  Sicilia  fatta  in  Castronovo  (i) 

Acclamattione  del  nostro  Serenissimo  Signore  et  padroni  naturale  Vittorio  Amedeo 
(che  Santo  Iddio  guardi)  Re  di  Sicilia,  de  Gerusalem  e  Cipri,  duca  di  Savoia,  Principe  di 
Piamonte  et  Duca  di  Monferrato  fatta  nella  fìdelissima  città  di  Castronovo  sotto  li  12  no- 
vembre settima  indittione  X713  in  giorno  di  domenica. 

In  exequttione  del  ordine  della  prefiti  Sacra  e  Real  Maestà  di  Vittorio  Amedeo  Re 
di  Sicilia,  diretto  alli  spettabili  giurati  di  questa  sudetta  città  dato  in  Palermo  sotto  li  18 
ottobre  171 3  presentato  et  exequtoriato  in  detta  città  di  Castronovo  sotto  il  primo  no- 
vembre seLtima  indittione  1713  per  farsi  la  dovuta  acclamatane  ,  volendo  detti  spettabili 
giurati  mostrare  con  vivi  effetti  l'affetto,  e  con  ogni  possibile  espressione  la  fidiltà  sempre 
dovuta  e  professata  alla  Real  Corona,  èt  palisare  con  fatti  non  essere  stato  vano  a  questa 
città  il  titulo  di  fìdelissima,  conferitoli  dalla  recollenda  memoria  della  Imperiale  Maestà  di 
Carlo  V  per  privilegio  dato  in  Bruselles  a  15  gennaro  1556  et  altro  privilegio  speciale  con- 
cesso in  parlamento  generale  per  la  felice  memoria  del  Conte  di  Castro  allora  viceré  in 
questo  regno  a  26  febbraro  1620;  sotto  li  5  novembre  sudetto  fecero  promulgare  banno 
publico  nella  piazza  et  per  tutta  la  città  che  per  li  12  del  istesso  mese  novembre  giorno 
di  domenica  dovendosi  fare  l'acclamattione  della  prefata  Sacra  Maestà  Reale  di  nostro  Se- 
renissimo Signore  et  Patrone  Naturale  Vittorio  Amedeo  ogn 'uno  dovesse  far  festa  e  giu- 
bilo con  ogni  viva  demostrattione,  con  accendere  lumi  per  tutta  la  città  et  nelle  loro  cas- 
per  tre  sere  continue  antecedentemente  il  giorno  sudetto  —  Tanto  si  exequì  con  ogni  pron- 
tessa  di  animo  di  tutti  li  populi  ,  non  essendoci  restata  persona  che  alli  9,  10  et  ri  di 
detto  mese  novembre  non  mostrasse  segno  di  allegrezza  ,  con  havere  acceso  quantità  di 
lumi  alle  finestre  e  luminarie  innanzi  le  porte,  facendo  comparire  accese  e  luminose  tutte 
le  strade  —  Fece  pompa  più  grande  la  piazza  et  di  non  minor  riguardo  erano  quelle  sopra 
le  mura  di  detta  città,  nella  maggior  chiesa  di  essa,  come  pure  nel  Convento  di  S.  Fran- 
cesco, Padri  Cappuccini  e  monasterii  tutti  cossi  forniti  di  lumi  che  resero  infatti  riguarde- 
vole sollennità  —  Nella  sera  delli  11  di  detto  mese,  giorno  precedente  di  detta  sollennità 
si  diede  segno  al  populo  con  far  comparire  segni  di  giubilo  più  sollenne,  con  sparamento 
di  gran  quantità  di  mascoli  e  mortaretti,  con  sono  di  campane  all'armi  per  tutte  le  chiese 
e  con  aplauso  di  tamburri  e  trombe  in  compagnia  di  gran  concorso  di  populo,  con  fanare 
luminose  in  mani  che  giravano  le  strade  per  tutta  la  città,  si  fece  pompa  in  particolare  di 
lumi  e  luminarie  in  tutte  le  casi  delli  officiali  di  detta  città,  del  spettabile  capitanio  e  del 
reverendo  abate  dottor  Don  Giuseppe  Bellavia  archiprete  e  vicario  di  essa,  di  modo  che  si 
mantenne  il  concorso  del  populo  per  tutta  la  città  facendo  festa  e  giubilo  in  detta  sera, 
sino  ad  bore  quattro  di  notte  in  circa  —  Nella  mattina  della  domenica  12  novembre  su- 
detto moltu  ben  per  tempo  si  trovò  nella  piazza  un  teatro  grande  di  altezza  di  palmi  qua- 
ranta apparamentato  di  panni  serici  di  domasco  cremiscino  con  sua  ombrella  e  tosello  del 
medesimo  drappo  guarnito  di  gallone  di  oro,  sotto  il  quale  stava  il  vero  et  Real  ritratto 
della  Real  Maestà  Nostro  Signore  Vittorio  Amedeo  coperto  però  sino  ad  bora  prefissa  del 


(1)  Dal  volume  contenente  le  Mastre  Nobili  di  Sicilia,  conservato  nella  biblioteca  del  nostro  Archivio 
di  Stato. 


-  5S  - 


tempo  diterminato  di  scoprirsi  con  maraviglioso  concorso  di  tutto  il  populo  ,  con  l'assi- 
stenza per  guardia  di  tutta  la  soldatesca  cossi  di  piedi  come  di  cavallo,  e  di  tutti  l'homini 
atti  all'armi  di  detta  città,  che  guardavan  della  vista  di  simile  Reale  Maestà,  et  nell'istessa 
matina  ad  hora  solita  per  uniformarci  col  volere  divino  si  cantò  nella  maggiore  chiesa  di 
questa  città  da  tutto  il  reverendo  clero  sacerdotale  messa  solenne  prò  Rege.  per  rendi- 
mento di  gratie  con  il  Te  Deum  Laudamus,  con  l'assistenza  della  città  e  di  tutti  religiosi 
e  concorso  di  tutto  il  populo  ,  con  salva  di  mascoli  e  mortaretti  e  sono  di  campane  al- 
l'armi per  tutte  le  chiese;  ad  hora  21  di  detto  giorno,  per  comparire  la  sollennità  con 
l'acclamattione  disposta,  tutti  l'officiali  e  molti  gentiluomini  havendo  cavalcato  si  conferi- 
rono nella  casa  della  città  vicino  il  convento  di  San  Francesco,  luogo  determinato  et  ad- 
dobbato, dove  di  matina  tu  reposto  con  guardie  il  sternardo  reale  per  condurlo  il  spetta- 
bile don  Geronimo  lo  Presti  giurato,  tenendolo  in  mani,  presenti  moltitudine  di  populo, 
si  fece  a  sentire  con  formalità  di  queste  parole  :  Fidelissima  città  di  Castronovo,  Viva,  Viva 
Vittorio  ^Amedeo  Re  di  Sicilia  nostro  Signore  e  patrone  naturale  fu  seguita  la  sudetta  accla- 
mattione  della  salva  di  mascoli,  arcabugi,  sono  di  trombe,  tamburri  e  sono  di  campane 
per  tutte  le  chiese,  e  della  parte  di  fuori  della  casa  del  barone  don  Antonino  Ioanlon- 
go  (1)  all'uscita  di  detta  cavalcati  si  scovrì  in  bellissimo  apparato  con  tosello  di  brocato 
e  ben  adobbato  un  altro  Real  ritratto  della  Reale  Maestà  sudetta,  con  luminarie  di  torci 
e  candele  per  il  che  si  pprobò  ad  alta  voce  di  novo  l'acclamattione  sudetta  con  ristesse 
parole  —  Incominciò  la  cavalcata  ben  disposta  per  la  strada  di  Santa  Rosalia  ,  ascese  a 
Santa  Croce  strata  maggiore  della  città  ,  abbassò  alla  fonte  regia  associata  di  detta  mi- 
litia  e  di  tutti  Phuomini  atti  alle  armi  con  moltitudine  di  populi;  arrivati  al  piano  della 
porta  maggiore  di  detta  città  in  dove  essendovi  della  parte  di  fuori  della  casa  del  sacer- 
dote don  Michelangelo  lo  Presti  un  altro  bellissimo  apparato  con  tosello  di  seta  con 
un'altra  statua  di  rilievo  della  predetta  Reale  Maestà  con  moltitudine  di  candele  et  torci 
accese  con  il  medesimo  concorso  di  populi,  di  novo  si  fece  la  medesima  acclamattione  con 
salva  di  mascoli,  mortaretti  et  arcabugi  come  sopra  ,  e  seguendo  sua  strada  per  il  mona- 
sterio  di  S.  Catharina  si  viddero  diversi  altri  apparati ,  con  toselli  ed  altri  ritratti  della 
sudetta  Reale  Maestà  con  moltitudine  di  torci  e  candeli  accesi  et  in  particolare  nella  casa 
della  parte  di  fuori  di  detto  reverendo  abbate  Bellavia  archiprete  et  vicario  di  detta  città, 
dove  si  vidde  un  altro  Reale  ritratto  a  piede  del  quale  vi  era  una  statua  ginochiata  rap- 
presentante questo  fidelissimo  regno  di  Sicilia,  che  li  porgeva  in  un  bacile  di  argento  una 
corona  e  scettro,  et  arrivati  nella  piazza  dove  era  il  ritratto  principile  d'altezza  di  palmi 
quaranta  col  vero  ritratto  della  sudetta  Reale  Maestà  con  guardie  et  con  gran  pompa  di 
moltitudine  di  torci  accesi,  facendo  ogn'uno  sue  humilissime  riverenze  alla  Reale  Maestà 
sudetta,  volgendosi  il  giurato  che  teneva  il  sternardo  dell'armi  reali  verso  li  popoli  di  novo 
propose  detta  acclamattione  colle  medesime  parole  quali  repetendo  detti  populi  che  erano 
in  detto  loco  concorsi  mostrando  tutti  con  fatti  e  parole  il  gran  giubilo,  allegrezza  e  con- 
tento ricevuto  della  sudetta  acelamarione  della  sudetta  Reale  Maestà,  segno  della  gran  fi- 
deltà  et  amore  verso  la  Real  Corona  che  sempre  ,  e  sin  della  sua  fundatione  sono  stati, 
come  sono  ,  fidelisslmi  vassalli  di  Sua  Reale  Maestà  (che  Santo  Iddio  sempre  guardi)  per 
haversi  più  volte  redotto  al  Regio  Demanio,  et  in  segno  di  tale  allegrezza  et  giubilo  fa- 
cendosi trovare  presente  al  pie  del  teatro  di  detta  Reale  Maestà  il  sudetto  barone  don  An- 


(1)  Per 


Giallongo. 


—  59  — 


tonino  Ioanlongo  in  onoro  et  gloria  della  sudetta  Reale  Maestà,  il  sudetto  barone  gettò 
con  mani  proprii  per  tutti  li  populi  quantità  di  moneta,  et  fatta  tale  publica  funtione,  di 
novo  rendendo  la  Reale  Maestà  con  pompa  sollenne,  seguì  la  cavalcata,  associando  il  ster- 
nardo  dell'armi  reali  sino  al  medesimo  luogo  et  in  quello  si  ripose  con  il  dovuto  osse- 
quio e  decoro  con  salva  di  diascoli,  mortaretti  et  archabugi  e  suone  di  campane  all'armi 
per  tutte  le  chiese,  et  la  sera  coprendosi  et  abbassandosi  il  vero  ritratto  della  sudetta  Reale 
Maestà  con  la  medesima  pompa  sollenne,  con  salva  di  mascoli,  mortaretti  et  arcabugi  con 
applauso  di  trombe  e  tamburri  e  suono  di  campane  all'armi  fu  portato  pomposamente  con 
fausto  accompagniato  et  condotto  in  casa  del  spettabile  don  Pietro  Bossio  giurato  et  regio 
fiscale  dove  si  conserva  con  ogni  dovuto  decoro  e  riverenza  —  Capi  di  cavalcata  :  Il  Spet- 
tabile don  Bartholomeo  Provenza  regio  secreto  e  seguitorno,  il  Spettabile  don  Francesco 
Tramontana  regio  capitanio  e  giurato,  magnifico  Petro  Valenti  giudice  criminale,  magni- 
fico don  Filippo  Trayna  giudice  civile,  magnifico  dottore  Don  Giacomo  Pellitterio  giudice 
della  appellatone,  don  Benedetto  lo  Presti,  don  Vincenzo  Corso,  dottor  don  Giovanni 
Albergo,  don  Ignazio  Tramontana,  don  Salvatore  Tramontana,  don  Onofrio  Lauria,  don 
Pietro  Dima  Columbo  et  don  Nicolò  lo  Presti  et  alla  fine  il  spettabile  don  Geronimo  lo 
Presti  con  detto  sterriardo  reale,  don  Pietro  Bossio  et  don  Simone  Valvo  giurati  associato 
pur  anche  dal  sudetto  reverendo  abbate  dottor  don  Giuseppe  Bellavia  archiprete  e  vicario 
foraneo  di  detta  città  con  l'ossequio  di  tutti  li  populi,  et  applauso  di  tutti  detti  strumenti, 
associando  il  sternardo  dell'Armi  Reali  senza  pregiuditio  di  luogho  e  trattarsi  servire  un 
nostro  signore  e  patron  naturale  (che  Santo  Iddio  sempre  guardi).  —  Et  in  futurum  rei 
memoriam  si  ha  fatto  fare  il  presente  sottoscritto  di  mani  di  detti  spettabili  giurati  et 
siggillato  con  il  solito  suggillo  di  detta  cittàper  notarsi  pur  anche  nelli  libri  et  privileggi 
di  detta  citta  di  Castronovo.  —  Hoggi  lì  iS  novembre  settima  indizione  171 3. 

D.  Francesco  Tramontana. 

XV. 

Relazione  delle  feste  fatte  in  Toli^i  per  l'acclamazione  di  Vittorio  Amedeo  (1) 

Reverendissimo  Signore, 

Mi  comanda  V.  S.  R  ma  che  le  dia  relazione  delle  feste  fatte  in  questa  città  per  l'ac- 
clamazione della  Maestà  del  Re  nostro  signore  (che  viva  sempre  felice)  ed  io  come  al  mio 
debito  di  obbedirla  le  notizio  che  sendosi  servita  S.  M.  scrivere  ai  nostri  giurati  nei  se- 
guenti termini  : 

Il  Re  di  Sicilia  e  di  Cipro. 

Diletti  e  fedeli  nostri  —  Son  sicuro  che  nel  possesso  che  ho  preso  di  questo  regno, 
cedutomi  nei  publici  trattati  di  pace  dalla  cattolica  Maestà  del  Re  Filippo  V,  non  manca- 
rassi  da  fedelissimi  cuori  dei  popoli  di  corrispondere  all'affetto  paterno,  con  cui  gli  ho  ac- 
colti sotto  il  mio  dominio.  E  però  con  sommo  piacere  ve  ne  porgo  la  presente  notizia  e 
con  uguale  certezza  nello  stesso  tempo  mi  prometto  che  ad  esempio  delle  dimostrazioni 
di  zelo  già  date  da  questa  città  farete  anco   voi  apparire  il  vostro  giubilo  col  celebrare, 


(i)  Da  un  manoscritto  esistente  presso  la  nostra  Comunale,  portante  la  segnatura  Q_q.  F.  45. 


come  vi  ordino,  pubbliche  e  solleoni  acclamazioni  e  viva,  pratticite  altre  volte  in  tali,  oc- 
casioni, menare  prendo  insieme  ad  accertarvi  d'ogi.i  mio  più  speciale  patrocinio  —  Palermo 
etc.  —  V.  Amedeo. 

Risposto  a  Sua  Maestà  dai  signori  giurati  di  questo  tenore  : 
Signore, 

Per  l'in  compara  bil  fortuna  di  questo  regno,  inalzato  alla  gloria  di  haver  sortito  V.  M. 
per  suo  monarca  e  signore  habbiam  prevenito  con  questa  nobiltà  e  popoli  gli  applausi 
privati  e  gli  ordini  di  V.  M.  —  Bora  si  apparecchiano  le  publiche  ostentazioni  dello  ster- 
minato giubilo  di  questi  umilissimi  vassalli,  che  con  esso  noi,  sin  dalle  prime  notizie,  non 
han  lasciato  di  alternare  voti  continui,  acciò  la  divina  pietà  prosperi  sempre  con  le  sue 
benedizioni  la  Real  Persona  di  Vostra  Maestà,  con  sodisfare  al  suo  glorioso  merito  di  do- 
minare a  più  regni  —  Mentre  tutta  essa  città  supplica  per  noi  in  conto  di  grazia  singo- 
lare e  di  somma  mercede  l'esser  ricevuta  da  V.  M.  per  sui  special  serva  e  vassalla,  come 
con  noi  si  giura  eternamente  inchinata  a  piedi  dì  V.  M.  —  Polizzi  etc. 

Riscontrato  il  gradimento  di  Sua  Maestà  con  altra  in  questi  sensi  : 

Il  Re  di  Sicilia  e  di  Cipro. 

Diletti  e  fedeli  nostri  —  Mi  è  ben  facile  d'  arguire  li  senzi  di  giubilo  e  di  zelo  che 
hanno  eccitati  nell'animo  vostro  il  mio  felice  arrivo  e  avvenimento  a  questa  corona,  e  però 
non  sendo  minori  quelli  del  mio  gradimento,  ho  voluto  spiegarvelo  con  ugual  desiderio 
di  farvelo  apparire  e  la  mia  protezione  nelle  opportunità  —  Palermo  etc.  —  V.  Amedeo. 

I  signori  Giurati  a  9  del  corrente  dicembre  bandirono  con  trombe  e  tamburri  publi- 
camente  questa  sollennità,  e  gli  ordini  ecclesiastici  ne  furono  avvisati  con  biglietti  distinti 
ed  i  nobili  anche  con  biglietti  invitati  alla  cavalcata.  A  10,11,12  si  fecero  continue  feste  per 
tutta  la  città  con  suono  di  pifferi,  trombe  e  tamburri  le  mattine  ,  menzigiorni  e  le  sere 
sonavano  tutte  le  campane  della  città  e  specialmente  le  sere  per  un  ora  continua  ,  con 
molti  sbarri  di  mortaretti. 

La  citta  si  vedeva  con  tutti  lumi  che  facevano  invidia  al  giorno  essendosi  osservato 
che  anche  i  poveri  senza  pane  accesero  le  lor  fiaccole.  —  Il  signor  capitano  D.  Giovan 
Vincenzo  Errante  barone  della  Vanella,  il  signor  segreto  D.  Bartolomeo  Gagliardo  barone 
delli  Secrezii  e  Cammisini,  il  signor  D.  Mariano  Notarbartolo  barone  del  Sicchiechi  giu- 
rato, tennero  tutti  i  tre  giorni  ne'  lor  balconi  esposti  i  ritratti  di  Sua  Maestà  con  infiniti 
doppieri  ed  apparate  le  mura  de  lor  palaggi  con  damaschi  ed  altre  sete.  —  Il  signor  Se- 
creto a  tutte  le  sue  finestre  combinò  torchi  di  vento  con  tal  ordine  che  ogn'uno  era  una 
lettera  e  davano  a  leggere  :  Viva  Vittorio  Amedeo  T^e.  —  Li  campanili  della  chiesa  madre, 
dei  conventi,  dei  monasteri,  della  commenda  di  V.  S.  R.ma  e  di  molte  altre  chiese  ne 
haveano  infiniti.  —  Il  suo  casino  di  donna  Laura  e  gli  altri  casini  dei  nobili  nelle  ville 
haveano  pure  molte  lampade  a  vento  ,  e  con  gli  altri  fuochi  nelle  campagne  ordinari  dai 
signori  giurati  davano  una  dilettevol  veduta  nella  città.  I  conventi  pure  di  S.  Domenico  e 
del  Carmine  che  sono  fuori  della  città  fecero  gran  fuochi  a  lor  campanili.  —  Tutti  gli  nob- 
bili  tennero  le  mura  di  fuori  delle  lor  case  apparate,  e  le  sere  accendevano  parimenti  molti 
lumi,  a  sorte  che  i  molti  forastieri  che  vi  concorsero  ne  van  tuttavia  dicendo  le  meraviglie 
della  città  illuminata,  della  vaghezza  degli  appaiati  e  di  tutta  la  festa. —  Vi  furono  tre 
archi  trionfali,  uno  a  spese  publiche ,  mezzo  alle  case  delli  signori  D.  Ferdinando  Vasta- 
lacqua  barone  delli  Destri  e  del  signor  D.  Antonino  Rampolla,  che  si  ergeva  sino  alle  te- 
gole con  due  embleme  mie,  una  a  man  destra  che  rappresentava  l'Italia  dormente  con  al 


—  ór  - 


capo  una  pallade  arimela  che  esprimeva  la  Savoia  e  al  piede  un'  amatone  che  rappresen- 
tava la  Sicilia  vegliami  a  custodirla  —  Ciò  esprimeva  un  sonetto  mio  che  dicea  così: 

Italia  dormi  or  che  in  Sicilia  impera 

Il  Gran  Yittor,  che  sopra  l'Alpi  siede  : 

Queste  sono  al  tuo  capo  e  quella  al  piede 

Mura,  rocche,  fortezza  e  torre  altera, 
Onde  Trinacria  chiave  tua  sincera, 

Ciardi n,  granaio,  or  in  tua  grazia  e  fede 

Si  fa  del  tuo  tutor  sgabello  e  sede 

lì  ne  va  gon.'ìa,  gloriosa  e  altera. 
Or  dei  Vandali  ornai  tempo  è  che  ridi 

Più  non  temer  d'Annibale  gli  oltraggi 

Ne  gli  assalti  dei  Brenni  avari  e  infidi. 
Rendi  dunque  di  viva  eterni  omaggi 

Al  tuo  tutor,  che  regni  sino  a  lidi 

Che  contermini  son  di  Febo  ai  raggi 

A  man  destra  la  Sicilia  mezzo  ignuda,  il  resto  con  vesti  lacere,  capelli  ispidi,  incolta 
le  spighe  natie  sparse  per  il  suolo  ,  el  Re  Nostro  Signore  l'adornava  ,  ripuliva  e  raffazzo- 
nava. Ciò  era  spiegato  da  un  epigramma  mio  sopra  quel  d'Isaia  49  :  Ut  suscitares  terram  et 
possideres  haereditates  dissipata.*,  et  diceres  bis,  qui  vincli  sunt  exitc  et  qui  iti  tenebris  rtvtlaminu 

Qualis  in  arentes  diuturno  tempore  campos 

Rt  vestilo  fluvius  decidit  irriguus  : 
Qualis  ad  insontes  duris  compagibus  arctos 

Insti tia  extorris  solvere  vincla  venit  : 
Qualis  ad  oppressos  occurrit  fidus  Achetes 

Et  profugo  promptus  carus  asilus  adesti 
Qualis  et  e  magnis  deiecla  mole  ruinis 

I n f e  1  i :ì  moriens  obrutus  eximitur; 
Talis,  et  eximio  nudata  Triquetra  decore 

(Manans  delicias,  hortus  amoenus  erat) 
Horrida  nunc.  tribus  seclis,  orbata  satore 

Inculta  et  sterilis,  squallida,  spraeta  fuit 
Cum  pius  invictus  magnus  tot  damna  resarcit 

Victor  Amedeus,  tot  reparanda  venit. 
Hinc  vivat  Victor,  vivat  per  N'estoris  annos. 

Insula  tu  seclis  euge  beata  iugis. 

Il  monastero  di  S.  Margarita  fabricò  altro  arco  trionfale  per  quanto  è  lo  spazio  del 
muro  della  chiesa  sin  al  giardino  dei  Padri  Conventuali  col  ritratto  di  Sua  Maestà  sotto 
un  gran  dosello  di  velluto  cremisino  trinato  a  riccamo  d'  oro  ed  argento  e  vi  havea  un 
palco  di  musici  che  nell'ora  del  viva  cantava:)  le  glorie  di  Sua  Maestà.  A  quattro  angoli 
dell'arco  vi  eran  quattro  embleme  :  una  il  sole  in  oriente,  col  motto  :  quasi  sol  refulgens; 
l'iscrizione  era  questa  : 

Fluctuanti  Siciliae  Victor  Amedeus 
Far  procellae  nitidissimus  sol  datus, 
Tarn  facile  tempestates  propulsava 
Quam  vidit. 

Sola  nominis  maestate  profligans 
Quae  temporum  iniuria  commissa 
Decumanis  calamitatum  fluctibus 
Regnum  pene  submerserant. 


—  62  — 


Altra  era  il  giglio  col  motto  :  Sicut  lilium  Inter  spinas.  L'inscrizione  era  questa  : 

Pelitienses  rosae 

Sabaudiae  lì  li is  foedèratae 

Hyemem  ne  metuant  : 

Ver  sibi  perpetuimi  ominetur 

Tali  sole  Trinacriam  collustràite. 

La  terza  era  un  pastore  col  motto  :  Ego  sum  pastor  bonus.  L'inscrizione  era  questa  : 

Mercennariorum  ine:;plebilem  avaritiam 

Grassatorum  insatiabilem  rapacitatem, 

Oves  Siciliae  ne  pavete  : 

Ad  vestrae  securitatis  tutelam 

Et  pascuorum  ibecunditatem 

Invigilat  benignissimus  pistor 

La  quarta  era  un  vase  che  versava  onda  d'oro,  col  motto  :  Tamquam  vas  auri  solidum. 
L'inscrizione  era  questa  : 

Si  reserata  Pandorae  Piside 
Siciliani  huc  usque 
Mala  universa  vastarunt  : 
Mutatis  vicibus 
Foeliciori  nunc  online 
Pedemontano  sub  Jove 
Totius  foelicitatis  thesauros 
Pieno  Aniakheae  cornu 
Sibi  augeretur. 

Il  Monastero  di  S.  Maria  la  Grazia  fece  altro  arco  trionfale  a  fronte  del  parlatorio, 
dove  sotto  un  ricco  baldacchino  di  velluto  cresimino  ricamato  d'oro,  vi  era  il  ritratto  di 
S.  M.  e  parimente  vi  erano  apparate  le  mura  d'intorno.  Li  conventi  de'  conventuali,  degli 
osservanti  e  dei  cappuccini  pure  esposero  li  ritratti  di  S.  M.  sorto  ricchi  doselli  e  tutti 
con  molti  torci  accesi  d'  innanzi.  I  padri  della  compagnia  nel  portone  del  collegio  fecero 
un  emblema,  lo  domandai  con  le  iscrizioni  al  padre  Rettore  ,  mi  disse  che  lo  mandava 
oggi;  se  verrò  lo  noterò  qui  al  fine. 

Lo  speziale  Antonino  Nicchi  fe'  un  mare  ben  combinato  di  argenteria,  che  era  molto 
vago.  Nella  piazza  si  espose  un  gran  dosello  nell'arco  grande  della  casa  della  città  e  tutta 
la  facciata  si  apparò  nobilmente;  sotto  il  dosello  vi  era  il  ritratto  di  S.  M.  con  molti  torci 
accesi  e  la  sentinella  continua.  La  domenica  mattina  nella  chiesa  madre  si  espose  il  San- 
tissimo Sacramento  e  le  casse  dei  nostri  santi  cittadini  e  protettori  —  Il  reverendo  signor 
Provicario  cantò  la  messa  sollenne  con  l'intervento  della  città,  del  clero,  dei  nobili  tutti  e 
di  tutti  li  religiosi  d'  ogni  ordine  e  tanto  popolo  quanto  la  nostra  chiesa  madre  non  lo 
capiva  —  Finita  la  messa  mio  fratello  il  padre  Lettore  fra  Giovan  Domenico  Bueri  dei  pre- 
dicatori recitò  un  panegirico  alle  glorie  del  Re  Nostro  Signore  —  L'invenzione  fu  :  1'  Eri- 
dano re  dei  fiumi,  fondata  sopra  quel  d'Isaia  all' ottava  ;  Adducd  super  eos  aquas  fluminis  for- 
tes  et  multas  —  Come  riuscì  il  panegirico  non  so  dirlo  ,  perchè  in  ciò  temo  di  giudicar 
passionato  —  Lo  stile  fu  piano  senza  molte  figure,  poiché  volle  mio  fratello  che  le  glorie 
del  re  Nostro  Signore  siano  sentite  anche  dai  plebbei  ;  credo  però  che  si  vedrà  sotto  il 
torchio,  se  mi  riesce  sottrarglielo  —  Finito  il  panegirico  si  depositò  il  Santissimo  Sacra- 
m  ento  e  le  reliquie  —  Fecimo  poi  una  tavola  molto  brieve ,  perchè  non  iscorsa  un'  hora 
fummo  chiamati  dalle  trombe  alla  cavalcata  —  La  cui  costituzione  cominciava  dalla  milizia 
di  piedi,  poi  seguivano  molte  trombe  e  tamburri  —  Veniva  il  primo  nostro  compare  il  si- 


-  63  - 


gnor  Segreto,  abbigliato  gaiamente  e  riccamente  con  molte  gioie  al  petto  e  cappello  ,  col 
cavallo  imbardato  di  velluto  color  di  fiamma,  crini  e  coda  con  attrezzo  bellissimo.  Portava 
lo  stendardo  di  drappo  d'oro  incarnato,  trinato  pur  d'  oro  con  le  armi  gentilizie  di  Sua 
Maestà,  seguivano  gli  altri  nobili  dello  squittinio  giuratorio  (eccetti  li  signori  Porcari,  che 
non  cavalcò  veruno  di  loro)  ed  oltre  i  squittinati  cavalcarono  il  signor  D.  Giovanni  No- 
tarbartolo  figlio  del  signor  Barone  di  Sicchechi,  il  signor  D.  Mariano  Rampolla  figlio  del 
signor  D.  Antonino;  le  bizzarrie  e  fosti  di  questi  signori  negli  habbiti,  gioie,  attrezzi ,  li- 
vree degli  staffieri  e  lacche!  superano  la  credenza  —  Basta  dire  che  questo  giorno  Polizzi 
fece  l'ultimo  sforzo  -  I  giudici  non  cavalcarono  perchè  non  furono  invitati  e  forse  vi  fu 
distinzione,  perchè  qualche  giurato  voleva  invitarli  e  gii  altri  dissentirono  —  Finiva  la  ca- 
valcata con  la  milizia  a  cavallo  e  appresso  un'infinità  di  popoli  —  Nel  corso  di  essa  si  die- 
dero le  viva  da  ognuno  dei  signori  giurati  —  Il  primo  dal  signor  Barone  del  Sicchiechi 
giurato  di  settimana  nella  piazza,  dove  era  esposto  il  ritratto  di  Sua  Maestà,  e  con  gitto 
di  monete  di  sua  mano  e  proprie,  gridava  il  viva  corrisposto  da  infiniti  sbarri  di  morta- 
retto e  di  archibuggi,  dal  suon  delle  trombe  e  da  tutte  le  campane  della  città  —  Le  altre 
viva  si  diedero  in  tutti  i  luoghi  dove  era  esposto  il  ritratto  di  Sua  Maestà  collo  stesso 
applauso  dalli  signori  D.  Gandolfo  Maratta  barone  di  S.  Agata,  D.  Giacomo  Cirillo  e  D. 
Filippo  Porcari  altri  giurati  colleghi  —  Finita  la  cavalcata  nella  piazza  grande  dove  co- 
minciò, ne  andarono  tutti  alla  chiesa  madre  dove  si  trovò  esposto  il  Santissimo  Sacra- 
mento, si  cantò  la  compieta  e  doppo  di  essa  il  Te  Deum  con  l'intervento  di  tutti  i  nob- 
bili  e  clero  secolare  e  regolare  ed  infinito  numero  di  popoli,  che  cordialmente  e  vivamente 
ringraziavano  il  signore  Iddio  di  beneficio  cosi  segnalato,  di  vedere  doppo  tre  secoli  il  Re 
e  Padie  nel  regno  con  la  circostanza  di  padrone  dichiarato  per  le  sue  glorie,  meriti  e  virtù 
degno  di  mille  regni,  amorevole  verso  i  sudditi,  glorioso  per  le  imprese  ,  catolico  famoso 
e  benemerito  di  essere  annoverato  nei  fasti  dei  principi  più  rinomati  che  riabbia  avuto  la 
terra  fin  oggi  —  Se  Vostra  Signoria  Reverendissima  sarà  dimandata  che  applausi  e  che  feste 
fecero  i  Polizzani  per  questa  acclamazione  di  Sua  Maestà  dica  in  brieve  ,  e  dirà  veridica- 
mente ,  che  non  han  cesso  alle  città  grandi  del  regno ,  anzi  avanzato  qualche  citta  rino- 
mata e  pareggiato  qualche  d'una  delle  capitali,  in  sentenza  non  passionata  (come  sarebbe 
dei  cittadini)  ma  in  opinione  di  tutti  i  forastieri  ,  che  giudicano  senza  interesse  —  Resto 
intanto  col  solito  desiderio  della  grazia  e  dei  comandi. 

di  Vostra  Signoria  Reverendissima 

devotissimo,  cordialissimo  servitore 

Polizzi  19  novembre  17 13. 

D.  Gioseppe  Bueri. 

XVI. 

La  deputazione  del  Regno  prega  il  °Rj  di  fare  assistere  all'incoronazione  i  baroni  del  %$gno(l) 
Sacra  Real  Maestà, 

Ambisce  a  gara  il  regno  tutto  la  coronattione  di  V.  M.  che  fra  giorni  si  ha  preinteso 
doversi  ^effettuare,  e  noi  a  nome  del  medesimo  la  preghiamo  dal  cielo  eternata  in  sollievo 
di  questo  suo  fedelissimo  regno  il  quale  per  più  manifestare  l'interno  giubilo,  per  una  sol- 


(1)  Dalle  Consulte  della  Deputazione  del  Regno,  voi.  8  fog.  13  ret. 


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lennità  cotanto  desiderata  priega  humilmente  a  V.  M.  che  si  degnasse  fare  assistere  a  cotal 
funzione  i  baroni  del  Regno,  come  hanno  assistito  in  congiuntura  di  riaversi  coronato  in 
questa  capitale  altri  Re,  alti  quali  han  servito  per  portar  la  corona  ,  sceltro  (sic)  e  spada 
le  famiglie  :  Calvello,  oggi  rappresentata  da  D.  Geronimo  Calvello;  la  Filingeri,  capo  della 
quale  è  D.  Giuseppe  conte  di  S.  Marco;  la  Grifeo,  nella  quale  presiede  D.  Geronimo  prin- 
cipe di  Partanna;  e  la  Chiaramonte  che  si  ritrova  estinta.  —  Tutto  ciò  si  ricava  dall'an- 
tiche istorie,  e  resta  registrato  nelle  coronazioni  del  Re  Roggiero  nell'anno  1129,  del  Re 
Guglielmo  al  1151,  del  re  Guglielmo  detto  il  Buono  al  1176,  al  1179  del  Re  Tanchredi, 
al  1 1 86  del  re  ed  imperatore  Enrico;  al  1195  del  re  Fiderico,  al  1286  del  re  Giacomo;  e 
perciò  sperandosi  adimpito  il  comune  desiderio  dalla  munificenza  di  V.  M.  a  piedi  della 
medesima  humilmente  prostati  restiamo  pregando  Dio  conservi  la  Sua  Real  Persona  per 
secoli,  conforme  questo  fidelissimo  regno  di  V.  M.  ha  di  bisogno.  Palermo  14  dicembre  17 13. 

di  V.  S.  R.  M.  Humilissimi  vassalli  che  i  suoi  reali  mani  e  piedi  bagiano 

li  Deputati  del  Regno  di  Sicilia 

(con  le  stesse  firme  dei  doc.  I  V,   V  e  VII  tranne  quella  del  conte  di  S.  VvCarco) 

XVII. 

'Bando  per  tape^are  i  prospetti  delle  case  e  far  per  quatti  0  sere  luminarie 
per  il  settenne  ingresso  di  littorio  Amedeo  (1) 

Die  decimo  septimo  decembris  septimae  indictionis  17 13. 

Nobilis  Franciscus  Perino  publicus  praeco  huius  felicis  et  fidelissiniae  urbis  Panormi 
retulit  se  de  mandato  quo  infra  sollenniter  publicavisse  infrascriptum  bannum  per  loca 
solita,  publica  et  consueta  tubis,  tubicinis,  timpanis  et  condestabilibus,  cum  vexillo  eiusdem 
urbis. 

Bando  e  Comandamento  di  ordine  di  Sua  Real  Maestà  Victorio  Amedeo  Re  di  Si- 
cilia, di  Gerusalemme  e  di  Cipro  etc.  Duca  di  Savoja,  Monferrato,  Aosta  ,  Ciablese  e  Ge- 
novese, Principe  di  Piemonte  e  di  Oneglia,  Marchese  in  Italia  di  Saluzzo,  Susa,  Ivrea,  Ceva 
e  del  Mavo,  Conte  di  Mauriana,  Genova,  Nizza,  Renua,  Romont,  Asti  e  Alessandria,  Ba- 
rone di  Vaud  e  Faucigni,  Signore  di  Vercelli,  Tarantasia,  Lumellina  e  Val  di  Sectia  e  Vi- 
cario Perpetuo  del  Sacro  Romano  Imperio  in  Italia  etc. 

Essendosi  dalla  Real  Maestà  del  Re  Nostro  Signore  (che  Dio  guardi)  determinato  di 
fare  il  suo  sollenne  ingresso  in  questa  metropoli  ahi  ventuno  del  presente  mese  di  di- 
cembre giorno  di  giovedì  con  farsi  l' acclamatane  universale  e  riverenza  alla  Sua  Persona 
Reale  con  il:  Viva,  Vivi  il  %e  Nostro  Signore  Vittorio  Amedeo,  s'ordina  e  comanda  per 
il  presente  bando  che  per  tutte  quelle  strade  e  piazze  per  le  quali  passerà  tale  accompa- 
gnamento debbia  ognuno  fare  apparato  nelle  finestre  e  balconi  cominciandosi  dalla  Porta 
Felice  e  direttamente  per  il  cassaro  sino  al  Real  Palaggio  (in  che  s'intendan  incluse  tutte 
le  case  e  piazze  le  quali  quantunque  non  sian  nel  Cassaro  hanno  però  veduta  nella  strada 
Colonna  e  nel  medemo  Cassaro)  come  anche  s'ordina  e  comanda  che  da  tutte  le  sorti  di 


(1)  Dal  volume  di  Bandi  del  Senato  di  Palermo  dell'anno  171 3-14.  Ind.  VII.  log.  130. 


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persone  per  tutta  questa  citta  di  Palermo  per  quattro  sere  continue  cominciando  dalla  sera 
del  detto  giovedì  ventuno  del  presente  per  tutta  la  domenica  seguente  ventiquattro  del— 
l'istesso  mese  si  riabbiano  de  fare  publiche  luminarie  con  restar  l'apparati  per  tutti  li  cen- 
nati  quattro  giorni  senza  che  s'  eccettui  da  tali  allegrezze  le  persone  che  si  trovano  con 
lutto  acciò  con  li  segni  esterni  si  conosca  quanto  sia  l'interno  giubilo  di  tutta  questa  fe- 
lice e  fidelissima  citta  di  Palermo  originato  dalla  successione  e  possessione  di  un  tanto 
Re  che  Iddio  Nostro  Signore  guardi  per  lunga  serie  d'anni  per  il  benefizio  di  questo  suo 
Aderissimo  regno  e  di  tutta  la  cristianità. 

P.  S.  P.  V. 
Placa  Sindacus 

Promulgetur 
Papè  Protonotarius 

xv  ai 

Bando  del  Senato  di  Palermo  con  il  quale  s'ordina  di  non  passeggiar  carrozze  durante 
la  cavalcata  da  farsi  per  l'acclamazione  di  Vittorio  ^Amedeo  II.  (i) 

Die  decimo  septimo  decembris  septimae  indictionis  17 1 3 . 

Nobilis  Franciscus  Perino  publicus  praeco  huius  felicis  et  fidelissimae  urbis  Panormi 
retulit  se  de  mandato  quo  infra  sollemniter  publicavisse  infrascriptum  bannum  per  loca  so- 
lita, publica  et  consueta  tubis,  tubicinis  ,  timpanis  et  condestabilibus  cimi  vexillo  eiusdem 
urbis. 

liando  e  Comandamento  dell'Illustrissimo  Senato  di  questa  felice  e  fedelissima  città 
di  Palermo  d'ordine  di  Sua  Real  Maestà. 

Havendo  la  Maestà  del  Re  Nostro  Signore  (che  Dio  guardi)  deliberato  il  suo  publico 
e  sollemne  ingresso  in  questa  sua  reggia  per  giovedì  venturo  del  corrente  mese  di  dicem- 
bre nel  qual  giorno  si  farà  l'universal  acclamatone  e  si  presterà  l'obligato  giuramento  di 
vassallaggio  ed  essendo  questa  funtione  destinata  con  la  general  cavalcata  che  comincerà 
dal  piano  di  S.  Erasmo ,  procederà  per  la  Porta  Felice  e  Cassaro  e  terminerà  nel  Regio 
Palazzo.  Pertanto  afinchè  si  siegua  la  tranquilla  dispositione  e  godimento  del  publico  senza 
disturbo  alcuno,  d'ordine  di  Sua  Maestà,  l'Illustrissimo  Senato  ordina,  provede  e  comanda 
che  dal  punto  sudetto  delle  hore  dicessette  finche  la  cavalcata  ed  ingresso  del  Re  sarà  ter- 
minato nel  Suo  Real  Palazzo  nessuna  carrozza  presuma  diportarsi  per  la  riferita  strada  del 
pian  di  S.  Erisimo  ,  Cassaro  e  largo  del  Palazzo  ,  sotto  la  pena  di  essere  confiscata  ed  a 
padroni  sotto  le  pene  di  carcerattione  ed  altre  benviste  all'Illustrissimo  Senato,  ed  a  coc- 
chieri sotto  la  pena  immediata  di  quattro  tratte  di  corda,  della  galera  o  altro  che  saranno 
da  detto  Illustrissimo  Senato  disposte  e  questo  inalterabilmente  per  essere  della  mente  ed 
ordine  di  Sua  Real  Maestà. 

P.  S.  P.  V. 
Placa  Sindacus. 


(1)  Dal  volume  di  Bandi  del  Senato  di  Palermo  dell'anno  1713-14.  Ind.  VII,  log.  ni. 


—  65  - 


XIX. 

Visita  di  capo  d'anno  fatta  dal  Senato  al  %e  Vittorio  Amedeo  (i) 
A  primo  gennaro  17 14. 

Circa  hore  17  il  Senato  con  sue  toghe,  catene  e  maniche  di  gala,  si  pose  in  carrozza 
portando  seco  la  carozza  di  respetto  ed  il  carrozzino  per  li  mazzeri  vestiti  con  loro  vestiti 
cremisini  e  sue  toghe  e  li  contestabili  con  loro  sopravesti  rossi  attorno  la  carrozza  sena- 
toria, si  stradò  per  lo  cassaro  dritto  sino  a  palazzo  ,  entrò  e  con  esso  la  carrozza  di  re- 
spetto ed  il  carrozzino  delli  mazzeri  (e  l'altre  carrozze  che  venivano  appresso  restorno  fuori, 
non  li  fece  entrare  la  sentinella)  scese  al  piede  della  seconda  scala,  sali  sopra  con  li  con- 
testabili innante  seguendo  li  mazzeri  con  le  mazze  inarberata  su  la  spalla  ed  appresso  l'Il- 
lustrissimo Senato.  —  Il  Senato  non  aspettò  nelk  stanza  della  deputatione  ,  ma  diretta- 
mente entrò  per  il  salone,  nella  quale  stanza  si  restorno  li  contestabili,  e  nell'entrare  il 
salone  li  mazzeri  abbasorno  le  mazze  e  se  li  posero  di  lato,  s'entrò  con  le  mazze  sino  al- 
l' ante  camera,  e  le  mazze  si  restorno  nella  detta  camera  dove  è  il  dosello  a  lato  della  porta 
a  man  sinistra  nell'  entrare,  ed  il  Senato  se  ne  entrò  solo,  dove  vi  era  la  nobiltà  dietro 
il  portale  dove  era  Sua  Real  Maestà;  fra  questo  mentre  s'apri  il  portale  entrò  l'Illustre  Prin- 
cipe di  Pietrapertia  primo  titillo  (2),  seguì  il  Senato  fecero  riverenza  profonda  a  Sua  Maestà 
(seguendo  la  nobiltà)  —  Il  titillo  si  pose  dalla  parte  destra  ed  il  Senato  dalla  sinistra  a  filo, 
s'augurò  l'anno  felicissimo  tanto  da  parte  del  titillo  come  pure  del  Senato  ed  in  questo  passò 
tutta  la  nobiltà  ad  uno  ad  uno. 

X*X. 

Passeggiata  fatta  da  S.  M.  Vittorio  Amedeo  II  di  Savoja  (3) 

A  11  gennaio  1714  —  Giovedì  circa  hore  22  abbassò  Sua  Maestà  il  Re  Nostro  Si- 
gnore D.  Vittorio  Amedeo  nella  Catredale  con  la  sua  guardia  ,  arrivato  alla  porta  mag- 
giore si  fece  all'incontro  Monsignor  Arcivescovo  con  sua  cappa  magna  precedendo  la  sua 
croce,  seguendo  alla  detta  croce  i  vivandieri  e  canonici,  li  diede  l'acqua  benedetta  ,  entrò 
(senza  sonarsi  trombette  nè  pifari)  —  Si  posero  in  processione  e  Monsignor  Arcivescovo 
si  pose  a  man  sinistra  di  Sua  Maestà,  s'adorò  alle  sagre  reliquie  e  doppo  s'  adorò  all'  al- 
tare maggiore  con  il  suo  faldistero,  e  ciò  fatto  se  ne  ritornò  a  porsi  in  carrozza  e  ,  del— 
l'istesso  modo,  Monsignore  Arcivescovo  l'accompagnò  sino  alla  porta  e  licenziatosi  si  pose 
in  carrozza  e  se  ne  andò  per  il  cassaro,  voltò  alli  quattro  cantoneri,  ed  il  signor  Pretore 
ed  alcuni  giurati  si  trovorno  nel  finistrone  del  palaggio  senatorio  da  do^e  li  fecero  rive- 
renza e  Sua  Maestà  li  salutò  portando  sempre  gli  occhi  a  detto  signor  Pretore  e  tutti  ivi 


(1)  Dal  volume  di  Cerimoniale  del  Senato  dell'anno  171 3,  fog.  64. 

(2)  Veramente  il  primo  titolo  del  Regno  è  quello  di  principe  di  Butera,  vien  dopo  quello  di  Castel- 
vetrano,  Pietraperzia  è  il  terzo:  forse  essendo  impediti  i  primi  due,  teneva  luogo  di  primo  titolo  del  Regno 
il  Principe  di  Pietraperzia. 

(3)  Ibidem,  fog.  71  retro. 


-67— 


affacciati  sin  tanto  che  non  puote  più  scuoprirli ,  ed  usci  per  porta  di  Vicari  (i)  a  pas- 
seggiar fuori  le  mura  della  città. 

Si  nota  che  nell'entrare  fece  Sua  Maestri  nella  Catedrale  s'abbassò  il  tusello  seu  cap- 
pello del  dosello  di  Monsignor  Arcivescovo  conforme  ha  fatto  sempre  —  Si  nota  di  più 
che  allo  stallo  dove  suole  stare  il  Senato  vi  era  il  panno  dell'istesso  Illustrissimo  Senato 
per  la  funtione  dovea  fare  il  doppo  pranzo  ad  assistere  al  secondo  Vespro  di  S.  Rosalia 
e  non  si  levò  ma  restò  conforme  era  accomodato,  restando  similmente  li  brezzali  nel  detto 
stallo  ed  infatti  doppo  che  Sua  Maestà  se  ne  andò  ,  il  Senato  venne  alla  chiesa  ad  assi- 
stere e  fare  le  sue  funtioni  come  qui  sotto  si  legge.  (2) 

XXL 

Te  Deum  laudamus  per  il  genetliaco  di  S.  i)C.  Vittorio  Amedeo  li  di  Savoja  (3) 

A  14  maggio  1 7 1 4  —  Lunedi  mattino.  Te  Deum  laudamus  e  messa  cantata  nella  Ca- 
tredale  con  l'intervento  dell'Illustrissimo  Senato,  Illustre  Capitano  della  città  ed  assistenza 
della  nobiltà  e  consiglio  per  il  complimento  dell'anni  felicissimi  di  Sua  Sagra  Real  Maestà 
Vittorio  Amedeo  nostro  monarca;  fa  anni  49. 

Un  giorno  innante  l'Illustrissimo  Senato  mandò  dal  signor  marchese  Ragalmici  capi- 
tano il  suo  capitano  delle  imbasciate  e  dirli  che  due  signori  giurati  da  parte  dell'Illustris- 
simo Senato  voleano  riverirlo  per  convitarlo  per  la  funtione  del  complimento  dell'anni  di 
Sua  Real  Maestà  ed  infatti  hieri  mattino  doppo  la  funtione  della  Madre  Chiesa  due  spet- 
tabili senatori  il  signor  D.  Gerolamo  Pilo  ed  il  signor  D.  Giovanne  de  Aoiz  senza  toghe 
si  posero  in  carrozza  con  due  condestabili  attorno  la  carrozza  andorno  dall'  Illustre  Capi- 
tano, ivi  arrivati  li  ricevette  nello  scacchiere  della  porta  della  sala  ,  entrorno  sedettero,  li 
propose  l'imbasciata  il  signor  D.  Gerolamo  Pilo  da  parte  dell'  Illustrissimo  Senato  ,  par- 
landosi in  terza  persona,  e  finita  detta  funtione  detto  signor  Capitano  li  lasciò  sino  a  basso 
e  licenziatisi  ogn'  uno  se  ne  andò  pei  fatti  suoi  —  Questa  mattina  primo  che  il  Senato 
andasse  alla  Madre  Chiesa  s'andò  al  convento  di  S.  Francesco  d'Assisi  e  nella  cappella  del- 
l'Immacolata Concettione  dove  s'espose  il  Santissimo  ed  il  Senato  con  l'ufficiali  cavalieri 
con  loro  toghe  andorno  ad  adorarsi  e  pregare  per  la  conservatone  del  nostro  invittissimo 
Re;  ivi  dunque  arrivato  entrò  dandoli  il  Padre  Guardiano  l'acqua  benedetta  e  non  si  so- 
norno  trombette  per  esservi  il  Santissimo  esposto,  s'andò  in  detta  cappella,  ivi  genuflessi 
senza  piumazzi  sotto  e  s'adororno  il  Santissimo,  si  trovorno  al  piede  dell'altare  i  padri  con 
loro  cappe,  suo  maestro  di  cerimonie  e  quattro  clerici  con  loro  torci  accesi ,  fatta  l' ado- 
rattione  s'avvisò  al  padre  che  desse  l'incenso  e  fatta  detta  funtione  diede  la  benedittione 
all'  Illustrissimo  Senato  sonandosi  le  trombette  dell'  Illustrissimo  Senato,  e  finito  che  fu 
1'  Illustrissimo  Senato  se  ne  ritornò  accompagnato  da  detti  reverendi  padri  e  si  pese  in 
carrozza  e  dappresso  l'officiali  cavalieri  in  un'altra  carrozza  al  solito  e  licentiatosi  da  detti 
padri,  se  ne  andò  per  il  cassaro  dritto  sino  alla  Madre  Chiesa  ("stante  haver  venuto  l'av- 
viso che  l'Illustre  Capitano  era  già  nella  Madre  Chiesa  ricevendo  la  nobiltà)  arrivato  l'U- 


(1)  Chiamata  ora  S.  Antonino. 

(2)  Siccome  il  documento  che  seguiva  non  riguardava  Vittorio  Amedeo  l'abbiamo  tralasciato. 

(3)  Dal  volume  di  Cerimoniale  del  Senato  dell'anno  171 3  log.  137  retro. 


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lustrissimo  Senato  alla  porta  maggiore  della  madre  chiesa  scese  ed  alla  porta  si  fece  allo 
incontro  detto  signor  Capitano  e  nobiltà  a  detto  Illustrissimo  Senato  ed  i  signori  cano- 
nici, il  banditore  li  diede  1'  acqua  benedetta,  entrorno  sonandosi  le  trombette  e  pifari  del 
Senato,  s'adororno  il  Santissimo  e  doppo  alle  Sagre  Reliquie  di  S.  Rosalia  (quale  cappella 
era  ben  adorna  di  lumi  e  torci  e  la  sagra  cassa  a  vista  e  s'apri  d'ordine  dell'Illustrissimo 
Senato)  e  finalmente  si  fece  l'adoratione  all'altare  maggiore;  ed  in  tutte  le  tre  adorattioni 
con  suoi  piumazzi  sotto  di  velluto  cremisino  e  finita  si  ritirorno  allo  stallo  —  Fra  questo 
mentre  uscì  il  celebrante,  con  loro  cappe  fecero  riverenza  allo  Illustrissimo  Senato  e  doppo 
al  Capitano  e  se  ne  andò  al  corno  del  Vangelo,  e  tutti  in  piedi  ìntuonò  l'hinno  Te  Deum 
laudamus  (sonorno  le  trombette  dell'Illustrissimo  Senato,  le  campane,  seguì  lo  disparo  della 
Cavalleria  e  fanteria  squadronate  nel  piano  del  Regio  Palaggio,  numero  cinquanta  morta- 
retti dell'  Illustrissimo  Senato  ,  doppo  a  questo  disparò  il  regio  castello  ,  seguendo  tutti  li 
boloardi  della  citta)  —  Seguirono  detto  hinno  i  musici  e  finito  che  fu  e  dette  1*  orattioni 
se  ne  ritornò  nella  sagrestia  a  vestersi  a  messa  e  ritornato  si  diede  principio  alla  messa, 
ed  il  Senato  hebbe  l'introito,  quale  rispondea  il  giurato  priore  lo  spettabile  D.  Francesco 
Heredia,  al  gloria  si  sonorno  le  trombette  del  Senato,  senza  disparo  nè  di  fantarie,  nè  mor- 
taretti, nè  artiglieria  per  darli  il  tempo  opportuno  ned  caricarli  —  Il  Senato  hebbe  l'incenso 
dal  canonico  diacono  ugualmente  col  capitano  ed  all'  elevandone , del  Santissimo  il  Senato 
genuflesso  a  piedi  dell'altare,  sonorno  le  trombette  e  pifari  del  Senato  e  col  disparo  della 
fantaria  ,  mortaretti  ed  artigliarla  come  sopra  ,  hebbe  similmente  la  pace  ugualmente  col 
capitano  dal  subdiacono  e  finalmente  alla  benedittione  diedero  l'ultima  carrica  col  disparo 
della  fantaria,  mortaretti  ed  artigliaria  e  finita  la  messa  il  Senato  se  nè  ritornò,  s'adororno 
al  Santissimo  ed  alle  Sagre  Reliquie  di  S.  Rosalia  con  suoi  piumazzi  sotto  e  fu  accompa- 
gnato dalla  nobiltà  e  ministri  e  da  signori  canonici  sino  alla  porta ,  ivi  si  licentiorno  i 
canonici  e  la  nobiltà  lasciò  all'Illustrissimo  Senato  sino  alla  carrozza,  entrò  primo  il  signor 
Capitano  l' illustre  marchese  di  Ragalmici ,  il  signor  Pretore  1'  illustre  Prencipe  di  Scordia 
ed  il  giurato  priore  lo  spettabile  D.  Francesco  Heredia  e  il  signor  capitano'  sedette  a  puppa 
nel  menzo,  il  signor  pretore  alla  destra  ed  il  giurato  priore  alla  sinistra,  e  1'  altri  signori 
senatori  ogn'  uno  a  suo  luogho  a  due  —  Si  licentiorno  dalla  nobiltà  e  se  ne  andorno  — 
Seguì  la  carrozza  per  l'officiali  cavalieri,  la  carrozza  di  rispetto  ed  il  carrozzino  dei  maz- 
zeri, precesse  alla  carrozza  del  Senato  la  guardia  dell'illustre  capitano  ed  attorno  està  car- 
rozza li  contestabili  del  Senato  vestiti  di  rosso  —  Si  abbassò  per  lo  cassaro  dritto  sino  al 
palaggio  senatorio  ed  arrivata  la  carrozza  innante  la  porta  affaccio  la  fonte  senatoria  si 
fermò,  scese  l'illustre  pretore  e  li  signori  giurati,  restando  in  detta  carrozza  il  signor  ca- 
pitano, lo  spettabile  D.  Gerolamo  Pilo  e  lo  spettabile  D.  Giovanne  de  Aoiz  e  postosi  in 
mezzo  detto  signor  capitano  a  puppa  Tandorno  a  lasciare  alla  casa,  con  quattro  contesta- 
bili attorno  essa  carrozza  ,  e  la  sua  guardia  innante  —  Il  Senato  ed  officiali  cavalieri  sa- 
lirno  sopra  (e  prima  di  salire  nel  cortile  si  battè  bandiera  al  Senato)  e  si  levorno  le  toghe 
e  si  licentiorno  dall'illustre  pretore  e  ogn'uno  se  ne  andò  per  fatti  suoi  —  Li  due  senatori 
se  ne  ritornorno  con  la  medesima  carrozza  senatoria,  con  li  contestabili  attorno  essa  car- 
rozza al  palaggio  senatorio,  dove  arrivati  scesero  e  se  ne  andorno  per  fatti  suoi. 


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XXII. 

Cavalcala  per  il  genetliaco  di  S.  M.  Vittorio  Amedeo  II. 

A  r8  maggio  1714.  Lunedì  doppo  pranzo  cavalcata  fatta  dall'Illustrissimo  Senato  con 
l'intervento  dell'Illustre  Capitano  e  Nobiltà,  principiò  dal  palaggio  senatorio,  per  li  quattro 
cantoneri  dritto  sino  al  Regio  Palaggio,  passò  innante  detto  Regio  Palaggio,  innante  il 
quartiere  dei  soldati,  calò  innante  il  seminario,  voltò  innante  il  palaggio  arcivescovile,  per 
la  madre  chiesa,  per  l'abbatia  nova(i),  per  li  Pignatelli  (2)  uscì  nel  cassarello  dritto  sino  alla 
cantonera  delli  torciara  (3)  per  la  boceeria  della  foglia  per  li  Panneriper  la  loggia  ed  uscì  un'altra 
volta  nel  Cassaro,  scese  sino  alla  cantonera  delli  bottara  (4)  entrò  in  detta  strada  uscì  nella 
marina  dritto  ad  uscire  al  convento  della  Gancia  per  lo  monastero  della  Pietà  sino  al  piano 
di  porta  delli  Greci  innante  il  monastero  di  S.  Theresa,  voltò  un'altra  volta  e  passò  in- 
nante il  monastero  della  Pietà,  voltò  per  la  Gancia  dritto  per  là  lauro  (sic  per  via  Alloro) 
passò  innante  la  porta  dell'Illustre  Capitano  dritto  per  il  convento  della  Misericordia  e 
terminò  nel  palaggio  senatorio,  finì  ad  bore  23  e  i\2  sonati,  non  vi  furono  bisogno  di 
torci  —  li  cavalieri  per  detta  cavalcata  forono  numero  46  separati  li  due  titoli  che  andorno 
con  l'illustre  Pretore  ed  Illustre  Capitano  —  Come  fu  bora  che  già  l'Illustre  Pretore  havea 
ricevuto  gran  numero  di  cavalieri  nel  salone  del  palaggio  senatorio  ,  si  mandò  un  conte- 
stabile dall'illustre  capitano  e  dirli  esser  già  hora  di  poter  venire,  ed  in  questo  si  pose  in 
carrozza  con  il  seguito  della  nobiltà  da  lui  convitata  e  se  ne  venne  al  palaggio  senatorio 
con  la  guardia  delli  lapardieri  innante  e  venne  per  la  porta  affaccio  San  Giuseppe  ivi  ar- 
rivato venne  l'avviso  che  era  venuto,  andorno  due  spettabili  senatori,  il  signor  D.  Gero- 
lamo Pilo  ed  il  signor  D.  Giovanne  de  Aois  e  lo  ricevettero  alla  porta  della  scala  con  la 
nobiltà  assieme  che  portava  con  lui  ed  andorno  nel  salone  ed  il  signor  Pretore  lo  rice- 
vette innante  la  porta  del  salone,  ed  entrò  nel  salone  si  passò  l'in  rinfresco  (sic)  e  fra  questo 
si  posero  le  toghe  1'  illustre  Pretore  e  li  signori  senatori  ed  officiali  cavalieri  e  postisi  in 
ordine  scesero  a  porsi  a  cavallo. 

Fecero  principio  li  tabbali  e  tamburri  dell'  illustrissimo  Senato  ,  seguì  l'arardo  della 
Tavola  vestito  con  sua  sopraveste  rossa  e  sua  mazza,  appresso  li  governatori  della  Tavola 
con  loro  toghe,  seguì  la  nobiltà  pomposamente  vestita  (due  de  quali  portorno  innante  ca- 
vallo le  pistole)  seguirno  le  trombette  e  pifari  del  Senato,  li  contestabili,  la  guardia  del- 
l'alapardieri  dell'illustre  capitano,  il  suo  contestabile  con  sua  bara  in  mano  ,  appresso  li 
mazzeri  dell'Illustrissimo  Senato,  seguì  l'illustre  Pretore  in  quattro,  cioè  :  illustre  Capitano 
alla  destra  dell'illustre  Pretore,  in  menzo;  alla  destra  dell'illustre  capitano  un  titolo  l'illustre 
Prencipe  di  Venetico  e  alla  sinistra  dell'illustre  Pretore  l'illustre  Prencipe  di  Campofranco  e 
doppo  seguì  l'illustrissimo  Senato  ed  officiali  cavalieri  con  le  toghe,  alfine  li  due  capitani 
dell'illustrissimo  Senato,  seguirno  le  carrozze;  ebbe  il  primo  loco  quella  dell'illustre  Pren- 
cipe di  Venetico,  secondo  loco  quelle  dell'illustre  prencipe  di  Campofranco,  e  dette  carrozze 
con  lo  tiro  a  quattro,  doppo  quella  dell'illustrissimo  Senato,  quella  dell'officiali  cavalieri  e 
quella  di  respetto  e  finalmente  il  carrozzino  delli  mazzeri.  Si  posero  a  cavallo  dalla  porta 
affaccio  San  Cataldo. 


(1)  Oggi  :  via  della  Incoronazione. 

(2)  Oggi:  piazza  Settangeli. 

(3)  La  moderna  via  Candelai., 

(4)  La  moderna  via  Bottai. 


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Si  nota  che  la  guardia  dei  soldati  s'erasquadronata  nel  cortile,  toccando  tamburro  e 
non  battè  bandiera  tanto  nel  scendere  fece  il  Senato  di  sopra  come  pure  nel  ritorno,  so- 
lamente li  fece  tre  riverenze,  per  esserci  nella  bandiera  dipinto  il  Santissimo  Crocefisso  in- 
signe della  mastranza  delli  tessitori,  dovendosi  battere  bandiera,  se  era  altra  mastranza.  Ri- 
tornato che  fu  l'Illustrissimo  Senato  smontòda  cavallo  dalla  porta  affaccio  San  Cataldo, 
e  l'Illustre  Capitano  si  pose  in  carrozza  con  due  spettabili  senatori  il  signor  D.  Gerolamo 
Pilo  ed  il  signor  D.  Giovanne  de  Aois  e  sello  (sic)  posero  in  menzo  a  puppa  nella  car- 
rozza senatoria  e  licentiatosi  dall'  Illustrissimo  Senato  se  ne  andò  e  lo  lasciorno  alla  sua 
casa  accompagnato  dalla  sua  guardia  innante,  ed  attorno  detta  carrozza  con  quattro  con- 
testabili. Il  Senato  salì  sopra  a  levarsi  le  toghe  ,  e  restorno  per  la  serenata  si  dovea  fare 
nel  salone  come  qui   sotto  si  scrive. 

Si  nota  che  l' Illustre  Capitano  non  portò  carrozza  stante  essere  stato  convitato  dal- 
l' Illustrissimo  Senato  e  detto  Illustrissimo  Senato  lo  lascia  alla  casa  con  la  sua  carrozza 
senatoria  con  due  spettabili  Senatori,  (i). 

Sera,  (2) 

Vi  fu  la  sera  festino  nel  salone  senatorio  tutto  di  ricchi  paramenti  adorno  ed  in  fac- 
cia con  un  dosello  riccamato  come  per  pure  tutta  la  facciata  dell'istesso  paramento  ador- 
nata, sotto  del  quale  dosello  vi  erano  li  ritratti  del  Re  e  Regina  Nostri  Signori  innante 
dei  quali  vi  stavano  quattro  statue  indorate  con  torci  in  testa,  al  lato  della  scalonata  due 
litterini  paramentati  per  i  musici  circondati  sopra  di  candele  di  cera  ,  cadeano  innante  la 
campana  del  dosello  due  ninfe  piccole  d'argento,  pendeano  dal  tetto  dall'una  all'altra  parte 
dieci  ninfe  grandi  d'argento  e  due  più  grandi  una  in  testa  nel  menzo  e  l'altra  in  piedi  in 
menzo  a  dette  dieci  ninfe;  attorno  il  salone  li  suoi  bracci  con  torce  al  numero  di  venti, 
alla  destra  di  detto  salone  vi  erano  accomodate  le  sedie  basse  di  giummara  (3)  alla  sinistra 
sedie  con  suoi  bracci  di  drappo,  e  dal  primo  filo  le  sedie  del  senato;  quelle  basse  servirono 
per  le  dame,  queste  alte  per  la  nobiltà  ;  in  menzo  restò  libero  per  il  passaggio  e  raunati 
tutti  si  cantò  un  bel  dialogo  da  peritissimi  musici,  si  passava  fratanto  il  rinfresco  e  finito 
il  dialogo  si  ritirorno  nella  stanza  senatoria  le  dame  dove  v'era  accomodata  una  lautissima 
credenziera  a  due  scalini  attorno  la  detta  stanza  in  faccia  e  tutta  la  metà  di  essa  stanza 
alla  parte  destra  nell'entrare,  solamente  restorno  liberi  i  balconi,  vi  erano  (oltre  1'  adorno 
dell'argento)  numero  160  cannistretti  di  verghe  adorni  di  zagarelle  piccole  pieni  di  cose 
candido,  al  lato  i  suoi  coppi  pieni  di  confetture,  sopra  la  tavola  l'acque  concie  di  diverse 
sorti,  e  tutto  pieno  di  lume;  ivi  entrate  si  divisero  tra  di  loro  ogni  cosa  e  si  rinfrescorno, 
entrò  pure  la  nobiltà  e  fece  l' istesso  e  ciò  fatto  si  trattennero  molti  gluocando  e  se  ne 
andorno  circa  hore  sei. 

L' Illustre  Pretore  ricevette  la  nobiltà  tra  quali  vi  fu  l'illustre  Capitano  ;  le  dame  le 
ricevette  la  signora  Pretoressa. 


(1)  Dal  volume  di  Cerimoniale  del  Senato  dell'anno  171 3,  f.  138. 

(2)  Ibidem,  fog.  140. 

13)  Di  foglia  di  cefaglione. 
(4)  Per  :  candite. 


XXIII. 


Funzione  alla  Cattedrale  per  la  partenza  del  'Re  Vittorio  ^Amedeo  di  Savoja  da  Messina  (i) 
A  27  agosto  ya  Indizione  17 14. 

Funtione  che  fa  l'Illustrissimo  Senato,  Illustre  Capitano  e  Monsignore  Illustrissimo  ar- 
civescovo di  Palermo  nella  Cattedrale  con  cantarsi  il  Te  Deum  laudani us  e  Monsignore 
cantò  pontificale  e  con  l'esposittione  del  Santissimo  all'ultimo,  assistendo  il  Senato  per  la 
novena  alla  partenza  del  Re  Nostro  Signore  Vittorio  Amedeo  (Dio  guardi)  da  Messina;  è 
la  seguente  : 

Ceremonie  precedenti  a  tale  funtione  fatte  dall'Illustrissimo  Senato. 

Un  giorno  innante  s'  avvisò  a  Monsignore  Arcivescovo  ,  da  parte  del  Senato  con  il 
capitano  dell'Illustrissimo  Senato,  che  venivano  due  spettabili  senatori  da  pane  del  Senato 
per  convitarlo,  e  ricevuta  la  risposta  che  era  già  pronto  in  riceverli  si  mandò  il  contesta- 
bile, ch'era  con  detto  capitano  dalli  due  spettabili  senatori,  quali  postisi  in  carrozza,  vestiti 
di  habito  senatorio  senza  toghe  con  due  contestabili  attorno  la  detta  carrozza  con  lo  tiro 
a  due  si  stradorno  per  lo  palazzo  arcivescovile,  ivi  giunti  (il  capitano  del  Senato  quali  si 
era  restato  nel  palazzo  Arcivescovale  avvisò  a  Monsignore  che  venivano  li  signori  giurati) 
al  piede  della  scala  si  trovò  la  famiglia  di  Monsignore  scesero  e  sdirno  sopra  precedendoli 
detta  famiglia;  alla  porta  del  salone  si  tece  all'incontro  Monsignore  Illustrissimo  con  sua 
mozzetta  e  rocchetto,  li  ricevette  e  li  spettabili  senatori  li  bagiorno  le  mani ,  entrorno  le 
camere,  facendo  sempre  precedere  alli  signori  sanatori,  giunti  nella  camera,  ivi  si  trovorno 
due  sedie  e  una  in  faccia  per  Monsignore  Arcivescovo,  dando  il  luogo  a  detti  signori  se- 
natori, sederono,  proposero  l'imbasciata  da  parte  dell'  Illustrissimo  Senato  per  la  funzione 
si  dovea  fare,  compiacendosi  favorire  all'  Illustrissimo  Senato  con  la  sua  persona,  parlan- 
doci d'Illustrissimo,  ed  accettando  l'invito  li  rispose  parlandoci  d'Illustrissimo  col  nomi- 
nare il  Senato  e  pure  in  particolare  con  altre  ceremonie  confacenti  a  sì  buon  prelato  e  ti 
nita  detta  ceremonia  Monsignore  li  lasciò  sino  alla  carrozza  e  licentiandoli  li  benedisse,  e" 
li  signori  giurati  se  ne  andorno  per  fatti  suoi  e  Monsignor  Arcivescovo  si  ritirò  sopra.  Nel 
proponere  l'imbasciata  si  cuoprono  e  quando  si  nominano  l'un  l'altro  si  seuoprono.  Questo 
invito  fu  la  mattina  26  agosto  17 14  e  furono  lo  spettabile  D.  Niccolò  Napoli  ed  il  ba- 
rone della  Torbia.  Finita  dunque  questa  funtione,  andorno  dall'  Illustre  Capitano  il  signor 
marchese  Ragalmici  facendo  ristesse  preventioni.  Ivi  giunti  scesero  da  carrozza,  salirno  la 
scala  ed  il  signor  marchese  Ragalmici  capitano  si  fece  all'incontro  allo  scaechiero  innante 
la  porta  della  scala,  entrorno  nella  camera,  sederono  al  miglior  luogho,  proposero  l'imba- 
sciata parlandosi  in  terza  persona  ambi  due,  accertò  l'invito  e  finita  la  ceremonia  li  lasciò 
sino  alla  carrozza  e  licentiandosi  ogn'  uno  se  ne  andò  per  fitti  suoi.  L'  Illustre  Capitano 
fece  l'invito  alla  nobiltà  per  assistere  nella  Madre  Chiesa  tanto  al  Te  Deum  laudamus  come 
alla  messa  ed  esposittione  del  Santissimo.  L' Illustre  Duca  di  Giampilieri  Protonotaro  fece 
l'invito  alli  Tribunali.  Or  questo  supposto  :  Come  fu  hon  il  Senato  e  1'  officiali  cavalieri 
si  posero  le  toghe  ,  li  signori  mazzieri  vestiti  cremisino  con  loro  toghe  e  li  contestabili 
vestiti  di  rosso,  scesero  e  nel  cortile  li  batterono  bandiera  seguendo  tre  riverenze  0  s'an- 
dorno  a  porsi  in  carrozza,  1'  Illustrissimo  Senato  nella  sua  carrozza  senatoria,  l'officiali  ca- 


(1)  Dal  volume  di  Cerimoniale  del  Senato  dell'anno  1714,  f.  1. 


valieri,  in  un'altra  carrozza  appresso  assieme  con  il  Maestro  Notaro  dell'Illustrissimo  Senato, 
seguì  la  carrozza  di  rispetto,  dopo  veniva  il  carrozzino  dei  signori  mazzeri  ;  li  contestabili 
andorno  attorno  la  carrozza  senatoria,  si  stradorno  per  il  cassaro  dritto,  s'arrivò  alla  Ma- 
dre Chiesa.  Ivi  si  trovò  l'Illustre  Capitano  con  la  nobiltà,  il  sagro  consiglio  e  tutti  i  mi- 
nistri alla  porta  dentro  di  essa  chiesa,  scese  il  Senato  se  li  fecero  all'incontro  l'illustre  Ca- 
pitano, nobiltà  e  ministri  ed  i  reverendi  canonici;  il  banditore  diede  l'acqua  benedetta  al- 
l'Illustre Capitano  ,  (quale  si  pose  alla  destra  dello  Illustre  Pretore)  Illustre  Pretore  ed  Il- 
lustrissimo Senato  con  1'  officiali  cavalieri ,  entrorno  sonnandosi  le  trombette  e  pifari  del 
Senato,  s'adcrorno  al  Santissimo  vicino  la  fonte  del  battesimo,  in  questo  venne  Monsignor 
Arcivescovo  si  fece  all'incontro  1'  Illustrissimo  Senato  e  tutta  la  nobiltà  e  tribunali,  mon- 
signore diede  1'  Asperges,  primo  si  signò  lui  la  fronte,  doppo  asperse  alla  dignità  del  ca- 
pitano, seguì  al  Senato  e  finalmente  a  tutti  li  circostanti;  entrorno  sonandosi  similmente 
le  trombette  e  pifari  del  Senato,  s'adororno  il  Santissimo  Monsignor  Illustrissimo  con  suo 
faldistorno  e  piumazzi  sotto  ed  Illustrissimo  Senato  con  suoi  piumazzi  di  villuto  cremisino 
sotto  e  l'Illustre  Capitano  pure,  Monsignor  Arcivescovo  posto  m  menzo  dell'  Illustre  Ca- 
pitano ed  Illustre  Pretore,  finita  l'adorattione  del  Santissimo  s'adororno  alla  croce  all'  al- 
tare Maggiore  dell'  istesso  modo ,  quale  finita  si  lasciò  a  Monsignore  Arcivescovo  al  piede 
del  solio  bagiandoli  la  mano  l'illustre  capitano  e  illustre  Pretore,  li  benedisse  assieme  col 
Senato  salì  al  solio,  e  il  Senato  si  ritirò  al  suo  stallo,  entrò  primo  l'illustre  capitano  se- 
guì l'illustre  pretore:  l'illustre  prencipe  di  Resuttano,  seguirono  li  senatori,  l'officiali  ca- 
valieri se  ne  andorno  a  sedere  al  suo  luogho  fuori  del  panno  senatorio.  Sederono  tutti 
e  fra  questo  mentre  si  vestì  Monsignor  Arcivescovo  con  sua  cappa  e  vestuto ,  tutti  in 
piedi,  intonò  1'  ninno  Te  Deum  laudumus,  seguì  il  suono  delle  trombette  del  Senato,  il 
suono  delle  campane  t  ella  chiesa  e  quelle  del  campanaro,  il  disparo  dei  soldati  posti  ne^ 
piano  della  Madre  Chiesa  e  quelli  nel  piano  del  Regio  Palaggio,  seguendo  li  mortaretti  del 
Senato  di  bronzo  numero  50  con  il  complimento  di  tutta  l'artegliaria  tanto  del  regio  ca- 
stello come  dei  baluardi  della  città  e  molo  fra  questo  seguì  la  musica  del  detto  hinno; 
quale  finito  Monsignor  Arcivescovo  intonò  l'antifona,  seguì  l'orattioni  quali  finite  diede  le 
tre  benedizioni,  doppo  si  vestì  a  messa  senza  pallione  (perchè  cossi  dispone  il  Pontificale) 
si  principiò  la  messa  ed  il  Senato  hebbe  l'introyto  da  un  canonico  diacono,  quale  rispose 
il  giurato  priore,  perchè  il  Pretore  giammai  risponde  all'introyto;  sepr.ì  la  messa,  il  Senato 
hebbe  l'incenzo  dal  diacono  ugualmente  col  capitano  conforme  alla  pace,  Monsignor  Arci- 
vescovo seguì  la  messa  all'altare  maggiore,  con  la  sfera  del  santissimo  sopra  l'altare,  ed  il 
Senato  stava  in  piede,  finita  la  messa  Monsignor  Arcivescovo  se  ne  ritornò  al  solio,  senza 
far  benedizione  al  Senato,  salì  il  solio  e  genuflesso  sul  solio  finì  il  Vangelo  col  Verbum 
caro  factum  est  etc.  quale  finito  si  spogliò  dalle  vesti  pontificali  di  messa  e  si  pose  la 
cappa,  scese  dal  solio,  senza  benedire  al  Se  nato,direttamente  andò  all'altare  maggiore,  lo 
seguì  il  Senato  con  l'illustre  capitano  e  postisi  a  piedi  della  prima  scalinata  dell'altare  mag- 
giore genuflessi,  si  presero  le  torci  in  mano  accesi  l'illustre  capitano  alla  destra  dell'  illu- 
stre pretore  (e  detto  capitano  ha  la  torcia  uguale  a  quella  dell'Illustrissimo  Senato  di  rotula 
due,  quale  ce  la  dona  il  Senato)  e  l'altri  a  due  appresso,  (il  capitulo  e  clero  e  seminario  pre- 
sero le  loro  candele  in  mano  accesi ,  quali  ce  le  diede  la  maramma)  la  musica  intonò  il 
Pange  lingua  ,  Monsignor  Arcivescovo  incenzò  al  Santissimo,  disse  l'orattione  rispondendo 
i  musici,  s'espose  il  Santissimo  (l'altare  era  alla  romana  a  sei  candilieri,  e  sei  rami  e  il  do- 
cellino  nel  menzo  e  sei  candilieri  sopra  l'altare  e  due  candilieri  piccoli  innante  il  Venera- 
bile Sagramento)  e  Anita  detta  funtione  si  levorno  le  torci  dalle  mani,  si  lasciò  a  Monsi- 
gnor nel  tesauro  sintanto  che  si  spogliasse  da  ponteficale,  ed  il  Senato  si  ritirò  nella  sa- 


grestia;  e  già  spogliato  Monsignore  il  Senato  gli  andò  all'incontro  in  menzo  all'ante  sagrestia 
e  se  lo  posero  in  menzo  l'illustre  capitano  alla  destra  ed  il  illustre  Pretore  alla  sinistra  e 

10  làsciorno  alla  sedia  (quale  si  era  posta  nella  sagrestia)  e  postosi  in  sedia  ,  si  licentiò 
dal  Senato  benedicendolo  e  se  ne  andò  per  fatti  suoi;  il  Senato  uscì  dalla  sagrestia  licen- 
tiandosi  dalli  signori  canonici,  si  pose  in  carrozza,  entrò  primo  il  signor  capitano  :  signor 
marchese  di  Ragalmici,  l'illustre  pretore  :  il  signor  Principe  di  Resuttano,  il  giurato  priore  : 

11  signor  D.  Luiggi  Settimo  e  cosi  seguirono  l'altri  signori  senatori;  il  signor  capitano  se- 
dette in  menzo  dell'illustre  pretore  e  giurato  priore,  segui  la  carrozza  dell'officiali  cavalieri,  la 
carrozza  di  respetto  ed  il  carrozzino  dei  signori  mazzeri,  precedette  la  guardia  dell'illustre 
capitano  dei  suoi  alapa  dieri,  la  carrozza  del  Senato  attorno  della  quale  andorno  li  conte- 
stabili, scese  per  il  cassaro  diritto  sino  al  palaggio  senatorio,  ivi  giunta  scese  l'illustre  pre- 
tore e  signori  giurati  restando  solamente  nella  carrozza  senatoria  l'illustre  capitano  e  li  due 
spettabili  senatori,  li  quali  lo  convitorno  a  nome  del  Senato  (quali  sono  il  giurato  del  quar- 
tiere della  Kalsa  e  quello  del  quartiero  della  Loggia)  e  postoselo  nel  menzo,  licentiandosi  dal 
Senato  lo  làsciorno  alla  sua  casa;  attorno  della  quale  carrozza  senatoria  andorno  quattro  con- 
testabili; innanzi  però  andò  la  guardia  dell'Illustre  capitano,  ed  arrivati  alla  detta  casa  scese 
detto  illustre  capitano,  si  licentiò  da  detti  spettabili  senatori  ed  ogn'uno  se  n'andò  per  fatti 
suoi ,  li  due  senatori ,  con  la  carrozza  del  Senato  ,  se  ne  ritornorno  al  palaggio  senatorio 
ed  ivi  si  levorno  le  toghe  e  se  ne  andorno  per  fatti  suoi.  Il  Senato  licentiatosi  dall'illustre 
capitano  innante  la  porta  del  palaggio  senatorio  se  ne  sali  sopra  con  l'officiali  cavalieri, 
nel  baglio  li  batterono  bandiera  al  solito,  si  levorno  le  toghe  nella  camera  senatoria  e  licen- 
tiatisi  dall'illustre  pretore  ogn'uno  se  ne  andò  per  fatti  suoi. 


XXIV. 

Arrivo  di  littorio  Amedeo  da  Messina  (i) 

A  2  settembre  8a  Indizione  17 14  Domenica  venne  da  Messina  nel  molo  di  questa 
città  il  Re  Nostro  Signore  Vittorio  Amedeo  (Iddio  guardi). 

La  sera  antecedente  primo  settembre  vennero  li  torrari  ad  avvisare  all'Illustre  Pretore 
di  esserci  due  vascelli  a  vista,  suppositione  certa  esservi  il  Re  Nostro  Signoro,  come  in- 
fatti questa  mattina  circa  hore  dieci  erano  alla  vista  della  città  circa  20  miglia  alla  mare 
l'Illustre  Pretore  si  pose  in  una  fecula  e  n'andò  sopra  il  vascello  (come  pure  v'andò  Mon- 
signor Arcivescovo  nostro  di  Palermo  fra  D.  Giuseppe  Gasgh)  ed  avvicinatisi  nella  distanza 
di  otto  o  più  miglia  disparò  il  castello  con  salva  reale  senza  palla,  seguendo  tutti  li  ba- 
luardi della  nostra  città  e  lanterna  del  molo  circa  hore  dodeci  il  Senato  con  toghe,  senza 
officiali  cavalieri,  si  pose  in  carrozza,  scese  per  li  quattro  cantoneri,  da  dove  vi  erano  poste 
a  filo  li  soldati,  e  detti  soldati  fecero  breccia  e  passò  il  Senato  con  la  carrozza  di  respetto 
e  carrozzino  dei  signori  mazzeri  solamente  per  ordine  del  generale  ,  e  si  serrò  la  detta 
breccia  e  non  passorno  più  carrozze,  scesero  dritto  per  il  cassaro,  andorno  alla  Carità  dove 
si  trattenne  sintanto,  che  veniva  l'avviso  dell'illustre  Pretore  se  Sua  Sagra  Real  Maestà 
abbassava  -  Entrò  il  vassello  di  Sua  Maestà  nel  molo  ad  hore  14  con  un  tempo  sereno 


(1)  Dal  volume  di  Cerimoniale  del  Senato  di  Palermo  dell'anno  1714,  t'.  19. 


—  74  — 


e  mare  tranquillo  e  doppo  un  quarto  si  smosse  un  vento  fresco  ed  una  gran  maretta,  che 
se  si  trovava  fuori  del  molo  difficilmente  poteva  entrare;  in  questo  comparvero  altri  quattro 
vascelli  che  erano  di  conserva  quali  entrorno  il  doppo  pranzo.  Li  soldati  si  posero  a  filo 
nel  cassare  da  una  catena  all'altra  con  dare  il  passo  libero  nel  menzo,  dalla  porta  della 
madre  chiesa  per  inzino  alli  centorinara  principio  delli  mezzani.  Il  Senato  mandò  un  con- 
testabile con  una  feluca  a  trovare  all'illustre  Pretore,  quale  era  sopra  la  galera  con  il  signor 
Viceré  con  altri  dodici  cavalieri  convitati  da  Sua  Eccellenza  per  andare  all'incontro  di  Sua 
Maestà  al  vassello,  acciò  li  desse  risposta  se  Sua  Sagra  Real  Maestà  sbarca  o  si  resta  nel 
molo  sopra  il  vascello;  li  diede  risposta  detto  illustre  Pretore  che  non  sbarcava  per  hoggi, 
ma  domattino  ad  bore  12  sbarcava  ed  entrava  in  Palermo,  e  ricevuta  detta  risposta  il  Se- 
nato scese  dalla  Carità  e  si  pose  in  carrozza  (sonandosi  le  trombette  e  pifari  del  Senato) 
se  ne  ritornò  per  il  cassaro  al  palaggio  senatorio,  ivi  giunto  scese,  salirono  sopra  si  levorno 
le  toghe  ed  ogn'uno  se  ne  andò  per  fatti  suoi,  erano  hore  17. 


XXV. 

Sbarco  di  S.  M.  il  Re  Vittorio  ^Amedeo  (1) 

A  3  settembre.  8;|  Indizione  17 14.  Lunedì  mattino  scesero  dal  Regio  Palaggio  i  soldati  e 
si  posero  a  filo  nel  cassaro  da  una  parte  e  l'altra,  restando  libero  nel  menzo  per  il  com- 
modo del  passaggio,  principiorno  dalla  porta  maggiore  della  Madre  Chiesa  ,  e  terminorno 
detti  soldati  per  insino  alla  cantonera  della  v.inella  delli  Mori  (2)  erano  hore  undeci  e  tre 
quarti.  In  questo  il  Senato  sede  piena  e  l'officiali  cavalieri  si  posero  le  toghe,  e  li  mazzeri 
con  loro  toghe  vestiti  di  velluto  cremisino,  scesero  e  il  Senato  si  pose  in  carrozza,  attorno 
della  quale  andorno  li  contestabili  di  esso  con  loro  sopravesti  rosse,  seguì  un'altra  carrozza 
dove  erano  l'officiali  cavalieri,  appresso  della  quale  veniva  la  carrozza  di' respetto  ed  il  car- 
rozzino delli  mazzeri,  s'andò  per  li  quattro  cantoneri  e  li  soldati  fecero  breccia ,  dando 
luogho  al  Senato  e  passato  che  fu  chiusero  detta  breccia  non  facendo  passare  altra  car- 
rozza, scesero  per  il  cassaro,  voltorno  per  il  plano  della  Marina  ed  erano  hore  dodeci  e 
menza  sonate,  ed  in  questo  incominciò  a  disparare  l'artegliaria  che  già  Sua  Sagra  Real 
Maestà  si  era  avvicinata  allo  sbarco  ,  affrettò  il  passo  la  carrozza  senatoria  ed  allora  che 
fu  giunta  vicino  la  chiesa  della  Catena  affaccio  la  posta  della  doghana,  Sua  Sagra  Real 
Maestà  era  già  sbarcata  ed  havea  già  entrato  la  Porta  Felice  (e  ciò  osservato  dall'Illustris- 
simo Senato,  ritornò  la  carrozza  per  il  piano  della  Marina,  non  potendo  far  di  meno  per 
non  arrivare  in  tempo  opportuno,  e  cossi  se  ne  ritornò  per  li  miracoli  (3),  san  Francesco  li 
chiovara,  voltò  per  la  correria  (4)  per  la  misericordia  li  lanitteri  uscì  perii  caldarara  ed  arrivò 
al  palaggio  senatorio,  ove  scesi  salirono,  si  levorno  le  toghe  ed  ogn'uno  alla  sfuggita  se 
ne  andò  alla  Madre  Chiesa).  Salì  Sua  Maestà  per  il  cassaro  dritto  sino  alla  Madre  Chiesa, 
arrivata  che  fu  scese,  si  trovorno  alla  porta  il  capitolo  e  clero  e  l'arcivescovo  con  sua 
croce  innante  li  diede  l'asperges,  entrò,  ivi  si  trovò  la  nobiltà  e  ministri,  li  fecero  ala, 
Sua  Maestà  s'adorò  al  Santissimo  e  doppo  alla  cappella  di  S.  Rosalia  ,  dove  vi  era  il  suo 


(1)  Dal  volume  di  Cerimoniale  del  Senato  di  Palermo  dell'anno  1714  f.  21. 

(2)  Conserva  ancora  il  nome  di  Vicolo  Mori. 

(3)  Forse  era  l'odierna  via  Merlo. 

(4)  L'odierna  via  Cintorinai. 


—  75  — 


faldistero  e  detta  cappella  ben  adorna  di  lumi  con  le  sacre  reliquie  esposte ,  in  questo  si 
vestì  a  messa  monsignor  Arcivescovo  celebrò  messa  letta  e  Sua  Maestà  si  communicò  per 
mano  di  Monsignor  Arcivescovo,  finita  la  messa  Sua  Maestà  volle  vederne  un'altra  per 
rendimento  di  gratie  e  la  celebrò  il  Reverendo  canonico  D.  Francesco  Marchese  e  finita 
se  ne  ritornò  Sua  Maestà  accompagnato  da  Monsignor  Arcivescovo  e  capitolo  e  clero,  no- 
biltà e  ministri  ed  arrivati  alla  porta  Monsignore  si  trattenne  sintanto  che  Sua  Maestà  si 
mettesse  in  carrozza  e  licentiatosi,  Sua  Maestà  se  ne  sali  a  palaggio,  dove  ricevette  tutti  i 
tribunali  e  fatte  le  loro  funtioni  scesero  tutti  e  Sua  Maestà  restò  e  mangiò  in  palaggio. 
Si  nota  che  il  Senato  non  assistè  nè  alla  madre  chiesa  né  a  palazzo.  Fu  ordine  del  Re 
Nostro  Signore  di  hieri  che  ad  bore  12  scendea  in  terra,  andava  alla  madre  chiesa  e  doppo 
a  palazzo  e  riceveva  i  tribunali  la  mattina  ed  il  doppo  pranzo  ricevea  all'Illustrissimo  Se- 
nato e  nobiltà  per  bugiarli  la  mano  e  doppo  se  ne  ritornava  sopra  il  vassello  per  andar- 
sene. Si  nota  che  la  signora  regina  non  scese  ne  lece  fnntione. 

XXVI. 

//  Senato  va  a  baciar  le  mani  al  Re  Vii torio  ^Amedeo  che  poscia  s'imbarca 
per  ritornare  a  Torino  (i) 

A  3  settembre  8a  Indizione  1714.  Lunedi  doppo  pranzo  il  Senato  andò  a  palazzo  con 
to^he  ed  il  vestito  di  bisito  sotto  a  baggiar  la  mano  alla  Sagra  Real  Maestà  di  Vittorio 
Amedeo  Nostro  Monarca  (Dio  per  più  secoli  guardi)  e  li  mazzeri  pure  con  loro  vestiti 
di  bisito  e  con  loro  toghe;  senza  officiali  cavalieri.  Circa  bore  21  il  Senato  si  pose  in 
carrozza  e  la  carrozza  di  respetto  appresso,  dietro  la  quale  veniva  il  carrozzino  con  li  maz- 
zeri dentro,  si  stradò  per  il  cassaro  dritto  sino  a  palazzo,  ivi  arrivato  entrò,  scese  da  car- 
rozza a  piè  della  seconda  scala,  si  sali  sopracon  li  contestabili  innante,  quali  restorno  nel 
salone,  entrò  con  li  mazzeri,  il  senato  entrò  nell'ante  camera  e  li  mazzeri  si  trattennero 
nella  camera  dove  è  il  dosello  appresso  la  saletta:  ivi  vi  era  la  nobiltà  ,  come  fu  hora 
s'aprì  il  portale,  entrò  il  titillo,  l'illustre  Pretore  con  il  senato  primo,  doppo  entrò  imme- 
diatamente la  nobiltà  li  baggiò  la  mano  prin;o  il  titillo  l'illustre  Prencipe  di  Butera ,  ap- 
presso l'illustre  Pretore  con  il  Senato  e  ciò  fatto  l'illustrissimo  Senato  usci  e  se  ne  ritornò; 
seguitò  la  nobiltà  a  baggiarli  la  mano  come  pure  molti  capi  di  religione  e  pure  ministri; 
il  Senato  si  trattenne  innante  la  porta  della  chiesa  di  San  Pietro  (2),  per  essere  imbarazzato 
abbasso  con  le  carrozze  di  Sua  Maestà  ed  aspettò  sintanto  che  Sua  Maestà  abbassasse  ,  e- 
poco  tardando,  abbassò  ed  il  Senato  se  li  fece  all'incontro  al  piede  della  scala  ,  l'accompa 
gnò  sino  all'imbarco  della  carrozza  e  Sua  Maestà  entrato  in  carrozza  con  gran  cortesia  si 
licentiò  dall'Illustrissimo  Senato  e  nobiltà  ivi  presente  e  se  ne  andò  alla  Madre  Chiesa  ad 
adorarsi  al  Santissimo  ed  a  S.  Rosalia  ,  per  doppo  scendere  per  imbarcarsi  innante  porta 
felice ,  dove  ancora  vi  era  accomodato  il  ponte.  Il  Senato  (passate  già  le  carrozze  di  Sua 
Maestà)  si  pose  in  carrozza,  uscì  dal  regio  palazzo  seguendo  la  carrozza  di  respetto  ed  il 
carrozzino  dei  mazzeri,  con  li  contestabili  vestiti  di  rosso  attorno  la  carrozza  senatoria,  si 


(1)  Dal  volume  di  Cerimoniale  del  Senato  di  Palermo  dell'anno  1 7 14  log.  24. 
(2  1  La  Cappella  Palatina. 


stradò  per  la  piazzetta  delli  Todeschi  (i)  dritto  sino  a  ballarò  (2)  voltò  per  la  ruga  delti 
formaggi  (3)  uscì  alli  caldarara  (4)  per  li  lanitteri  la  misericordia  dritto  per  1'  alloro  sino 
alla  Gancia  voltò  per  lo  piano  della  Marina  s'andò  a  Porta  Felice  uscì  fuori  e  si  trattenne 
in  carrozza  vicino  il  ponte  affaccio  porta  felice  sintanto  che  Sua  Maestà  venisse,  ed  essendo 
Sua  Maestà  arrivata  verso  1'  hospidale  di  San  Bartolomeo ,  (5)  scese  il  Senato  da  carrozza 
si  pose  sopra  il  ponte,  e  le  carrozze  del  Senato  s'allontanorno  un  poco  per  dar  luogho  alla 
carrozza  di  Sua  Maestà;  arrivata  dunque  Sua  Maestà  si  fermò  la  carrozza  innante  il  ponte, 
si  fece  all'incontro  l'Illustrissimo  Senato  e  nobiltà  e  ministri,  scese  da  carrozza  sonandosi 
le  trombette  e  pifari  del  Senato  lo  lasciorno  sino  in  feluca  si  licentiò  da  tutti  e  se  ne  andò 
ad  imbarcarsi  nel  vascello  ;  in  questo  sparò  la  sua  artegliaria  il  regio  castello  a  mare  se- 
guendolo tutti  li  baloardì  della  città. 

Il  Senato  si  pose  in  carrozza  (era  circa  l'Ave  Maria  ed  alla  porta  felice  li  paggi  del- 
l' Illustrissimo  Senato  presero  li  torci  accesi  ed  andorno  attorno  la  carrozza  del  Senato)  e' 
se  ne  ritornò  al  palaggio  senatorio  per  il  cassero  dritto  ed  arrivato  scesero  e  salirono  sopra 
e  si  levorno  le  toghe  nella  stanza  senatoria  e  licentiatisi  dall'Illustre  Pretore  ogn'uno  se  ne 
andò  per  fatti  suoi.  Si  nota  che  li  soldati  si  posero  a  filo  dell'  istessa  maniera  di  questa 
mattina  quando  salì  a  palazzo.  Quando  Sua  Maestà  scese  da  palazzo,  (nel  piano  del  R.  Palazzo 
vi  era  tutta  la  cavalleria  squadronata  e  la  fantaria  era  posta  a  filo  da  una  parte  all'  altra 
dalla  maggiore  chiesa  e  pel  cassaro  come  sopra)  andò  alla  Madre  Chiesa,  entrò,  ivi  all'al- 
tare maggiore  vi  era  esposto  il  Santissimo  per  la  novena,  s'adorò  al  Santissimo,  si  trovò 
colà  Monsignor  Arcivescovo  vestito  pontificale,  fatta  l'adorattione,  s'incenzò  il  Santissimo, 
si  cantò  dai  musici  1'  hinno  Pange  lingua  ed  il  resto,  Monsignore  disse  Torattione  e  doppo 
terminò  con  le  tre  benedittioni  del  Santissimofinita  detta  funtione  Sua  Maestà  se  ne  ritornò 
accompagnato  in  processione  con  Monsignor  Arcivescovo  e  capitolo  e  clero  e  si  pose  in 
carrozza  licentiandosi  da  Monsignore  alla  porta  maggiore,  se  ne  ritornò  per  il  cassaro  sino 
che  s' imbarcò,  e  Monsignor  Arcivescovo  ritornò  nel  tesauro  dove  si  spogliò  dalle  vesti  pon- 
tificali e  se  ne  andò  per  fatti  suoi  al  palaggio  arcivescovale ,  accompagnato  da  reverendi 
canonici  sino  alla  porta  maggiore. 


XXVII. 

Partenza  di  S        il  Re  Vittorio  Amedeo  11  di  Savoja  per  Torino  (6) 

A  5  settembre  17 14  mercordi  mattino  partì  Sua  Sacra  Real  Maestà  per  Turino  assieme 
con  la  regina  dentro  un  vassello  non  tanto  grande  con  comboglio  d'altri  undeci  vascelli, 
e  neh'  uscire  fece  dal  porto  fu  salutato  dal  Regio  Castello  con  salva  reale  di  tutta  l'arte- 
gliaria,  seguendo  tutti  li  baluardi  della  città,  garita,  lanterna  del  Molo  e  castello  del  Molo. 
Il  Senato  non  fece  funtione. 


(1)  Porta  ancor  oggi  il  nome  di  Piazza  dei  Tedeschi. 

(2)  Chiamasi  ancora  via  Ballarò. 

(3)  Porta  ancora  il  nome  di  Rua  Formaggi. 

(4)  Chiamasi  tuttora  vìa  Calderai. 

(5)  Dove  oggi  sta  la  Direzione  degli  Archivi  di  Stato  Siciliani. 

(ó)  Dal  volume  di  Cerimoniale  del  Senato  di  Palermo  dell'anno  1714,  log.  34. 


—  77  — 


XXVIII. 

Lettera  di  congratulazione,  per  il  felice  arrivo  in  Torino,  inviata  al  T{i  Vittorio  Amedeo 

dal  Senato  di  'Palermo  (i) 

Sagra  Real  Maestà, 

b  ricolmo  dal  più  vero  contento  il  maggior  desiderio  del  Senato  e  di  questa  Sua  Reg- 
gia dell'  avviso  che  porta  il  felice  arrivo  di  Vostra  Maestà  e  della  Regina  Nostra  Signora 
prima  nel  porto  di  Villafranca,  quindi  nella  vicina  Nizza  ad  abbracciare  i  Principi  Reali  e 
poscia  a  diffondere  con  la  presenza  le  allegrezze  in  Torino.— E  come  il  voto  di  tutti  assi- 
steva qui  con  le  più  interne  preghiere  appresso  gli  altari  per  la  brama  di  tal  prosperità,  cosi 
nel  sentirne  il  rapporto  è  ritornato  il  cuore  col  giubilo  più  divoto  ed  universale  a  ren- 
derne al  Signore  festivamente  le  gratie.  Dalla  benignità  non  meno  che  dalla  cognitione  di 
Vostra  Maestà  spera  1'  ossequioso  affetto  del  Senato  e  di  questo  publico  il  riguardo  de  la 
sperimentata  cordial  accoglienza,  avendo  la  fiducia  di  non  demeritarlo  tanto  in  questa  quanto 
in  tutte  le  operattioni  et  ubidienze  che  penderanno  dal  menomo  dei  cenni  reali;  mentre 
attendono  sempre  da  ogni  Suo  comodo  i  movimenti  della  volontà  con  petpetua  osservanza 
profondamente  inchinati.  Palermo  17  ottobre  17 14. 

A  pie  di  Vostra  Maestà 

Giuseppe  Branciforti  principe  di  Scordia,  'Pretore 
Antonio  Bellacera 
Niccolò  Santostefano 
Francesco  Eredia 
Pietro  Gismondi 
Girolamo  Pilo 
Giovanni  Aoiz 


XXIX. 

Epigramma  e  sonetto  del  sacerdote  Giorgio  Campisi  (2) 

Pro  felicissimo  adventu  Sacrae  ac  Regiae  Maiestatis  Victorii  Amedeo 
Telostichon. 

Epigramma 

"Vincere  regna  satis,  cuius  vic'.oria  mundo 

Indicai  aetherea  quippe  rifulget  ope 
Cùlmen  erit  nobis  escelsi  numinis  illud. 

Talia  tum  nostro  dat  Deus  alta  die 
Omnia  t'eri  pietas:  recipit,  quae  caelitus  ortum 

Robur  in  estremo  sat  libi  Virgo  De  A. 
Impiger  in  terris,  cui  maire  ex  virgine  sanguis 

"Undique  thura  sinens,  tiectitur  omne  genu 
Surgite  vos  Siculi,  gaudebit  concha  Panormi 


Senatori. 


. — Acrosticon  atque 


(1)  Consulte  del  Senato  di  Palermo  dell'anno  1713-17,  fog.  76. 

(2)  Da  un  manoscritto  della  nostra  Comunale,  segnato  Qq.  F  5. 


A.urea  nunc  etas,  corruat  orbe  dolor 
!Moribus  effulgens  acquiret  plurima  regno 

Espeller  pedibus  demonis  ipse  caput 
Durior  huc  momus,  pariter  vertatur  et  illhuc 

Explanas  sceptris  stemmata  magni  tibi 
Omnia  saeva  premes,  solito  Deus  adiuvat  usv. 

Du:;,  Princeps,  Cypri  Res  quoque  Rex  Siculus. 

Humillimus  Sacrae  ac  Regiae  Maiestatis 
Albanensis  Pianae  Sacrae  Teologiae  Doctor  D.  Georgius  Campisi  Parochus. 

AlPistessa  Regia  e  Sagra  Maestà  —  L'epigramma  in  acrostico 

Sonetto 

"Vittorioso  or  mai  un  mondo  esplora 

In  cui  bontà  del  ciel  regna  il  candore 

Tant'altezza  Ira  noi  divin  splendore 

Tal  sole  in  tempo  tal  mondi  ristora. 
Opra  ciò  la  pietà  d'un  Dio  l'aurora, 

Rugiada  immortai,  madre  eminente; 

Il  sangue  Marian,  schiatta  lucente 

Ogn'un  l'incenza  e  genuflesso  adora. 
-A.  te  sorger  Trinacria,  al  soglio  estremo 

Mira,  che  ti  convien  con  l'età  d'oro 

Ergi  le  glorie  al  tron,  svegliasi  il  remo. 
Duolmi  Zoilo  inhuman  del  tuo  martoro, 
Esplana  a  tal  eroe  scettro  supremo, 
Ombra  d'un  Dio  già  qui.  la  su  il  tesoro. 

Il  medemo  suddito  e  -servo  sudetto. 


XXX. 

Elenco  dei  Cavalieri  dell'  Annunciata ,  dei  ministri ,  generali  ed  officiali 
venuti  con  %e  Vittorio  Amedeo  o  da  lui  nominati  (i) 

Lista  de  cavaglieri  del  Ordino  della  SS.  Annunciata 

Gran  Mastro  :  Sua  Maestà. 

S.  A.  R.  il  Prencipe  di  Piemonte. 

S.  A.  S.  il  Prencipe  di  Carignano. 

Il  marchese  di  S.  Giorgio. 

Il  marchese  Pakvicino. 

Il  marchese  della  Pierre . 

Il  marchese  di  Garaglio. 

Il  marchese  di  Condrè. 


(i)  Da  un  manoscritto  esistente  nella  nostra  Comunale,  segnato  Qq.  F.  5. 


-  79  — 


Il  baron  di  Rhebender. 

Il  conte  della  Rocca. 

Il  marchese  di  S.  Tommaso. 

Il  prencipe  di  Butterà. 

Il  marchese  di  Geraci. 

Il  prencipe  della  Cattolica. 

Consiglieri  di  Stato 

Il  marchese  di  Condrè. 
Il  conte  di  Vernone. 
Il  marchese  del  Bourgo. 
Il  conte  di  Govone. 
Il  conte  Provana. 
Il  conte  Tarini 
Il  baron  Mellarede. 

Nota  delli  generali  d'infanteria  che  sono  nella  piazza 
o  che  non  hanno  regimenti 

Generali  a"  artiglieria 

Monsieur  Deshais  governatore  di  Vercelli. 

Il  marchese  di  Caraglio  governatore  di  Torino. 

Il  conte  della  Rocca  governatore  della  cittadella  di  Torino. 

Monsieur  di  Castellamonte. 

Tenenti  generali 

Il  duca  di  Pratoameno. 

Tenenti  di  marescialli 

Il  conte  di  Santenà  governatore  di  Cuneo. 
Il  conte  di  Caselotte  governatore  di  Nizza. 
Il  baron  di  S.  Remi  governatore  di  Alessandria. 

Generali  di  battaglia 

Monsieur  Velatti  governatore  di  Valenza. 

Il  marchese  di  Courtanse  governatore  in  seconda  di  S.  A.  R. 

Il  conte  di  S.  Mazaro  comandante  di  Alessandria. 

Monsieur  della  Nobella  governatore  del  Mondovì. 

Il  baron  Perrone  governatore  d' Ivrea. 

Il  conte  Foschieri  comandante  di  Torino 

li  cavagliere  di  Crevacovre  comandane  di  Pinerolo. 

Nota  de  generali  d'infanteria  c'hanno  regimenti 

Generali  d'  artiglieria 
Il  barone  di  Rhebender  governatore  di  Pinerolo. 


—  80  — 


'Tenenti  di  maresciallo 

Il  baron  di  Schulenbourg  governatore  d'Alba. 

Il  marchese  di  Andourno  colonelo  del  regimemo  di  guardia. 

Generali  di  battaglia 

Monsieur  Deporta. 
Il  marchese  di  Entraque. 
Il  conte  di  Viansino. 
Il  conte  di  Campilione. 

Nota  dei  regimenti  d'  infanteria 

%egimento  di  guardia — 'Battaglioni  2. 
Colonelo  :  il  marchese  di  Andorno. 

Tenente  colonelo  :  Monsieur  Brun  con  grado  di  colonelo. 
Maggiore  :  Monsieur  Duranton  con  grado  di  tenente  colonelo. 

T(egimento  di  Savoia  —  Battaglioni  3. 

Colonelo  :  il  marchese  d'Aix. 

Tenente  colonelo  :  il  barone  di  Favergè. 

Maggiore  :  Monsieur  di  Clermont. 

%egimento  di  'Monferrato  —  'Battaglioni  2. 

Colonelo  :  il  conte  della  Rocca. 

Tenente  colonelo  :  il  conte  di  Bransicarda  con  grado  di  colonelo. 
Tenente  colonelo  :  il  conte  Muocia. 
Maggiore  :  il  conte  Bertone. 

%egimmto  di  Piemonte  —  Battaglioni  2. 

Colonelo  :  il  marchese  d'Entraque. 
Tenente  colonelo:  Monsieur  Basset. 
Maggiore  :  il  cavagliere  Philipi  o  Sillippi? 

%egimento  Salasso  —  Battaglioni  2. 

Colonelo  :  il  conte  di  Campilione. 
Tenente  colonelo  :  Monsieur  Misegla. 
Maggiore  :  il  cavagliere  di  Barolo. 

%egimento  di  fucilieri  —  'Battaglioni  2. 

Colonelo:  il  cavagliere  di  Melasso. 
Tenente  colonelo:  il  conte  diLigneville  (1). 
Maggiore:  il  cavagliere  di  Giusano. 


(1)  Questi  in  un'altra  copia  della  stessa  nota  è  detto:  maggiore  ;  ed  è  chiamato  tenente  colonello  :  il 
Conte  Rangon. 


—  8i  — 


%figimento  della  marina  —  Battaglione  i. 

Colonelo  :  il  conte  di  Viansino. 
Tenente  colonelo  :  il  barone  Barottio. 
Maggiore  :  il  cavagliere  Barata. 

%egimento  di  Schulenbourg  —  Battaglioni  2. 

Colonelo:  il  baron  di  Schulenbourg. 
Tenente  colonelo  :  monsieur  Bercouls. 
Maggiore  :  monsieur  Doncì. 

Hjgimento  Deporta  —  Battaglioni-  2. 

Colonelo  :  Monsieur  Deporta. 

Tenente  colonelo  :  Monsieur  Beaulieu  o  Buoglieuz  (?) 
Maggiore  :  monsieur  Bertet. 

%egiinento  d'Acpret — "'Battaglio)ii  4. 
Colonelo  :  monsieur  d'Acpret. 

Tenente  colonelo  :  monsieur  Belmont  con  grado  di  colonelo. 
Maggiore  :  mónsieur  Ghid  con  grado  di  .tenente  colonelo. 

%egimento  di  Rhtbender —  Battaglioni  2. 

Colonelo  :  il  baron  di  Rhebender. 

Tenente  colonelo  :  monsieur  di  Beccendorf  o  Bechendorfor  ? 
Maggiore  :  monsieur  Rocco. 

Regimenti  Siciliani 

%egimento  Gioeni  —  Battaglione  1. 

Colonelo  :  il  cavagliere  Gioeni. 
Tenente  colonelo  :  monsieur  Resico. 
Maggiore  :  monsieur  Corvino. 

%egimento  Valguarne.ra  —  Battaglione  1. 

Colonelo  :  il  Prencipe  di  Valguarnera. 
Tenente  colonelo  :  il  cavagliere  Fornari. 
Maggiore  :  monsieur  Rambozio. 

Regimanti  nuovi  di  provincia  —  Savoiardi. 

%(>girnento  di  C.hablais —  'Battaglione  /. 

Colonelo monsieur  di  Roche tte. 
Tenente  colonelo  :  monsieur  Dez  Onchè. 
Maggiore  :  monsieur  Dez  Onchè  (?) 

%egimento  di  Tarantai^e  —  Battaglione  1. 

Colonelo:  il  baron  di  Lornè. 

Tenente  colonelo:  il  cavagliere  di  Faver^è. 

Maggiore:  monsieur  Regis. 


—   82  — 


Regimenti  nuovi  di  provincia—  Tiemontesi. 

Regimento  della  provincia  di  Vercelli  —  Battaglione  i. 
Colonelo  :  il  conte  Pastoris. 
Tenente  colonelo:  il  marchese  della  Chiusa. 
Maggiore  :  monsieur  Deshais. 

Regimento  della  provincia  di  Torino  —  Battaglione  i. 

Colonelo  :  il  marchese  di  Senantes. 
Tenente  colonelo  :  il  marchese  Balbiani. 
Maggiore  :  monsieur  Borgarello. 

Regimento  della  provincia  di  Fossano  —  Battaglione  i. 

Colonelo  :  il  conte  Viterbo 
Tenente  colonello  :  monsieur  Gioia. 
Maggiore  :  monsieur  Teshauro. 

Reggimento  della  provincia  di  ^Asti  —  Battaglione  i. 

Colonelo  :  il  cavagliere  di  Santa  Giulia. 

Tenente  colonello  :  

Maggiore  :  

Reggimento  di  ^Monferrato  —  Battaglione  i. 

Colonelo  :  il  cavagliere  di  Rhingo. 
Tenente  colonelo  :  il  conte  Mora. 
Maggiore  :  

Regimento  d'Ivrea  —  Battaglione  i. 

Colonello  :  monsieur  Boursier. 
Tenente  Colonelo  :  monsieur  Riccardi. 
Maggiore  :  

Regimento  di  Tinerolo  —  Battaglione  i. 

Colonelo  :  il  conte  di  Cumiana. 
Tenente  colonello  :  monsieur  Chabrari. 
Maggiore  :  Monsieur  Piazza. 

Regimento  di  Ni^a  —  Battaglione  i. 

Colonelo  :  il  conte  d'Aspremont. 
Tenente  colonello  :  il  cavagliere  Tondù. 
Maggiore  :  monsieur  Ghiot. 

Guardie  della  Torta 

Capitano  :  *  . 

Tenenti  :  Commendatore  Osaschi 
«       Cavagliere  Nicolis. 

Guardia  Svinerà 

Capitano  :  monsieur  Schemit. 

Tenente  :  

Insegna  :  il  baron  Itoè. 


-  83  - 


'Battaglioni  d'invalidi  —  2. 

Colonelo  :  nionsieur  Bauduc. 

Tenente  colonelo  :  

Maggiore  :  

^Artiglieria  • 

Gran  Mastro  :  il  conte  Matfei  con  grado  di  tenente  di  maresciallo. 
Tenente  Generale  :  il  conte  della  Margarita. 

Cannonieri,  bombista  e  minatori  —  battaglioni  2. 

Colonelo  :  il  cavagliere  di  Castel  Alfiere. 
Tenenti  coloneli  :  Monsieur  Empser  e  monsieur  Nicola. 
Maggiore  :  

Stato  della  3\Carina 

Galere  5. 

Comandante  delle  galere  con  grado  di  general  di  battaglia  :  il  commendatore  Scarampì. 
Commandante  in  seconda  e  governatore  della  milizia  :  il  marchese  della  Gibellina. 
Capitani  con  grado  di  tenente  colonelo:  il  cavigliere  di  Cortemiglia;  il  cavagliere  Tigrini 
il  cavagliere  

Generali  di  cavalleria  che  sono  fuori  delle  truppe  o  nei  governi. 

Generali  di  Cavalleria  : 

Il  conte  di  Prelà. 

Il  marchese  di  Coudrè  aiutante  di  S.  A.  R. 

Tenenti  di  maresciallo  —  Generali  di  battaglia 

Il  marchese  di  Sarezzo  governator  di  Saluzzo 

Il  conte  di  Sales  governatore  della  valle  d'Agosta. 

Generali  di  cavalleria  che  sono  nelle  truppe 

11  conte  di  Nori  capitano  delle  guardie  del  corpo. 

Tenenti  di  Maresciallo:  il  marchese  di  Tournon  capitano  delle  guardie  del  corpo. 
»  il  marchese  di  Cavaglià  colonelo  di  cavalleria. 

»  il  prencipe  di  Villafranca  capitano  delle  guardie  del  corpo. 

Generali  di  ^Battaglia 

Il  conte  di  Piosasco  tenente  delle  guardie  del  corpo. 
Il  conte  di  S.  Albano  cometa  delle  guardie  del  corpo. 

Guardie  del  Corpo  di  Sua  Maestà 

Prima  compagnia  :  Arcieri  gentilhuomini  savoiardi. 

Capitano  :  il  marchese  di  Tournone. 
Tenente  :  il  marchese  di  Sanseverin. 
Cometa  :  il  marchese  d'Alingè. 


-  84  - 


Seconda  compagnia  :  Piemontese . 

Capitano  :  il  conte  di  Norì. 

Tenente  :  il  conte  di  Piosasco. 

Cometa  :  il  conte  di  S.  Albano. 
Ter^a  compagnia  :  Siciliana. 

Capitano  :  il  prencipe  di  Villafranca. 

Tenente  :  il  cavagliere  Requesens. 

Cometa  :  il  cavagliere  di  Valguarnera. 

Dragoni  e  Cavalleria 

Dragoni:   il  repimento  del  Re 

Colonelo  :  il  conte  Piccone 
Colonelo  in  seconda  :  monsieur  della  Perousa 
Tenente  colonelo  :  il  cavagliere  Regiamo  o  Begiamo? 
Maggiore  :  il  marchese  di  Cavatore. 

'Dragoni  :  Genevois 

Colonelo  :  il  conte  Salusso 

Tenente  colonelo  :  monsieur  di  Grimotiera. 

Maggiore  :  il  cavaliere  Philipi 

'Dragoni  di  Piemonte 

Colonelo:  monsieur  di  Berin. 

Tenente  colonelo  :  monsieur  Decousani. 

Maggiore  :  il  cavagliere  di  Lagnascó. 

Cavalleria 

Cavalleria  :  Piemonte  Reale 

Colonelo  :  il  marchese  di  Cavaglià. 
Tenente  colonelo  :  il  cavagliere  di  Luzerna. 
Maggiore  :  il  conte  d'Apremont. 

Regimeto  :  Savoia 

Colonelo  :  il  marchese  Birago 
Tenente  colonelo  :  il  conte  di  Virlè. 
Maggiore  :  il  cavagliere  di  Castelinardo. 


-  8>  - 


XXXL 

Dettaglio  in  ristretto  delle  signore  Dame,  Cavalieri,  officiali  della  Casa  e  servienti  del  seguito 
di  Luoro  tKaestà  in  Sicilia  l'anno  ijij  (i) 


Dame  e  figl 
d' honore 

numero 


numero  2 
Cavaglieri 

numero 


Trima  dama  d'honoré  della  Regina 


Eccma  Signora  Principessa  della  Cisterna 

Dama  d'  atour 
Signora  marchesa  di  Chiatiglione 

Dame  d'  honore 
Madama  della  Rocca 
Madama  di  S.  Tommaso 
Madama  di  Guarene 
Signora  contessa  Provana 
Signora  marchesa  d'Andorno 

Figlie  d'  honore 
Madamigella  di  Brezes 
Madamigella  delle  Lanze 
Madamigella  di  Costigliole 
Madamigella  Brezuolo 
Madamigella  di  Citiè 
Madamigella  di  Rebender 
Governanta  d'esse,  sig.ra  contessa  Vassallo 

Famme  di  Camera 
xMadama  Cav.illerio  prima 
Madama  Lanfranchi 
Madama  Ortolani 
Madama  Cervellera 
Madamigella  Lanfranchi 
Madamigella  Cervellera 
Lingere    Blanchiseuse  e  Serve 

Cavalieri  di  Corte 
Gran  Mastro  della  Casa 
Ecc.mo  signor  marchese  di  S.  Giorgio 

Gran  Scudiere 
Ecc.mo  signor  marchese  Pallavicino 
Gran  Ciambellano 
Ecc.mo  signor  marchese  della  Pierre 
Gran  Mastro  di  Guardarobba 
Signor  marchese  di  Lucey 


numero  6 

»  6 


4 
4 
4 
4 
4 

1 
1 
1 
1 
1 
1 
1 

1 
r 
1 
1 
1 
1 

16 


numero  61 

Domestici 
e  servienti 

numero  6 

»  10 
4 

.  »  3 


(1)  Publichianio  questo  elenco  perchè  un  po'  più  particolareggiato  di  quello  pubblicato  dallo  Slellardi. 
L'abbiamo  trascritto  dal  manoscritto  segnato  :  Qq.  F.  1.  esistente  nella  nostra  Comunale. 


Cavagliere  d'bonore 
Signor  conte  Govone 

Ministro  e  primo  Secretano  di  Stato 
Ecc. irto  signor  marchese  di  S.  Tomaso 

Capitano  della  guardia  del  corpo 
Signor  marchese  di  Tournon 

Luogotenente  delle  Guardie  del  Corpo 
Signor  marchese  S.  Severin 

Cornetta  guardie  del  corpo 
Signor  conte  di  S.  Alban 

Capitano  guardia  svinerà 
Monsieur  Smith 

Capitano  guardie  della  Porta 
Signor  marchese  Dussol 
Marescialli  di  Logis  delle  guardie  del  corpo 
Monsieur  Dumas 
Signor  cavagliero  d'Agliè 
Signor  cavagliero  Constantin 

Scudieri  di  Loro  C\Caesta 
Signor  conte  Maffei  primo  del  Re 
Signor  conte  di  Cartos  primo  del  Re 
Signor  conte  di  Cigliano  primo  della  Regina 
Signor  cavagliere  Guerra  primo  della  Regina 
Signor  marchese  della  Chiusa 
Signor  marchese  d'Alby  o  S.  Albino  (?) 
Signor  marchese  Dogliani 
Signor  conte  di  Chialant 
Signor  conte  della  Manta 

Gentili) uomini  di  Camera 
Signor  Marchese  Mossi 
Signor  conte  Poccapaglia 
Signor  marchese  di  Rivaloro 
Signor  marchese  di  Melazzo 
Signor  marchese  di  Roddi 
Signor  marchese  Ghillino 


Abbati  Elemosinieri 
Signor  abbate  di  Gattinara 
Signor  abbate  di  S.  Giorgio 

Gran  Ceremoniere 
Signor  marchese  d'Angrogna 


•  (0 


io 

3 
3 


2 
2 
2 

4 
4 
4 
4 
3 
) 
3 
3 
3 

4 
3 

6 

*> 

3 

3 
3 


(i)  Nel  manoscritto  mancano  i  nomi  di  questi  altri  due.  Nello  Stellardi  invece  di  otto  se  ne  trovan 
notati  nove;  cioè  oltre  di  questi  i  seguenti  :  il  marchese  Suluzzo  della  Manta,  il  conte  Canalis  di  Cumiana 
ed  il  conte  Provana  di  Collegno. 


-  87  - 


Cavaglieri 
e  officiali 


Auditor  di  Corte 
Signor  marchese  e  presidente  Granery 
Signor  conte  di  Gros  aiutante 

Maggiordomi 
Signor  cavagliero  della  Rocca 
Signor  cavagliero  Giobbi 

Gentilhuomini  di  bocca 
Signor  cavagliero  d'Agliè 
Signor  conte  Nomis 
Signor  cavagliero  Giovanini 
Signor  cavagliero  di  Rivara 
Signor  conte  Balangero 
Signor  cavagliero  Benzo 

DiCarescial  di  Logis  Casa 
Monsieur  Ranot 

General  delia  Casa 
Signor  Mastr' Auditor  Grondana 
Monsieur  di  S.  Quintin 

Cavaglieri  servienti 
il  Serenissimo  Prencipe  Tomaso 
Signor  conte  di  Coniandone  governatore 
Scudieri 

Li  signori  conte  Cacherano  e  signor  conte 
S.  Giorgio  di  Foys 

Seguono  altri  cavaglieri  et  officiali  di  guerra, 
che  restano  compresi  per  gli  alloggiamenti 
nel  stato  della  Casa  di  Sua  Maestà. 

Ecc.ir.o  signor  conte  della  Rocca  generale 
d'artiglieria  e  luogotenente  generale  delle 
annate  di  Sua  Maestà. 

Signor  marchese  d'Andorno  generale  di  bat- 
taglia e  colonello  del  reggimento  di 
Guardia. 

Signor  cavagliero  Castel  Alfieri  logotenente 

generale  d'  artiglieria 
Monsieur  di  Beauteser  aiutante  generale 
Signor  contador  generale  Fontana  e  secre- 
tano. 

Signor  commendator  Lanfranchi  secretano 
di  guerra  e  secretarii 

Signor  Avvocato  Mayno  per  riferire  li  me- 
moriali e  secretarii 

lngegnieri 

Monsieur  de  Novelles 

Monsieur  Besson 

Monsieur  Bertola 


5 

2 

2 
2 

2 
2 
2 
2 
2 
2 


»  IO 


3 
6 

»  6 

»  2 


»  I 
»  I 
;)  I 


—  88  — 


Tesoriere  di  Militia 



» 

r 

Monsieur  Gautier 

»  2 

Logotenente  della  Guardia  della  Torta 

» 

i 

Signor  Cavagliero  Ozasco 

»  2 

Altro  Logotenente  come  sopra 

» 

1 

Signor  cavagliero  Nicolis 

»  2 

jl rlòcg  rLCl    CICLICI                 UHI    OUl^j^Cf  Ci 

» 

Monsieur  Stocher 

»  I 

Sorgente  di  detta  Guardia 

» 

» 

Mayer 

3 

Forieri  due  e  cappellani  numero  uno 

numero 

68 

numero  203 

Officiali 

Officiali  della  Casa  di  Sua  Maestà 

Domestici 

e  servienti 

numero 

3 

Segretario  Casa  e  due  aiutanti 

numero  1 

i 

Contadori  di  Cucina 

»  1 

6 

Credenzieri 



» 

5 

Somiglieri  di  bocca 

» 

8 

Confetturieri  e  fruttieri 

3 

Pasticcieri 

9 

Per  la  vastella 

» 

4° 

» 

8 

Mastri  di  stato,  aiutanti  e  garzoni 

» 

3 

Uscieri  di  stato,  di  cucina  e  mastro  di  sala 

» 

5 

Pan  a  tari 

» 

IO 

Providenti  e  servienti 

numero 

103 

numero  2 

Officiali 

Officiali  della  Camera 

Domestici 

e  servienti 

numero 

4 

Confessori  del  Re  e  della  Regina  e  due  ser- 



vienti 

» 

2 

Cappellani 



» 

2 

Chierici 

2 

Medici  delle  Persone 

»  2 

» 

2 

Cirugici  della  Persona  e  Casa 

»  r 

» 

8 

Aiutanti  di  camera  di  Luoro  Maestà 

»  2 

» 

1 

Foriere  di  Corte 

2 

Speciari  medicinali 

12 

Uscieri  e  garzoni  di  Camera 

2 

Perucchiere  e  Bagneur 

» 

4 

Musici  suonatori 

>> 

7 

Tra  sarti  e  tapezzieri 

Porteri  della  Camera 

7 

numero 

48 

numero    14  •; 

-  89  - 


Officiali 


numero 

» 
» 
» 
» 

» 
» 
» 


numero 


18 

i 

i 

.  i 

2 

t 

I 

■> 
2 


36 


Officiali  della  Scuderia 

Paggi  di  Luoro  Maestà 

Governatore  di  essi  Vassalo  monsieur  Chovet 

Scudiere  di  Scuderia 

Cavallerizo 

Mastri  di  stalla 

Trombetti  della  Persona 

Timballiere 

Marescalchi 

Sei  la  ri 

Carrozzieri 

Postiglioni  di  carrozza 
Garzoni  di  carrozza 
Palafrenieri 

Valletti  a  piè  di  Luoro  Maestà  compreso  il 
caporale 

Seguito  del  Prencipe  Tomaso  di  Siivoya 
Paggi 

Aiutante  di  camera 
Secretaro 
Valletti  a  piè 
Portoti 

Guardie  del  Corpo  .  .  . 
Guardia  Svizzera  .... 
Guardia  della  Porta   .    .  . 


numero 
» 

» 


80 
56 


numero  192 
Ristretto  di  tutte  le  sudette  persoiif 


Domestici 
e  servienti 

numero  6 


10 
10 
16 
22 
3i 


numero  105 


Signore  dame,  figlie  d'honore,  famme  di  ca- 
mera, Ungere,  creade  e  Blanchiseuse 
Cavaglieri  e  officiali 
Officiali  Casa 
Officiali  Camera 
Officiali  e  Servidori  Scuderie 


Dame,  cavaglieri 

Creade,  dom. 

e  officiali 

e  servienti 

numero  20 

numero  61 

»  68 

»  203 

»     103  ì 

»  14 

48  j 

»  36 

»  105 

Totale 


Soldati  guardia  del  corpo,  della  guardia  svizzeia  e 
della  porta  ....... 

Totale  delle  persone 


275 
383 


658 
192 


850 


383 


XXXII. 

Spese  fatte  per  la  sella  di  Sua  Maestà  (che  Dio  guardi)  (i) 

A  Salvatore  Adamo,  argenterò,  per  prezzo  di  chiodi  e  buccoli  d'argento 
di  peso  libre  4,  carati  3      a  tari  18  l'oncia  inclusa  la  mastria  .       .       .  onze  29,9,  18 

Per  tutto  l'argento  del  guarnimento  oltre  li  chiodi  e  buccoli  di  sopra  di 
peso  libre  10,11,7  at^  onze  4>6  libra  .........    46,4,  2 

Per  oro  e  mastria       .       .       .       .       .       .       .       .       .  »    68,22  — 

Onze  7,11,10  spese  a  minuto  in  diverse  occurenze,  cioè:  in  prezzo  di 
tela,  terzanello,  spago  chiodi,  lume  ed  altro  »  7,11,10 

Et  onze  4  prezzo  d'una  tovaglia  di  seta  indiana  per  coverta  della  sella     .      »  4  

Et  onze  4,22,16  spesi  in  prezzo  di  tanta  seta  color  d'oro  e  bianca  per 
il  ricamo  »  4,22,16 

Et  onze  9,13,10  spesi  per  la  guida  delle  retine  ,  cioè:    onze  6,19,20 
prezzo  d'once  9  d'oro  a  tari  12  l'oncia;  onze  1,18  prezzo  d' once  4  d'ar- 
gento a  tari  12  l'oncia;  tari  24  per  maestria  di  detta  retina  e  tari  1 1  per  ■ 
maestria  della  guida  del  cavalle  »  9,13,10 

Et  onze  19,12,5  pagati  al  mastro  che  fece  li  giummi  d'oro,  di  peso 
libre  2,10,1,2  a  tari  17  l'oncia   »     I9>12>  5 

Et  onze  30  pagati  ad   Onofrio   Gramignano  per  sue  fatighe   d'  aver 
designato  la  sella  ed  assistito  con  le  mastre  riccamatora  .       .       .       .      »     30  — 

Et  onze  2,29,8  spesi  cioè:  tari  28  per  oncie  due  di  frinza  d'oro  ed 
argento  a  tari  14  l'oncia;  tari  23,3  per  oncia  1,3,  7l0  d'argento  per  detta 
frinza  a  tari  12  l'oncia     ...........       2,  29,8 

Et  onze  1,1,10  per  onze  1.3  di  gallone  d'oro  a  tari  18  l'oncia        .      »       ì,  1,10 

Et  onze  0,6,15  Per  mastria  della  frinza     .       .       .       .       •       I      »      o,  6,15 

Et  onze  4,17,6  spesi,  cioè:  onze  2,7,11  prezzo  d'once  3  1  ;Ifi  ,  1j,  gal- 
one  stretto  per  la  cinga,  tari  22,10  prezzo  d'oncia  1,1  gallone  d'oro  per  li 
coccani  et  onze  1,17,5  prezzo  d'once  2,  2     gallone  d'argento  per  li  chiodi     »  4>l7> 

Et  onze  4  pagati  al  maestro  sellaro  per  caparra  della  sella       .       .      »  4,  

Et  onze  9,18  pagati  al  maestro  sellaro  per  complimento  delle  onze  tre- 
deci  e  tari  diecidotto  e  sono  per  le  cause  infrascritte:      .       .       .       .      »  — 

Per  montone  rosso  per  foderare  le  faude  .       .       .    onze  o,  4  — 

Per  cartone  fino  per  foderare  dette  faude  .       .       .       »    o,  2  — 

Per  tela  per  foderare  i'assettito  e  fare  il  contro  assettito 
e  barrone  ;VV  ;  .       .      fjs     .       .       .       .      »    o,  3  — 

Seta  per  cusire  tutta  la  sella      .       .       .       .       .      »    o,  2  — 

Per  il  ferramento  limato  alla  torenesa       .       .       .      »    o,  8  — 

Per  un  pannello  di  montone  rosso  alla   torenesa  e  tela 
piena  di  grigno .       .       .       .       .       .       .       .       .      »    0,12  — 

Per  rotolo  1  di  lana  barbaresca  per  I'assettito    .       .      »    o,  3  — 

Per  chiodi  di  ferro,  tacci,  cingonello  per  sotto  I'assettito, 
di  cojra,  candele  di  cera  e  colla       .       .       .       .       .      »    o,  4  — 

Per  quattro  capi  di  sola  bianca  .       .       .       .       .      »    o,  2  — 


(1)  Estratto  dal  volume  di  Cautele  di  Contabilità  del  Senato  di  Palermo  anno  1713-14.  Ind  :  V  f.  246. 


—  9i  — 


i,  6 

o,  20 
o,  12 

6,- 


Per  un  paro  di  coccani  alla  torenesa  di  concia  di  vetro 
.e  sola  ,  ,IB||i'f  . 

Per  un  suolo  alla  torenesa  nerviato  et  intelato 

Per  cojr;;me  per  il  guarnimento  della  sella 

Per  mastria  della  sella  e  tagliatura  delli  guarnimenti,  coc- 
cani e  fare  il  guarnimento  ....... 

Onze  9,  18 

Et  onze  40,28  pagate  alle  mastre  riccamatora  per  loro  giornata  a  ra- 
gione di  tari  2,6,2,5  e  tari  1,10  giorno  ....... 

F.t  onze  r  1 ,6  prezzo  di  libri  2  spoglia  d'argento,  a  tari  14  l'oncia  . 
Et  onze  2,13  prezzo  d'once  4,0,1  lama  d'oro  a  tari  18  oncia  . 
Et  onze  26,10  prezzo  di  libre  3,8  d'oro  sopra  posto,  a  tari  18  oncia 
Et  onze  6,7,15  prezzo  d'oncie  10  */16  cartolina  d'oro  a  tari  18  oncia 
Et  onze  6,22  prezzo  d'oncie  11,  2  l(.  cannitiglio  d'oro,  a  tari  18  oncia 
Et  onze  12  pagati  allo  mastro  scopittiero  per  li  dui  pistoli 
Et  onze  5,26  prezzo  di  canne  4  damasco  incarnato  per  fodera  della 
guardrappina,  facciuzzi,  pistoli  e  guarnimenti  a  tari  44  canna  . 

Et  onze  2,20  pagati  per  filatura  di  libre  5,8  d'  oro  e  libra  1  di  vir- 
golina  a  tari  12  libra  .......... 

Per  un  grilletto  per  la  briglia  e  doratura  di  esso      .       .       .  . 


onze 


» 

Onze 


40,28  — 

1 1,  6  — 
2,13  — 

26,10  — 

6,  7,  15 
6,22  — 

12,  

5,26  — 

2,20  — 
0,10,  — 

356,11,12 


XXXIII. 

Spese  per  la  cucina  della  Real  Casa  (1) 
Cucina 


Saime  cantara  3  e  più,  per  altra  lista  cantara  1,26  a  ragione  di  onze  6,15 

cantaro   onze  27,20,14 

Lardo  cantara  2  a  ragione  di  onze  4,8  cantaro   .       .       .       .  »        8,16  — 

Salsiccioni  rotola  30  a  tari  3  rotolo    .       .       .       .       .       .  »  3  

Prisutti  (2)  cantaro  1  e  più  per  altra  Lista  numero  8,  rotoli  39  a  ragione 
di  onze  6  cantaro       ..........  »  8,10,4 

Farina  di  maiorca  salme  2  a  uscito  di  fiore,  cantaro  2,3  a  ragione  di 
grana  14  rotolo.        ..........  « 


Legni  cantara  60  a  ragione  di  tari  2,10  cantaro 
Carbone  salme  100  a  tari  7  10  salma. 
Passoli  barile  numero  1  peso  rotoli  52  netto 
Passolina  rotoli  12 


5>n  — 

25  

0,22,10 
0,6  — 


(1)  Cautele  di  Contabilità  citate  log.  201.  — Cluesta  lista  di  spese  abbiamo  voluto  pubblicare  solamente 
a  titolo  di  curiosità.  —  Abbiamo  tralasciato  le  altre  riguardanti  la  credenza,  il  bestiame,  i  letti  e  tutte  le 
spese  diverse. 

(2)  Presciutti. 


—  92  — 


Cassette  di  pasta  di  Sciacca,  rotoli  89,9  a  ragione  di  tari  1 

rotolo  . 

» 

Miele  di  Marsala,  quartara  numero  4,  peso  di  netto  rotoli  8 

3  ad 

onze 

3,15  cantaro  

» 

3,  2,  8 

Vino  cotto  quartara  nuni  :  2,  quartucci  45  a  tari  2  quartuccio  . 

~*  _ .  —— 

Cottone  rotolo  1,  sorfarelli  rotolo  1  . 

» 

0,  7,  4 

Ciciri,  favi,  linticchi,  fasoli  (1)  piselli,  noci  e  nocelle  cantara 

2  . 

» 

2,10,1 5 

Arenghi  (2)  rotola  10  a  tari  1,6  rotolo  .... 

» 

0,13,  

Anciovi  (3)  barilotto  numero  1  . 

» 

^  7 

Surra  (4)  mezzo  barile 

» 

Baccalari  rotoli  40  ad  onze  5,20  cantara  .... 

» 

2,  8  — 

Ova  di  numero  2  cunti  ....... 

» 

0.2/1  — 

Piacintino  (5)  rota  numero  1  ,  peso   rotoli   39,  3  a  ragione 

di 

onze 

12,15  cantara  .......... 

» 

•45'"/»  J 

Olandese  rotoli  36  a  ragione  di  tari  2,1  s  rotolo 

Cascavallo  (6)  cantara  2,4  a  ragione  di  onze  3,15  cantara  . 

» 

7,  4,  A. 

Tumazzi  (7)  cantara  2  a  ragione  di  onze  3,10  cantaro 

» 

6,20  — - 

Provoli  (8)  rotoli  30  a  tari  1,2  rotolo  .... 

». 

I.  3  — 

Salsiccia  pasqualora  stufata  rotoli  50  a  tari  1,6  . 

» 

2,  5  — 

Butiro  (9)  rotoli  50  a  ragione  di  tari  2,2  rotolo 

» 

3,15  — 

Manteca  barile  numero  1  e  più  per  altra  lista  rotoli  50 

» 

7,IS  — 

Olive  bianche  giarre  numero  2  rotoli  40  a  grana  10  rotolo 

» 

0,20  — 

Chiappara  (10)  minuta  giarra  num.  1,  rotoli  20  a  grana  12 

rotolo  . 

» 

0,12  — 

Frutti  salati  giarra  numero  1  ..... 

» 

0,20  — 

Oglio  buono  cantara  2  ...... 

9.  

Giarre  per  detto  numero  2  ...... 

» 

.  0,24  — 

Ova  di  tunno  rotoli  20  a  tari  4  rotolo  .... 

» 

2,20  — 

Riso  sacco  numero  1,  peso  cantara  1  e  25  a  grana  12  rotolo  . 

2  15  — 

Per  numero  20  rotoli  di  Muxiuma  a  tari  2  rotolo 

» 

1,10  — 

Caparra  di  caccia  a  Simone  la  Paglia  cacciatore  . 

» 

0,24  — 

Mungiovì  (11)  per  profumare  la  stanza  onze  3  . 

0,  4  10 

Onze 

157,  9,  7 

(1)  Ceci,  fave,  lenti,  faggiuole. 

(2)  Aringhe. 
(3j  Alice. 

(4)  Sorra. 

(5)  Cacio  piacentino. 

(6)  Caciocavallo. 

(7)  Formaggi. 
(8  Mozze. 

(9)  Burro. 

(10)  Capperi . 

(11)  lìelgiuino,  belzuino  o  bengiui.